Odi profanum vulgus et arceo (Orazio)
Camminiamo tra la folla: volti grigi, sguardi vacui, frantumi di frasi. Qualcosa non quadra: è come se l’umanità fosse ridotta ad uno stato larvale. Le persone si aggirano nelle strade con l’orecchio teso ad ascoltare una voce che ronza nel cellulare. Occhiute videocamere ci spiano ad ogni cantone. Nessuno sembra accorgersi di questa strana atmosfera in cui siamo immersi: è qualcosa di indefinibile, ma di sgradevole, come se la terra fosse un pianeta defunto e desolato in cui aleggiano fantasmi di pensieri e di emozioni, appartenuti a gente ormai scomparsa.
Vorremmo fuggire, ma sembra che la moltitudine sia un’onda immensa che avanza incombente. Vorremmo fuggire, ma ci prende un senso di disorientato smarrimento, mentre il brulichio di visi slavati, di suoni innaturali, di odori acri diventa sempre più frenetico.
Si prova quella nausea che il protagonista del romanzo di Jean Paul Sartre avverte al cospetto di oggetti o di elementi naturali; ma noi la percepiamo di fronte all’umanità disumana che si aggira senza meta in una squallida necropoli.
Camminiamo tra la folla: volti grigi, sguardi vacui, frantumi di frasi. Qualcosa non quadra: è come se l’umanità fosse ridotta ad uno stato larvale. Le persone si aggirano nelle strade con l’orecchio teso ad ascoltare una voce che ronza nel cellulare. Occhiute videocamere ci spiano ad ogni cantone. Nessuno sembra accorgersi di questa strana atmosfera in cui siamo immersi: è qualcosa di indefinibile, ma di sgradevole, come se la terra fosse un pianeta defunto e desolato in cui aleggiano fantasmi di pensieri e di emozioni, appartenuti a gente ormai scomparsa.
Vorremmo fuggire, ma sembra che la moltitudine sia un’onda immensa che avanza incombente. Vorremmo fuggire, ma ci prende un senso di disorientato smarrimento, mentre il brulichio di visi slavati, di suoni innaturali, di odori acri diventa sempre più frenetico.
Si prova quella nausea che il protagonista del romanzo di Jean Paul Sartre avverte al cospetto di oggetti o di elementi naturali; ma noi la percepiamo di fronte all’umanità disumana che si aggira senza meta in una squallida necropoli.
Parole vere, verissime le tue Angela, espresse con pathos e sincerità. Ciao
RispondiEliminaNeanche a farlo apposta, il tuo post di oggi parla dello stesso argomento del mio... ad ogni modo vedo che le mie sensazioni sono condivise da qualcuno, anche se rimaniamo una minoranza
RispondiEliminaLa chiamano ipercomunicazione. Aspettando il dottissimo Paolo, che arriverà perché non è Godot. Ciao a tutti.
RispondiEliminaCiao Pedro, forse la scintilla non è spenta.
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