31 luglio, 2005

Sommo Pontefice, non pontifichi

Il pastore tedescoSommo Pontefice, Le scrivo per esortarla a non seguire l’esempio del Suo “venerato predecessore” come lo definisce spesso Lei.

Mi spiego. Qualche giorno addietro sono andato in una libreria per curiosare tra gli scaffali, per vedere quali erano le novità editoriali, quando, ad un certo punto, la mia attenzione è stata attratta da un settore dove era allineata una lunghissima teoria di ponderosi tomi dall’elegante rilegatura. Erano i volumi contenenti le encicliche e le opere filosofiche vergate da papa Giovanni Paolo II. Possibile? Mi sono chiesto: migliaia e migliaia di pagine per illustrare i principi della dottrina cristiana, dopo che, da circa duemila anni, teologi, storici, esegeti si dedicano a spiegare, studiare, interpretare i quattro vangeli, gli Atti degli apostoli, le Lettere e l’Apocalisse? È vero che all’esile corpus del Nuovo Testamento si può aggiungere la mole dell’Antico, ma mi sembra comunque eccessivamente prolifica la folta schiera degli scrittori che si arrovellano per dire sempre le stesse cose, solo in modo, ogni volta, un po’ diverso.

Mi domando quali possano essere i contenuti dei testi composti da Giovanni Paolo II: la dottrina e l’etica cristiana sono quelle. Non ci si può discostare da quei dogmi più di tanto, se non si vuole fare la fine di Hans Kung, insigne teologo o della Ranke-Heinemann, acutissima interprete della Bibbia, entrambi ostracizzati dalla Chiesa cattolica, solo perché dimostravano senso critico e competenze storiche. Allora che senso ha impiegare tanto tempo e profondere tutte queste energie? Ci si potrebbe dedicare a più nobili cause:le ciclopiche antenne di Radio Vaticana con le loro nocive emissioni elettromagnatiche, gli investimenti, non sempre cristallini, delle banche cattoliche, le ingerenze della Santa sede nella vita politica...

Segua il mio consiglio: trascorra le Sue auguste vacanze in Val d’Aosta. Si rilassi, mediti. Contempli la natura, finché ne rimarrà qualche brandello; volga lo sguardo al cielo (forse vedrà qualche croce anche Lei come l’imperatore Costantino, prima della battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio, con la differenza che le croci che si scorgono in cielo, oggigiorno, non hanno nulla di mistico, purtroppo...).Crocie chimica
Insomma trascorra il tempo come più Le aggrada, ma non scriva anche Lei delle insulse, anodine, scontate lettere pastorali. È uno spreco di carta. Nessuno leggerebbe le Sue dotte parole: tanto sarebbero più o meno come quelle dei Suoi predecessori.

Se proprio, tuttavia, Le venisse il ghiribizzo di lasciare qualcosa alla posterità, visto che Lei afferma di essere il vicario di Cristo, potrebbe impegnarsi nella riscoperta e nella divulgazione del messaggio cristiano più antico, quello degli ebioniti, letteralmente “poveri”. Vedo già che comincia ad insospettirsi: la povertà? Non era fissato con la povertà quel fraticello d’Assisi? Come si chiamava? Ah sì, San Francesco... Altri tempi...

E' a conoscenza, Sua Santità, del fatto che gli ebioniti erano vegetariani, mettevano tutto in comune e che rispettavano la Legge mosaica?

Non Le interessa questo tema, non Le garbano i principi del cristianesimo delle origini, non di quello posteriore, sintesi di dottrine ellenistiche, orientali e di qualche spunto ebraico?

No. Allora, se proprio vuole ispirarsi al Suo venerato predecessore, che in gioventù, era stato attore di teatro, non perda l’occasione di esibirsi sul palcoscenico di S. Pietro: il talento non Le manca. Sa impostare la voce, si muove con artefatta scioltezza, ha il senso delle pause, sa dosare i Suoi monologhi, aspettando gli applausi di un’immensa e poco intelligente claque.

Ascolti il mio spassionato consiglio: non pontifichi, scrivendo delle ampollose, reboanti e vacue encicliche. Piuttosto stenda un bel copione teatrale. Ne ha le capacità; mi creda.

Con rispetto

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