26 dicembre, 2006

L'inferno delle ramblas

La giornalista, ex miss Italia, è in trasferta in Spagna per realizzare un servizio di costume su Barcellona e la movida. Nella Spagna post-franchista, Barcellona è diventata, nell’arco di pochi anni, una metropoli animata e vivace, meta in tutte le stagioni di frotte di turisti, spesso scolaresche, avide non tanto di ammirare la barbara ed orrida cattedrale-cantiere progettata da Gaudì oppure il grottesco Parco Guell, ma di perdersi nella vita trasgressiva e gaudente della metropoli.

Barcellona è, infatti, città corrotta e sibaritica, dove fiumane di gente brulicano nella ramblas fino a notte inoltrata, sbandando “a povere mete”. Barcellona è un paradiso artificiale, adatto ad edonisti sfrenati: sesso, i sapori mediterranei della cucina catalana, musica assordante…

Barcellona è l’emblema di un infernale paradiso creato dall’uomo: un parco giochi per i divertimenti futili di persone spersonalizzate, sempre in cerca di emozioni forti che trovano nell’alcool e nelle droghe. Intanto, mentre folle anonime gozzovigliano, nelle cucine roventi, tra i sentori nauseabondi delle pietanze, cuochi ed aiuto-cuochi madidi di sudore lavorano con ritmi frenetici, i camerieri ridotti ad automi, nei ristoranti, fanno la spola tra le sale e le cucine, il personale di principeschi alberghi serve managers sussiegosi.

I paradisi artificiali sono soltanto teloni rutilanti che nascondono l’inferno. In questi paradisi, tra edifici avveniristici, musei disegnati da architetti famosi, boutiques alla moda, gigantesche sculture, la natura è quasi del tutto scomparsa. Restano solo le palme stente, dalle foglie rinsecchite ed un cielo opaco da cui la luce del sole esangue trae qualche riflesso metallico.

Di tutto ciò ovviamente la giornalista in trasferta non si accorge: non può accorgersene. La sua limitatissima visione della realtà le impedisce anche solo di cogliere qualche particolare significativo. D’altronde le hanno assegnato la realizzazione di un banale pezzo di costume. Che cosa si può pretendere?

Involontariamente, però, l’inviata immortala uno scenario dove la “vita” possiede un’evidenza funerea, un po’ come in un quadro di Velasquez.

2 commenti:

  1. Quello che ho sempre sostenuto è che questi luoghi, sono essenziali per imbrigliare le menti di coloro che, stressati e delusi dalla vita quotidiana, non cercano di riflettere ma si abbandonano ad effimeri piaceri per dimenticare le proprie sofferenze. L'ennesima prigione per la mente mascherata sotto un abito presentabile al pubblico. Certo, Barcellona non è l'unica città di questo tipo (ovunque è possibile trovare ciò che hai citato): l'atteggiamento ipocrita della popolazione che crede di mantenere un atteggiamento responsabile (salvo abbandonarsi alle tentazioni) non è che l'ennesima dimostrazione di quanto misera sia la natura umana.

    RispondiElimina
  2. Parole meditate e profonde le tue, Capitano Nemo. E'ovvio che Barcellona è solo un esempio di questa Disneyland planetaria. Ciao

    RispondiElimina

ATTENZIONE! I commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.