26 luglio, 2006

Mater et matrona

Absit iniuria verbis. E' solo una pasquinata.

Clio, figlia di Zeus e di Memnosyne, è la musa della storia e della poesia epica. Clio è anche il nome dell’augusta consorte di Napolitano, l’inclito uomo politico da poco tempo asceso al colle della città eterna. Questa giunonica matrona, qualche settimana addietro, è stata intervistata da una “giornalista” in vena di piaggerie, in estatica adorazione al cospetto della nobildonna che ha dispensato, come fossero stati sublimi insegnamenti, insipidi aneddoti tratti dal bric a brac della sua vita di privilegiata.

Clio, laureata in Giurisprudenza, ha esercitato la professione forense, ma sembra che il sapere giuridico sia passato sulla moglie di Napolitano come acqua sull’impermeabile: è difficile, infatti, concepire il vuoto e la melensaggine delle risposte di costei, risposte infiorate di una stucchevole autocelebrazione e trasudanti ignoranza e dozzinalità da ogni sillaba.

Come in uno specchio, nelle insulse parole della patrizia, si può scorgere la fisionomia del divino marito, un fantoccio allevato ed indottrinato per diventare quello che è ora, un uomo di paglia trasferito da Via dei… serpenti al Quirinale, per fargli rappresentare lo sfacelo dell’Italia e delle sue putride istituzioni.

Dicono che, dietro ogni grande uomo, agisca sempre una grande donna: qui, però, sull’omuncolo del colle incombe una donna grande, anzi gr…a.

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