Nel precedente articolo, abbiamo potuto considerare come la moderna concezione dell'universo da parte della classe dei cosmologi sia molto complessa e per vari versi fondata su “teorie” che spesso fanno a pugni con altre adottate successivamente.
Questa serie di articoli serve solamente a farci riflettere profondamente su come l'uomo, nel corso del tempo, abbia sempre proceduto a ricercare il perché delle cose universali.
Ed in questa ricerca si sia perso il punto di riferimento e lo scopo della stessa. Che cosa in effetti ricerca l'uomo nell'universo...?? Non sarebbe forse più appropriato e logico risolvere prima i problemi che ci affliggono come umanità su questo pianeta...?? Ma poiché ognuno nella vita si dedica a qualcosa che lo attrae più di altre, vediamo di continuare il percorso insieme con mente indagatrice e sincera.
Ma qualcuno, a questo punto, potrebbe chiedersi che utilità ha questo processo di immersione, se non ci permette di vedere [pienamente] proprio lo spazio in cui viviamo. In effetti i “cosmologi relativistici”, resisi conto dei limiti del metodo [scientifico?], ne hanno inventato altri più efficaci. Per esempio, invece di immergere uno spazio in un altro, preferiscono farlo a fette per vedere cosa ne viene fuori. Immaginiamo, quindi, di tagliare una superficie sferica con un piano; sul piano rimarrebbe una circonferenza. Se siamo individui bi-dimensionali, non siamo in grado di pensare razionalmente a superfici sferiche immerse in spazi euclidei tridimensionali, ma conosciamo bene le circonferenze che sappiamo immergere in uno spazio euclideo a due dimensioni. Vedendo quest'ultima, potremmo concludere che lo spazio, da cui l'abbiamo ottenuta per “sezione”, aveva un aspetto di iper-circonferenza. Facciamo allora un altro passo: pensiamo di “tagliare” lo spazio quadri-dimensionale con uno tridimensionale. Il risultato sarà un qualche solido: se ha la forma di una sfera, abbiamo a che fare con uno spazio iper-sferico, sa ha la forma di un parabolide, sarà uno spazio iper-parabolico e così via. Naturalmente i fisici ed i matematici moderni hanno messo a punto strumenti e formule che consentono di analizzare qualsivoglia spazio a qualsiasi dimensione, senza stare ad impazzire con 'asce tridimensionali' per farlo a pezzi. Quel che ci torna utile ricordare in questo discorso, è che è possibile eliminare un centro nel processo di allontanamento delle galassie. Basta immaginare “che sia lo spazio tridimensionale ad espandersi” e non il suo contenuto. In queste condizioni il centro dell'espansione non fa più parte di questa tridimensionalità: esiste solo uno spazio euclideo a quattro dimensioni.
Un altro problema aperto dal matematico ed astronomo Edward Milne è la velocità massima di espansione dell'universo e non è un problema da poco. Infatti, se tale espansione avvenisse nel nostro spazio reale a tre dimensioni, non ci sarebbe dubbio che essa non potrebbe mai superare la velocità della luce (esistono leggi matematico-fisiche ferree in proposito). Ma l'espansione “non procede nello spazio tridimensionale” è un puro effetto geometrico in un “fittizio” spazio a quattro dimensioni. Di conseguenza la velocità di espansione può essere QUALSIASI, anche infinita.
Questo risultato è gravido di ENORMI conseguenze. L'universo può, a sua volta, essere infinito con la conseguenza che, per raggiungere dimensioni infinite in un tempo finito, occorre una velocità di espansione infinitamente grande. All'opposto è chiaro che se l'espansione [in un universo tridimensionale finito] non potesse mai superare la velocità della luce, durante la sua esistenza, stimata in venti miliardi di anni, il cosmo si sarebbe potuto espandere al più fino a venti miliardi di anni luce e quindi oggi non staremmo qui a discutere sull'espansione.
Una seconda e importante conseguenza “dell'infinita velocità iniziale” di espansione ci è stata data da Wolfgang Rindler (1956) e riguarda la famosa teoria del “paradosso degli orizzonti”. Cosa significa? Se due parti (galassie ad esempio) del cosmo si allontanano con velocità superiore alla luce non possono vedersi né comunicare tra loro. Dunque un ipotetico osservatore presente all'inizio dei tempi avrebbe potuto vedere solo una piccola regione di universo intorno a lui, dato che il rimanente si allontana così rapidamente che la luce non fa in tempo a raggiungerlo. E a mano a mano che ci si avvicina all'istante iniziale, la regione visibile diventa sempre più piccola e ad essa si dà l'ovvio nome di orizzonte. Ma se il nome è ovvio, le conseguenze della sua esistenza lo sono assai meno. Perché?
Al momento della nascita l'universo si può immaginare frazionato in infiniti orizzonti piccolissimi (risultato della teoria del grande Big Bang) e la materia contenuta in ognuno di essi NON HA MAI COMUNICATO con la materia che si trova negli orizzonti vicini. L'idea dell'espansione ci conduce quindi ad un'inequivocabile e straordinaria conclusione.
LA NASCITA DI INFINITI MINI-UNIVERSI, OGNUNO SEPARATO E NON COMUNICANTE CON GLI ALTRI.
La teoria della Relatività Generale ammette infiniti possibili universi, se non si fissano delle condizioni [ESTERNE] (il cosiddetto problema delle condizioni iniziali). Capite meglio ora l'enormità della questione?
L'esistenza di innumerevoli e infiniti mini-universi tutti sconnessi tra loro richiede che le stesse CONDIZIONI INIZIALI siano state DATE a ciascuno di loro, altrimenti oggi ci troveremmo in un universo totalmente caotico, con parte di esso che è ricollassato, parte proiettato verso una violentissima espansione e così via, a seconda del mini-universo a cui ciascuna regione di spazio corrisponde. Il problema, però, non è soltanto causato dalla presenza di “innumerevoli” mini-universi iniziali, ma anche dal fatto che, per fissare soltanto per due di essi le stesse condizioni iniziali, bisogna agire molto più velocemente della luce.
NESSUN ESSERE VIVENTE DI QUESTO MONDO E' CAPACE DI TANTO.
Questo è noto agli addetti ai lavori come “il paradosso degli orizzonti” ed è spesso condensato nella frase: “Esiste un'origine comune ma non correlata di tutte le cose”.
Cioè, più semplicemente, gli infiniti mini-universi in cui l'espansione spezzetta il cosmo primordiale sono tutti identici fra loro, sebbene non abbiano mai avuto il tempo di comunicare gli uni con gli altri.
COME E' POSSIBILE UNA COSA SIMILE?
Il paradosso degli orizzonti è uno dei misteri irrisolti della cosmologia classica, di quella, per intenderci, che non fa uso delle moderne teorie delle particelle elementari. Esso rappresenta l'esasperazione del problema della scelta delle condizioni iniziali, in quanto non soltanto QUALCOSA o QUALCUNO ha preferito un certo tipo di universo a tutti gli altri, ma HA ANCHE PROVVEDUTO a imporre questa scelta in ogni mini-universo primordiale.
Un'altra conseguenza straordinaria è stata notata per la prima volta nel 1979 da Robert Dicke e Jean Peebles, astrofisici di Princeton. Essi hanno notato che, tra tutte le geometrie possibili per lo spazio tridimensionale, quella euclidea è instabile. L'espansione tende ad esaltare le eventuali differenze, sia pure minime, dalla geometria euclidea. Dato che oggi, dopo venti miliardi di anni, lo spazio in cui viviamo è così simile ad uno euclideo che ancora non siamo riusciti a verificare effetti non-euclidei, ne consegue che esso doveva essere esattamente euclideo fin dagli inizi, altrimenti l'espansione ne avrebbe evidenziato le deviazioni nel corso di venti miliardi di anni. Abbiamo così una precisa condizione iniziale che è stata imposta a tutti i mini-universi primordiali: non solo essi debbono essere tutti ugual, ma è d'obbligo l'adozione della geometria euclidea.
Quando questo risultato fu comunicato al Convegno di Relatività Generale del 1979, il fisico sovietico Yarish Zeldovich lo commentò dicendo: “...a Dio piace Euclide”.
Quel che emerge da questo discorso è che l'espansione dell'universo rappresenta molto di più di un fatto formale. In ogni decennio del nostro ultimo secolo, gli studiosi hanno modificato le loro teorie e le loro visioni sull'universo e si è compreso che i segreti del cosmo non si risolvono, immergendo processi astrofisici convenzionali nel contesto asettico dell'espansione. Da questa nuova angolazione nascono nuove questioni che spingono alle radici, nella natura più profonda del concetto di espansione cosmica: il problema delle origini, la soluzione dei paradossi, la nascita delle galassie ecc.
Perché tutto questo... perché l'uomo ricerca... perché, se come ha detto qualcuno basta preoccuparsi del mangiare, divertirsi e fare sesso per essere felici...? Ma non basta a molti uomini fare ciò: è una spinta genetica... una spinta potente... una forza inarrestabile... come quella che spinge un figlio verso il padre.
To be continued...
Questa serie di articoli serve solamente a farci riflettere profondamente su come l'uomo, nel corso del tempo, abbia sempre proceduto a ricercare il perché delle cose universali.
Ed in questa ricerca si sia perso il punto di riferimento e lo scopo della stessa. Che cosa in effetti ricerca l'uomo nell'universo...?? Non sarebbe forse più appropriato e logico risolvere prima i problemi che ci affliggono come umanità su questo pianeta...?? Ma poiché ognuno nella vita si dedica a qualcosa che lo attrae più di altre, vediamo di continuare il percorso insieme con mente indagatrice e sincera.
Ma qualcuno, a questo punto, potrebbe chiedersi che utilità ha questo processo di immersione, se non ci permette di vedere [pienamente] proprio lo spazio in cui viviamo. In effetti i “cosmologi relativistici”, resisi conto dei limiti del metodo [scientifico?], ne hanno inventato altri più efficaci. Per esempio, invece di immergere uno spazio in un altro, preferiscono farlo a fette per vedere cosa ne viene fuori. Immaginiamo, quindi, di tagliare una superficie sferica con un piano; sul piano rimarrebbe una circonferenza. Se siamo individui bi-dimensionali, non siamo in grado di pensare razionalmente a superfici sferiche immerse in spazi euclidei tridimensionali, ma conosciamo bene le circonferenze che sappiamo immergere in uno spazio euclideo a due dimensioni. Vedendo quest'ultima, potremmo concludere che lo spazio, da cui l'abbiamo ottenuta per “sezione”, aveva un aspetto di iper-circonferenza. Facciamo allora un altro passo: pensiamo di “tagliare” lo spazio quadri-dimensionale con uno tridimensionale. Il risultato sarà un qualche solido: se ha la forma di una sfera, abbiamo a che fare con uno spazio iper-sferico, sa ha la forma di un parabolide, sarà uno spazio iper-parabolico e così via. Naturalmente i fisici ed i matematici moderni hanno messo a punto strumenti e formule che consentono di analizzare qualsivoglia spazio a qualsiasi dimensione, senza stare ad impazzire con 'asce tridimensionali' per farlo a pezzi. Quel che ci torna utile ricordare in questo discorso, è che è possibile eliminare un centro nel processo di allontanamento delle galassie. Basta immaginare “che sia lo spazio tridimensionale ad espandersi” e non il suo contenuto. In queste condizioni il centro dell'espansione non fa più parte di questa tridimensionalità: esiste solo uno spazio euclideo a quattro dimensioni.
Un altro problema aperto dal matematico ed astronomo Edward Milne è la velocità massima di espansione dell'universo e non è un problema da poco. Infatti, se tale espansione avvenisse nel nostro spazio reale a tre dimensioni, non ci sarebbe dubbio che essa non potrebbe mai superare la velocità della luce (esistono leggi matematico-fisiche ferree in proposito). Ma l'espansione “non procede nello spazio tridimensionale” è un puro effetto geometrico in un “fittizio” spazio a quattro dimensioni. Di conseguenza la velocità di espansione può essere QUALSIASI, anche infinita.
Questo risultato è gravido di ENORMI conseguenze. L'universo può, a sua volta, essere infinito con la conseguenza che, per raggiungere dimensioni infinite in un tempo finito, occorre una velocità di espansione infinitamente grande. All'opposto è chiaro che se l'espansione [in un universo tridimensionale finito] non potesse mai superare la velocità della luce, durante la sua esistenza, stimata in venti miliardi di anni, il cosmo si sarebbe potuto espandere al più fino a venti miliardi di anni luce e quindi oggi non staremmo qui a discutere sull'espansione.
Una seconda e importante conseguenza “dell'infinita velocità iniziale” di espansione ci è stata data da Wolfgang Rindler (1956) e riguarda la famosa teoria del “paradosso degli orizzonti”. Cosa significa? Se due parti (galassie ad esempio) del cosmo si allontanano con velocità superiore alla luce non possono vedersi né comunicare tra loro. Dunque un ipotetico osservatore presente all'inizio dei tempi avrebbe potuto vedere solo una piccola regione di universo intorno a lui, dato che il rimanente si allontana così rapidamente che la luce non fa in tempo a raggiungerlo. E a mano a mano che ci si avvicina all'istante iniziale, la regione visibile diventa sempre più piccola e ad essa si dà l'ovvio nome di orizzonte. Ma se il nome è ovvio, le conseguenze della sua esistenza lo sono assai meno. Perché?
Al momento della nascita l'universo si può immaginare frazionato in infiniti orizzonti piccolissimi (risultato della teoria del grande Big Bang) e la materia contenuta in ognuno di essi NON HA MAI COMUNICATO con la materia che si trova negli orizzonti vicini. L'idea dell'espansione ci conduce quindi ad un'inequivocabile e straordinaria conclusione.
LA NASCITA DI INFINITI MINI-UNIVERSI, OGNUNO SEPARATO E NON COMUNICANTE CON GLI ALTRI.
La teoria della Relatività Generale ammette infiniti possibili universi, se non si fissano delle condizioni [ESTERNE] (il cosiddetto problema delle condizioni iniziali). Capite meglio ora l'enormità della questione?
L'esistenza di innumerevoli e infiniti mini-universi tutti sconnessi tra loro richiede che le stesse CONDIZIONI INIZIALI siano state DATE a ciascuno di loro, altrimenti oggi ci troveremmo in un universo totalmente caotico, con parte di esso che è ricollassato, parte proiettato verso una violentissima espansione e così via, a seconda del mini-universo a cui ciascuna regione di spazio corrisponde. Il problema, però, non è soltanto causato dalla presenza di “innumerevoli” mini-universi iniziali, ma anche dal fatto che, per fissare soltanto per due di essi le stesse condizioni iniziali, bisogna agire molto più velocemente della luce.
NESSUN ESSERE VIVENTE DI QUESTO MONDO E' CAPACE DI TANTO.
Questo è noto agli addetti ai lavori come “il paradosso degli orizzonti” ed è spesso condensato nella frase: “Esiste un'origine comune ma non correlata di tutte le cose”.
Cioè, più semplicemente, gli infiniti mini-universi in cui l'espansione spezzetta il cosmo primordiale sono tutti identici fra loro, sebbene non abbiano mai avuto il tempo di comunicare gli uni con gli altri.
COME E' POSSIBILE UNA COSA SIMILE?
Il paradosso degli orizzonti è uno dei misteri irrisolti della cosmologia classica, di quella, per intenderci, che non fa uso delle moderne teorie delle particelle elementari. Esso rappresenta l'esasperazione del problema della scelta delle condizioni iniziali, in quanto non soltanto QUALCOSA o QUALCUNO ha preferito un certo tipo di universo a tutti gli altri, ma HA ANCHE PROVVEDUTO a imporre questa scelta in ogni mini-universo primordiale.
Un'altra conseguenza straordinaria è stata notata per la prima volta nel 1979 da Robert Dicke e Jean Peebles, astrofisici di Princeton. Essi hanno notato che, tra tutte le geometrie possibili per lo spazio tridimensionale, quella euclidea è instabile. L'espansione tende ad esaltare le eventuali differenze, sia pure minime, dalla geometria euclidea. Dato che oggi, dopo venti miliardi di anni, lo spazio in cui viviamo è così simile ad uno euclideo che ancora non siamo riusciti a verificare effetti non-euclidei, ne consegue che esso doveva essere esattamente euclideo fin dagli inizi, altrimenti l'espansione ne avrebbe evidenziato le deviazioni nel corso di venti miliardi di anni. Abbiamo così una precisa condizione iniziale che è stata imposta a tutti i mini-universi primordiali: non solo essi debbono essere tutti ugual, ma è d'obbligo l'adozione della geometria euclidea.
Quando questo risultato fu comunicato al Convegno di Relatività Generale del 1979, il fisico sovietico Yarish Zeldovich lo commentò dicendo: “...a Dio piace Euclide”.
Quel che emerge da questo discorso è che l'espansione dell'universo rappresenta molto di più di un fatto formale. In ogni decennio del nostro ultimo secolo, gli studiosi hanno modificato le loro teorie e le loro visioni sull'universo e si è compreso che i segreti del cosmo non si risolvono, immergendo processi astrofisici convenzionali nel contesto asettico dell'espansione. Da questa nuova angolazione nascono nuove questioni che spingono alle radici, nella natura più profonda del concetto di espansione cosmica: il problema delle origini, la soluzione dei paradossi, la nascita delle galassie ecc.
Perché tutto questo... perché l'uomo ricerca... perché, se come ha detto qualcuno basta preoccuparsi del mangiare, divertirsi e fare sesso per essere felici...? Ma non basta a molti uomini fare ciò: è una spinta genetica... una spinta potente... una forza inarrestabile... come quella che spinge un figlio verso il padre.
To be continued...
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RispondiEliminaL'Uomo è un Cercatore..
RispondiEliminaCercare è una spinta potente, vero..
Ma è deviata ormai dal suo senso originale.. Senso confuso dall'Uomo stesso, distratto nella Forma, Schiavo del proprio Ego..
E' una spinta Genetica.. Potente.. Inarrestabile.. Che lo porta alla ricerca del Padre..
Del CREATORE..
Dalla Cellula primordiale nata dal Fango (terra, acqua, Amminoacidi)..
"VI HO CREATI DA TERRA E ACQUA".
Si è formata, secondo la Regola della "Graduazione" la prima "Scintilla" di Consapevolezza Cellulare..
Quella Coscienza Cellulare ha Creato l'Essere Vivente.. E da allora non si è più fermato il Suo Cammino verso L'ONNIPOTENTE.
Adesso l'Umanità si trova a dover Trascendere secondo un preciso Piano Evolutivo..
Ma prima di tutto dovremo Liberarci dalla Schiavitù nei confronti del nostro Ego..
Molti sono i Reami.. Molti i Cosmi.. Molti gli Universi..Molte le Dimensioni..
Qui, dove ci troviamo ora, Concetti come quello della "Velocità della Luce" sono Concetti validi..
In altri Ambiti vigono Regole differenti..
Dove il Tempo è tranquillo e la Velocità della Luce si calma...
L'universo è molto più misterioso e complesso di quanto possiamo solo immaginare: ridurlo nelle formule di una scienza atrofizzata è deplorevole.
RispondiEliminaCiao
Io sono convinto che è di una complessità tale che se un uomo dovesse prenderne totale consapevolezza in qualsiasi momento, l'emozione lo ucciderebbe.
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