16 gennaio, 2006

Calvino, Sanremo e l'ipocrisia

È noto che Italo Calvino ambientò il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno e non pochi racconti a Sanremo, quella che egli considerava visceralmente la sua città, quantunque fosse nato, per circostanze fortuite, a Santiago de las Vegas (Cuba) nel 1923. In più occasioni, lo scrittore si dolse di quanto la sua città, un tempo un opale incastonato tra l’azzurro del Mar Ligure ed il verde delle colline, fosse stata deturpata, anzi stuprata dalla speculazione edilizia. Non gli restò che vagheggiare nostalgicamente ma senza sdolcinature, quella Sanremo la cui aria era impregnata di salino e dell’aspro odore dei limoni.

Il centro tratteggiato dallo scrittore era più un grosso borgo che una cittadina, con le case di campagna sparse sui pendii, gli orti costeggiati dai beudi, i carrugi della Pigna arroccata sul promontorio dominato dalla Madonna della Costa, con la “mole azzurra” della cupola.

Se Calvino fosse ancora vivo, di fronte all’attuale scempio, proverebbe un’indignazione ancora più veemente di quella che lo spinse, lui uomo di Liguria, sobrio e tenace, a somiglianza della gente della sua terra, a rinnegare Sanremo, aprica ed irregolare, per “adottare” una metropoli come Torino, nebbiosa e geometrica.

Bisogna ammettere, però, che, se ci si allontana dalla congestionata area urbana di quella che fu la perla della Riviera, per percorrere un’antica mulattiera, a volte ci s’imbatte in qualche scorcio suggestivo: ora una viottola ombreggiata da mimose, ora un podere terrazzato con muri a secco, ora un frammento di cielo in lontananza su cui si staglia la sagoma oblunga di un cipresso. Non di meno, sono le ultime rutilanti tessere di un mosaico che, per la gran parte, è stato impunemente distrutto.

Risulta così di un’ipocrisia intollerabile e vergognosa l’iniziativa del Comune, che ogni anno premia, tramite un concorso, uno studente per la composizione di un elaborato su Sanremo. Che cosa si può scrivere ancora su codesto centro ridotto ad una discarica mefitica, ad un’immane colata di cemento, mercé la saggia politica delle amministrazioni succedutesi in questi ultimi decenni? Che cosa decantare? Il grottesco edificio del Casino, con le sue ridicole torrette? Le ormai innumerevoli rotatorie collocate al centro di molti incroci simili a dischi volanti? Forse il cielo solcato dalle velenose scie chimiche? È il caso di ripiegarsi sul passato per recuperarne qualcosa? Ci pensò magistralmente già Calvino.

Dunque, se fossi un allievo chiamato a partecipare al concorso, con Dante scriverei semplicemente: “Parole non ci appulcro”.

2 commenti:

  1. io penso solo una cosa:la nuova stazione di sanremo.Antiestetica e brutta, e per lo piu inutile perche hanno fatto una struttura molto grande x due soli binari

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  2. Concordo. Sulla nuova stazione ferroviaria avevo riflettuto in Viandante, se giungi a San...

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