24 febbraio, 2007

Illusioni

Dalle pietre non si può cavare il sangue (L. Pirandello)

Gli Stoici insegnavano che la virtù non s’insegna. Se intendiamo per “virtù” quell’insieme di valori che rendono un uomo (vir) consapevole della sua vera natura, magnanimo, fedele ad una legge interiore di moralità, dobbiamo constatare che essa è una qualità assai rara.

Spesso mi chiedo per quale motivo la “civiltà” sia precipitata a livelli così infimi: una possibile risposta è data dalla conclusione che gli uomini non sono tutti uguali. Gli hollow men, la stragrande maggioranza, hanno sempre menato la frusta e tuttora lo fanno. La differenza fra viri ed uomini vuoti è qualitativa: alcune persone possiedono un quid che altre non hanno. È per questo motivo che l’esempio, gli insegnamenti, la cultura, l’educazione ed anche la coercizione sono del tutto inutili nei confronti di certi omiciattoli riottosi e stupidi. L’esortazione al rispetto altrui, all’amore, al senso di giustizia sono vani conati: le stesse parole (amore, fraternità, giustizia, solidarietà…) sono per loro vuote. Accettiamo che gli uomini non sono tutti uguali. Moltissimi resteranno come “porci in brago”, mentre gli “spiriti magni” ora dileggiati ed incompresi, saranno un giorno onusti di gloria.

Non esiste alcuna legge che possa migliorare un uomo corrotto o ignorante: anzi la legge è la dimostrazione che quasi tutti sono inclini all’iniquità, altrimenti essa non esisterebbe, come ci insegna Schopenauer. I “tribunali e le are” di foscoliana memoria, lungi dall’essere un segno di civiltà, sono la riprova che gli uomini devono essere obbligati a rispettare norme e principi del tutto estranei alla loro turpe natura, se si vuole creare una situazione appena accettabile.

Purtroppo “tribunali ed are” si sono rivelati rimedi peggiori del male: la giustizia è, infatti, amministrata da loschi figuri e la religione è la morsa che stritola la coscienza o l’anestetico che la addormenta affinché il clero possa impunemente delinquere e spadroneggiare.

Quante volte facciamo appello al senso di solidarietà, all’umanità, alla coscienza! Come possiamo, però, essere uditi da chi non ha orecchie? Come possono vedere esseri senza occhi? Come possiamo pensare di smuovere le coscienze, se moltissimi uomini non hanno alcuna coscienza, non hanno – direbbe qualcuno di mia conoscenza – Anima?

Mi pare esemplare il caso di quegli esaltati ammiratori di Attivissimo: è noto che costui, in modo del tutto improvvido e con infinita incompetenza, ha deciso di dedicare, un suo intervento allo scottante problema delle scie chimiche. Orbene, egli, da stolido pseudo-aristotelico, ha solo riportato gli spassosi “studi” di un paio di siti attivi nella più bieca e sfacciata disinformazione, per tentare di avvalorare le sue fantasiose e corrive teorie. Tutto ciò, però, non deve sorprendere: Attivissimo è il Sinone di turno che viene mandato a bandire menzogne in cui il volgo, che vuole essere tranquillizzato, crede. Non incombe alcun pericolo, come il cavallo degli Achei non è un’insidia, ma veramente un dono per la dea Atena. La mala fede di Attivissimo è palmare, indiscutibile, tetragona. Come giudicare, però, tutti i suoi acritici sostenitori? Essi non sono al servizio di agenzie di disinformazione, ma, con toni assai più sprezzanti, feroci ed aspri rispetto a quelli del loro domatore, si avventano contro chiunque osi contestare la VERITA’ dispensata dall’idolo disinformatico. Costoro sono persone senza coscienza, poiché, etimologicamente, non sono consapevoli di loro stessi come individui, come esseri senzienti, avendo rinunciato alla loro autonomia di pensiero, per delegare ogni residua capacità di elaborare pur primitivi concetti al loro dio. Essi assomigliano, nella loro fanatica devozione, a quelle intere generazioni di Tedeschi che avevano consegnato la loro identità al Fuhrer. Quando parlavano, quando agivano, quando pensavano, Hitler parlava, agiva, pensava per loro. Erano ossessi posseduti da un altro ossesso.

Decidere di rivolgersi a certe persone è fiato sprecato, è seme che cade tra gli spini o sulla strada o sul terreno infecondo. Essi non capiscono, non perché non vogliano capire – la volontà è prerogativa di uomini che hanno preservato un briciolo di libertà -, ma perché non possono: sono, infatti, involucri vuoti, automi che funzionano finché una qualche forma di energia permette loro di muoversi e di spiccicare un paio di fonemi che non scaturiscono dal cervello, dalla mente o dal cuore, ma da un programma (dis)informatico.

A chi possiamo dunque indirizzare un messaggio? Onde comunicare non significhi soltanto udire l’eco delle proprie parole, è bene scegliere dei destinatari suscettibili di un’elevazione, in cui esista già in potenza una capacità di recepire. Cerchiamo di non scoraggiarci, ancorché il numero di questi destinatari sia molto molto esiguo.

Dobbiamo riconoscere che l’amore, la giustizia, la fratellanza universali sono illusioni: come le illusioni leopardiane nascondono l’arido vero e, fin tanto che non siamo consci del loro carattere ingannevole, spingono all’azione. Se non sono illusioni sempre e comunque, è fallace sperare che esse possano fecondare l’umanità e rigenerarla, anche perché esiste nella storia un percorso fatale, per quanto incomprensibile ad uno sguardo esteriore.

Come dice una profezia della tribù Hopi, “Nel tempo della purificazione, si vedranno ragnatele nel cielo”. Forse questi eventi funesti e mostruosi appartengono ad un disegno imponderabile e sono un modo per discernere gli uomini dai ciandala. Lo affermo, senza esprimere disprezzo per i ciandala, cui sono riservate altre dolorissime, spaventevoli prove, in questa ed in altre dimensioni, affinché evolvano. Se, invece, non sono neppure ciandala, ma mummie, nel giorno della purificazione, prossimo o lontano che sia, saranno bruciate e, dissoltisi i miasmi sprigionatisi dalle bende, di loro non resterà neppure un vago ricordo.

6 commenti:

  1. Il detto della tribù amaricana Hopi mi è stato suggerito da un'utente di sciechimiche.org di cui ora non ricordo il nome e che ringrazio.

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  2. Già, sono tutte illusioni. Ed è pur vero che chi è solidale con i soggetti "meno fortunati" spesso lo è solo perchè vuole sentirsi la coscienza a posto e non perchè lo desidera realmente. Inoltre l'altruismo è comunque subordinato al mantenimento delle proprie condizioni di vita.

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  3. Spesso l'altruismo è ipocrisia. Barbara, hai condensato in un aforisma il succo del testo. Ciao a tutti.

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  4. Ciao Angela, è come se dicessimo che si può trasmettere solo quello che gli altri sanno già o anche che tutto ciò che è veramente importante non può essere insegnato, come osservava Wilde.
    Secoli? Non abbiamo così tanto tempo. Ciao!!!

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  5. Grazie Blognews. "Fantastico" mi sembra eccessivo. Ciao!

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