18 novembre, 2006

I misteriosi Moai

L’Isola di Pasqua o Rapa Nui, ossia ombelico del mondo, situata nel Pacifico meridionale, fu scoperta dagli Olandesi nel 1722. Gli esploratori europei incontrarono individui dalle tipiche fattezze polinesiane, ma anche qualche persona dalla carnagione chiara e dai capelli rossi. Rapa Nui, che dal 1888 appartiene al Cile, è celebre per le gigantesche statue monolitiche sparse sul territorio e ricavate dal tufo. Alcuni di questi simulacri di pietra, dall’aspetto ieratico e misterioso, mostrano ancora sulla testa un cilindro di tufo rossastro: tale cilindro pesa parecchie tonnellate.

Di fronte a queste colossali creazioni, gli archeologi ortodossi, per spiegare come gli isolani riuscirono a trasportarle dalle cave nei luoghi in cui venivano erette, sono ricorsi alla solita ipotesi dei rulli e delle slitte, ipotesi che, però, non chiarisce come gli abitanti riuscirono a collocare sulla testa dei Moai quei ponderosi “copricapo”.

Si tratta veramente di copricapo, come affermano frettolosamente quasi tutti gli studiosi? Penso proprio di no: i cilindri rappresentano una capigliatura rossa. Il pensiero corre alla razza rossa citata, ad esempio, da Emile Schuré, nel testo I grandi iniziati, ed evocata in molte antiche tradizioni. È noto che il nome Fenici significa “i Rossi”: se poi i manuali scolastici riferiscono tale etnonimo alla porpora con cui l’antico popolo di Canaan tingeva i tessuti, non significa che ciò sia vero. Anche Rasenna, il nome con cui gli Etruschi definivano sé stessi significa “Rossi”. Il Mar Rosso è così chiamato, perché lambisce una regione abitata anticamente da genti dai capelli biondo rossiccio. Bisogna poi menzionare almeno la leggenda irlandese dei Tuatha de Danann, potenti dèi dai capelli biondi o rossi e con gli occhi azzurri, esperti in ogni genere di mestieri e detentori di conoscenze astronomiche e mediche. Essi, che provenivano dalle isole del nord del mondo, s’incrociarono con le popolazioni autoctone, dedite all’agricoltura ed alla pastorizia. Tra le dee dei Tuatha de Danann si annovera Eri dalla chioma d’oro.

Dovette esistere migliaia di anni fa una razza rossa, diffusa un po’ in tutto il pianeta: forse era un popolo di dominatori, i cui capi furono venerati da altre genti come dèi. Le enormi statue dell’Isola di Pasqua sono la raffigurazione di numi appartenenti ad una stirpe di giganti? Secondo Alan Alford, le statue furono scolpite con le severe fisionomie dei custodi per opera di schiavi, nel tentativo di attirare l’attenzione e la clemenza dei guardiani che avevano confinato per punizione i lavoratori in un’isola sperduta nell’oceano. I Moai sarebbero una richiesta di perdono scolpita nella pietra.

Alford nota che la fisionomia dei Moai assomiglia a quella di sculture rinvenute ad Aija, in Perù, che, a loro volta, sono affini alla raffigurazione di un sovrano indoeuropeo trovata nella valle dell’Indo, dove fiorì la cultura di Mohenjo Daro e di Harappa, intorno al 2500 a.C. Questa civiltà, che risentì di influssi sumeri, usava una scrittura pressoché identica alla grafia denominata rongo-rongo di Rapa Nui.

La scrittura di Harappa e gli ideogrammi(?) rongo-rongo sono un rompicapo per gli archeologi: Bartel si dedicò al tentativo di penetrare il senso delle tavole pasquane, ma senza ottenere risultati sicuri e definitivi. Fischer, che qualche anno fa dichiarò di aver decifrato il disco di Festo, ha annunciato di essere riuscito a decodificare i segni delle tavolette di legno, ma tale scoperta non è stata divulgata, per quanto mi consta.

Circa l’innegabile analogia tra la scrittura indiana e la grafia rongo-rongo, così si esprime Friedrich nel saggio Le scritture scomparse: ”Chi non presta fede alla possibilità di relazioni soprannaturali, farà meglio a considerare uno scherzo del caso la somiglianza esteriore tra le due scritture”. Un altro esempio emblematico di ottusa ortodossia: perché non pensare a contatti anche tra regioni distanti o, meglio, ad una comune origine delle culture?

Il caso? Il caso è solo una maschera sul volto del destino, dice Isaac Singer.

Fonti:

A. Alford, Il mistero della genesi delle antiche civiltà, Roma, 2000
J. Friedrich, Le scritture scomparse, Firenze, 1973
S. Marchesi, L'isola di Pasqua...ed i Moai, 2006
Zret, Alla ricerca del sigillo reale, 2006 sul rutilismo presso gli Ebrei

3 commenti:

  1. Una comune origine delle culture? Non solo probabile ma (per quanto mi riguarda) ovvia. Pare che l'uomo sia apparso in africa e solo in seguito si sia disperso in tutto il mondo, portando con se una radice culturale che si è poi espansa e modificata, a causa dei diversi gruppi dispersi in tutto il mondo.

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  2. Gli archeologi incartapecoriti non accetteranno mai la verità dell'origine comune: l'ignoranza si nasconde dietro le sembianze della "scienza". Ciao!

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  3. Ciao Angela, il problema è complesso: senza dubbio furono esguiti esperimenti genetici di cui alcuni fallirono. Chissà se anche homo Neardhethalensis fu creato dagli Annunaki. Resta molta strada da percorrere. Ciao. Buona settimana.

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