25 ottobre, 2010

Caino tra mito e storia

Chi fu veramente Caino?

In Genesi, 4 si legge che Adamo ed Eva generarono Caino ed Abele. Il primo fu agricoltore, il secondogenito pastore. Passato del tempo, Caino offrì a Dio i frutti della terra, mentre Abele immolò per il Signore alcuni primogeniti del suo gregge ed il loro grasso. Poiché Dio mostrò di gradire l’offerta di Abele, ma non quella di Caino, quest’ultimo si sdegnò ed uccise il fratello. Venuto a sapere del fratricidio, Dio maledisse Caino, condannandolo ad errare fuggiasco sulla terra. Il bandito, però - promise Dio - non sarebbe stato ucciso, grazie ad un accorgimento, un segno che Dio mise su Caino, affinché nessuno, pur consapevole dell’iniquità compiuta, essendosi imbattuto nel figlio degenere dei progenitori, lo uccidesse.

Bisogna chiedersi in che cosa consisté il marchio di Caino: fu forse un tatuaggio? Fu, invece, un particolare anatomico, come un neo? Fu, come è più probabile, una caratteristica genetica o un tratto distintivo "sottile”, quindi un suggello spirituale?

Il nome Caino significherebbe “possesso” oppure “fabbro”: qualora significasse “fabbro”, si potrebbe vedere un nesso con il colore associato agli artigiani delle fucine, ovviamente perché esperti nel lavorare i metalli con il fuoco. Se ricordiamo che Caino figura anche nel Corano con il nome di Kabil, si è tentati di rapportarlo, per la somiglianza del nome, ai Cabiri, antichi dei non ellenici collegati alla fertilità e reputati protettori dei naviganti.

Caino è sempre stato considerato il prototipo dell’assassino, del fratricida: tale sinistra reputazione lo accomuna ad un altro personaggio biblico, Giuda, additato come l’incarnazione del tradimento. Di solito gli antropologi vedono nella rivalità tra i due fratelli figli dei progenitori, il conflitto universale tra gli agricoltori stanziali (Caino) ed i pastori nomadi (Abele) per il controllo di terre ed acqua. Questi conflitti sono evocati in testi sumeri come parte della storia dell’umanità primordiale.

La Bibbia, in Genesi, 4, indugia su questa umanità delle origini: dopo aver ricevuto il marchio destinato a durare per sette generazioni, Caino vagò fino a giungere nel paese di Nod (vagabondaggio), ad est di Eden, dove ebbe il figlio Enoch (fondatore, fondazione). I successori di Caino furono Irad, Mecuiael, Metsuael, Lamech, Iabal, Tubalkain. Quest’ultimo fu un fabbro, “padre di quanti lavorano il rame ed il ferro”.

Pur nella sua concisione, l’autore biblico delinea una cultura che, dall’agricoltura passò attraverso una fase di nomadismo pastorale per costruire infine una civiltà urbana forse nella regione dei Monti Zagros, di Elam e della Media, nell’attuale Iran.

Com’è noto, tra le fonti della Torah bisogna annoverare testi sumeri ovvero le parti più antiche della Bibbia sono confrontabili con racconti mesopotamici molto antichi: ecco dunque che la tavoletta fittile catalogata BM 74329, reperto custodito nel British Museum di Londra, ci fornisce un interessante addentellato. Il documento, tradotto da Millard e Lambert, racconta di un gruppo di esuli che vagabondarono fino ad insediarsi nel paese di Dunnu, dove il loro capo costruì una città il cui simbolo era costituito da… due torri identiche. Il capo di questa comunità si chiamava Ka’in.

Mike Plato interpreta la figura di Caino in chiave simbolica: nel suggestivo articolo “Caino, il sigillo della potenza”, l’autore riabilita il “fratricida”, vedendo in lui un simbolo stratificato in cui confluiscono valori iniziatici, alchemici e spirituali. Caino “rappresenta l’evoluzione e l’elevazione spirituale dell’iniziato, se non l’iniziato stesso”, asserisce lo studioso che collega il personaggio biblico ai miti dei gemelli (ad esempio, i Dioscuri), al rapporto tra gli egizi Ka e Ba, cui alluderebbero i nomi Caino ed Abele. Le incursioni etimologiche di Plato, che reperisce nel nome Caino radici riferibili al greco kainos, “nuovo”, all’inglese chain “catena” e knight, “cavaliere”, mi sembrano un po’ forzate, sebbene le riflessioni sul sacrificio di sé, che è arra di vittoria, siano condivisibili.

Lo scrittore asserisce che “Caino è un mito e che non è mai esistito un uomo con tale nome”. Non sarei così apodittico: sull’humus storico crescono piante simboliche, ma l’emblema è sovente il risultato di una stratificazione a posteriori, benché alcuni archetipi siano primigeni. Questi immagini, però, si innestano in contesti culturali da cui sono inscindibili. E’ questo il mito: storia e metastoria al contempo. Così, per rimanere nell’ambito del personaggio in questione, il colore rosso associato a Caino può adombrare sia la presenza di una razza rossa (perseguitata?) sia il legame con la metallurgia (arte iniziatica) sia la rubedo alchemica. Se oggi le strade tra storia ed esoterismo sono separate e parallele, forse – fermo restando che le ricerche serie ed oneste sono in ogni caso feconde, in qualsiasi campo siano condotte – un giorno convergeranno.

Fonti:

A. S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, Roma, 2001 s.v. Caino
M. Plato, Caino, il sigillo della potenza, 2010



APOCALISSI ALIENE: il libro

6 commenti:

  1. ***
    Buongiorno Zret.
    Cominciai a dubitare della bontà di questo dio lunatico e molto “umano” nei sentimenti di antipatia/simpatia proprio da Genesi, 4. da ragazzino dunque.
    E mi sono chiesto perché il duro lavoro del contadino fosse stato così sdegnato.
    Povero Qàyin condannato da subito ad essere ciò che fu poi il popolo “eletto”: fuggiasco.
    Il segno di Caino si chiama “civiltà” di cui fu l’Enoch, il fondatore.
    E di cui noi siamo i degnissimi figli! Dovremmo forse ringraziarlo per questo?
    E fu il primo a godere dell’impunità per “l’orrendo crimine”.
    Alleluja.

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  2. Si narra che alla sesta generazione di Caino, nacque il figlio Lamech, con i suoi tre figli: Jabal, Jubal, Tubal-Caino, portarono la civiltà.

    Anche Lamech, come il suo antenato Caino fu coinvolto in un delitto, che questa volta riguardò un uomo e suo figlio, senza dubbio si può affermare che non furono degli sconosciuti, anche se nel Libro della Genesi, indugia a lungo sull'incidente e lo considera un punto di svolta, nella discendenza di Adamo.

    La Bibbia racconta che Lamech riunì le sue due mogli, madre dei suoi tre figli, e confessò loro il doppio omicidio dichiarando: se Caino fu vendicato sette volte, Lamech lo sarà settanta volte.

    Questa frase alquanto enigmatica va messa in relazione con la successione di Lamech, cioè, dice alle proprie mogli che la speranza che la maledizione fosse riscattata alla settima generazione (la generazione dei loro figli) è ormai venuta meno; ora sulla casa di Lamech era stata imposta una nuova maledizione, che sarebbe durata più a lungo.

    A questo punto L'Antico Testamento perde ogni interesse per la linea di Caino e Lamech. Da questo momento in poi la concatenazione degli eventi umani, sarà affidata alla discendenza di Adamo attraverso il figlio Seth, il cui nome in Ebraico ha acquisito la connotazione di essere umano.

    Fu allora, ci informa la Genesi, che si cominciò ad invocare il nome di Dio; Questa misteriosa affermazione a messo a dura prova le capacità interpretative di teologi ed Esegeti Biblici; Essa è seguita da un capitolo che espone la genealogia di Adamo attraverso Seth ed Enosh per dieci generazioni fino a Noè, l'eroe del diluvio.

    I testi Sumerici trattano un'era più remota, quando gli dei vivevano da soli a Sumer, e descrivono con altrettanta precisione la vita dei primi esseri umani a Sumer, in un periodo successivo ma sempre anteriore al diluvio; Il racconto Sumerico del diluvio ha come suo Noè un Uomo di Sharuppak, la settima città fondata dai Nefilim sulla terra.

    Caro Zret, abbiamo trattato questo argomento tante volte (anche nei tuoi scritti del 2006) come i "Rossi" e altre pubblicazioni di recente apparse sul Tuo blog, eppure ... c'è sempre qualcosa da dire e da ricercare, alcuni scritti da me li vado a cercare nel mio vecchio blog che piano piano sto riportando in Google, alcune informazioni le apprendo dalla tua competenza, ed altre dai miei libri sempre in evoluzione.

    Grazie Zret, wlady

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  3. Caro Zret, fai bene a diffidare delle etimologie di Plato che insieme a Cesco Ciapanna, rappresentano la punta avanzata di quei 'fresconi' sin troppo facili bersagli di Umberto Eco. Quando Guènon affermava l'origine di un termine senza l'ausilio di riferimenti o fonti, se lo poteva permettere grazie alle 'dritte' puntuali di iniziati. L'autorità esoterica in buona parte meritata del francese, faceva il resto. Ovvio che Plato non ha nessuna dritta, ma segue la voce di dentro che lo ha iniziato. Insomma, il fai-da-te all'amatriciana.

    Ma di là dalla mia vis polemica, vorrei consigliare, se permetti, alcuni testi utili per meglio raccapezzarsi su queste terre incognite.

    'Il significato occulto del Genesi di Mosè', del De Leva.'Storia filosofica del genere umano? di d'Olivet, ed. Atanor. Ma anche l'altro libro famoso del francese 'Il linguaggio ebraico restituito', vera summa occidentale, profonda, dell'antica lingua.

    Non mi sottraggo a dire la mia, che poi non è mia. Secondo la Annick de Souzenelle, Quain può esser letto 'nido dello yod', l'uomo ontologico. Abel è il nome della vanità, di ciò che è illusorio. Come si vede, le cose non sono come appaiono volgarmente.
    Ma ci tornerò.
    Grazie Zret per la tua infinita pazienza.

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  4. Margius, a prescindere dai valori storici e simbolici, credo che la figura di Caino meriti una riabilitazione.

    Wlady, è vero: è argomento che abbiamo, per così dire, aggredito da ogni parte, eppure resta una roccaforte inespugnabile contro cui paiono inutili le macchine belliche più formidabili.

    Angelo, conosco gli scritti di Antoine Fabre d'Olivet che sono di rara profondità.

    Non mi esimo da dire la mia, che, però, è solo la mia: ritengo che in Caino confluiscano significati esoterici e retaggi archeologici, entrambi di ardua interpretazione. Il problema consiste nel separare i due ambiti senza distruggerli ambedue.

    Circa le etimologie, scriverei: "maneggiare con cura".

    Grazie degli utili contributi.

    A presto.

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  5. Mi pare che Guénon abbia individuato il significato profondo del mito biblico di Caino ed Abele. Molto semplicemente vede in esso il contrasto fra il sottile - Abele - e lo spesso - Caino- ma anche l'antagonismo nascente fra stile di vita nomade proprio di un tempo più vicino alle origini e quello sedentario appannaggio dei primi coltivatori.

    Chiaramente con il trascorrere dei millenni l'involuzione ciclica conduce la manifestazione da stati sottili e quasi immateriali a modi di esistenza sempre più appesantiti, solidificati. Questa la chiave del contrasto fra i due fratelli mitici che rappresentano appunto due poli contrapposti.

    Caino è dunque vincente in quanto ha 'assassinato' le modalità sottili dell'esistenza e della percezione. In pratica è l'antesignano archetipico del materialismo.

    Che poi dietro queste due figure leggendarie si possano identificare dei personaggi effettivamente esistiti mi sembra problematico se non chimerico.

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  6. Credo che, da un punto di vista simbolico, il dissidio tra Caino ed Abele, si debba accostare ad altri contrasti-unioni, come Romolo e Remo, Castore e Polluce etc.

    Di grande interesse è soprattutto il tema dell'omicidio rituale, rintracciabile nell'assassinio di Remo per opera di Romolo, collegato anche al mito di fondazione di una città quadrata.

    Reputo che un'ombra storica, per quanto assai sbiadita, sia il substrato (o il coronamento?) del mito di Caino ed Abele. L'aspetto che attende ancora di essere compreso appieno è il sigillo del fratricida.

    Ciao e grazie.

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