05 novembre, 2005

Lo scempio del villaggio

Absit iniuria verbis

Qualche sera fa, il ministro degli esteri Gianfranco Fini, ospite di un mostruoso programma televisivo che pullula di noiosissimi dibattiti “politici”, trasmissione moderata da un “giornalista” di notevole peso, ha ardito affermare che l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi, il messia di Arcore, ha saputo, in questi cinque anni, governare l’Italia. Che cosa?!? Trasecolo. Sa il signor Fini che cosa significa “governare”? Sa che questo verbo è collegato al vocabolo latino gubernator, ossia “timoniere”? Il timoniere deve saper pilotare la nave per condurla dal porto verso un altro porto, affrontando burrasche, bonacce, venti contrarii. Questo sciagurato governo ha fatto, nei primi tempi, del cabotaggio, in seguito capitan Uncino e la sua ciurmaglia hanno fatto sfracellare lo scafo sugli scogli. Lì la nave s’è incagliata e lì resterà.


Ieri, 4 novembre, festa della vittoria, che non è la fantesca di don Abbondio nella prima stesura dei Promessi sposi, il presidente della repubblica, ha asserito, all’interno di uno dei suoi leziosi, insulsi, dozzinali sermoni, che bisogna essere disposti a difendere i valori della nazione, eventualmente anche con le armi. (In caso di guerra, a combattere vada lui). Vorrei sapere che cosa intenda l’uomo del colle per “valori.” Credo che conosca benissimo i valori monetari del signoraggio, visto che Ciampi fu presidente della Banca d’Italia. Non saprei a quali altri valori potrebbe riferirsi quel reuccio senza corona.

Il vignaiolo teutonico ha dichiarato che lo stato italiano dovrebbe fare di più per le famiglie. Da che pulpito? Potrebbe adoperarsi il sommo orefice per le famiglie italiane, considerati gli ingentissimi, esorbitanti proventi del Vaticano, frutto di losche operazioni finanziarie, del vergognoso latrocinio perpetrato nei confronti di tutti gli Italiani, furto denominato “otto per mille”, di molte altre truffe.

Insomma in questo villaggio globalizzato, in cui regnano incontrastati l’ipocrisia, l’ignoranza, la corruzione, il malaffare, la sopraffazione, l’ingiustizia… dobbiamo assistere anche allo scempio del linguaggio: il verbo “governare” usato a sproposito; la menzione insincera della parola “valore”; l’appello a ricordarsi delle famiglie per opera di uno che intende la “Famiglia”…

Si potrebbe continuare con gli esempi, ma mi fermo. Chi volesse deliziarsi con questo strazio della lingua italiana, può sempre leggere gli articoli della G. Riotta, di Mai dire Magdi, dell’Eco del nulla, di Socci mi scocci, di Zucconi lo zuccone e compagnia gracchiante.

Un’avvertenza: acquistate in farmacia un antiacido.


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