E’ recentemente stato pubblicato un saggio intitolato Sotto il velame. Dante fra universalità esoterica ed universalismo politico. Leggiamone la presentazione per poi riflettere su alcuni aspetti relativi alla funzione ideologica della “cultura” di regime.
“Dalle prime intuizioni di Ugo Foscolo ai fondamentali studi di Gabriele Rossetti, da Giovanni Pascoli a René Guénon, la problematica dell'ermeneutica dantesca è stata interpretata in termini iniziatici ed esoterici e in una prospettiva intellettuale più elevata, nonostante l'ostracismo della critica dantesca ufficiale. Il Collegio Mediolanum del Rito Simbolico Italiano, che ha curato la presente pubblicazione, ha voluto andare ancora una volta controcorrente e porre al centro dell'attenzione le opere degli autori menzionati, nell'intento di dare un contributo teso a rilanciare gli studi sui significati più profondi dell'opera dantesca, come si evince dai saggi di Piero Vitellaro Zuccarello e Luigi Della Santa. La questione della censura delle opere concernenti l'esoterismo di Dante si intreccia con la prolungata rimozione dal panorama culturale italiano della questione delle fonti islamiche della Divina Commedia, che ancora in certa misura persiste. Tale questione fu affrontata per la prima volta in modo magistrale da Asin Palacios e recentemente dall'italianista Maria Corti. In Italia una tale rimozione è durata più a lungo che in altri paesi, a causa di un becero nazionalismo e di un malinteso senso della "cattolicità" di Dante. Anche in tale campo si è voluto cercare di dare un contributo di conoscenza con gli interventi di Angelo Iacovella e Alessandro Grossato. Nel saggio di Grossato sono state anche esaminate le concezioni politiche universalistiche di Dante, poggianti sull'idea da lui propugnata di un impero universale spiritualmente legittimato, concezioni che si riscontrano sia nel ghibellinismo occidentale sia nell'Islam. Infine, Marco Vannini ha fornito un raffronto fra le prospettive di Dante e quelle del grande metafisico tedesco Meister Eckhart".
E' questa la recensione di un saggio che rivaluta l'approccio eterodosso alla Commedia. Credo che soffermarsi sull''ostracismo" che colpisce tutti gli esegeti non allineati ci dia l'opportunità per riflettere sulla dittatura "culturale" esercitata da potentati accademici, una tirannia che fa da pendant a quella politica che conculca la libertà di pensiero in questi tempi di ferro.
Ammettiamo pure, per assurdo, che "il poema sacro" sia una sorta di enciclopedia del cattolicesimo, come insegnano nei licei e nelle università, con qualche rarissima e commendevole eccezione. E' intollerabile, però, che Eco, Cardini e cariatidi simili deridano chiunque tenti di proporre, pur tra molte cautele, una lettura non convenzionale del capolavoro dantesco o di altre testimonianze culturali. Recentemente Cardini, in un suo anodino e frettoloso articolo sul Graal, ha creduto di ricondurre una tradizione tanto stratificata e densa di valori all'ortodossia essoterica, dove per ortodossia non saprei neanche che cosa si potrebbe intendere. Ortodossia rispetto a che cosa? E' forse l'ortodossia quel centone di dogmi, credenze, prescrizioni, interpretazioni... spesso in palese contraddizione tra loro agglutinatisi attorno al simbolo niceno? Il concetto comunque labile di ortodossia cambia con il tempo e con lo spazio: ma menti limitate come quelle di Cardini non possono comprendere certe sottigliezze.
L'atteggiamento di Cardini è simile allo stupro perpetrato da Benigni ai danni della Commedia, tanto più grave perché compiuto da un intellettuale. Passi, infatti, che il guitto toscano profani il sublime testo dantesco con le sue grullerie e con le sue piatte chiose, rispetto alle quali i discorsi da bar sono (non è un'iperbole) dottissime dissertazioni.
E', invece, scandaloso che Cardini si permetta di liquidare con molti luoghi comuni e con qualche frase ad effetto la questione del Graal, simbolo ricco di risonanze. Certamente è un'operazione ideologica, ossia il solito tentativo maldestro e sfacciato di normalizzare manifestazioni culturali insofferenti di semplicistici schemi esegetici, per ricondurle nell'alveo del cattolicesimo imperante. Tutto ciò consuona anche con un'assoluta incapacità della stragrande maggioranza degli interpreti di cogliere i significati simbolici e gli echi esoterici delle opere letterarie ed artistiche.
E' ottusità ed anche autocensura: non affermo che ricordare il criptotemplarismo e l'esoterismo di Dante sia come denunciare le scie chimiche, ma poco ci manca. Orde di barbari esegeti, con tanto di credenziali accademiche, sono pronti ad assaltare l'incauto. Celestino V era legato ai Templari. E' assodato. Celestino V non è colui che "per viltade fece il gran rifiuto". E'assodato. L'Alighieri era vicino agli ideali del Templarismo (Si veda anche La lupa del Purgatorio). Eppure chi ricorda l'eccentricità del "Ghibellin fuggiasco" rispetto all'"ortodossia", è subito considerato un blasfemo e denunciato al Tribunale della Santa Inquisizione.
sai che dico zret!sincronicità totale!
RispondiEliminavedere dante oscurato dai vaticanismi è davvero triste. e colui che fece il rifiuto non può essere certo celestino V, grande sapiente eremita, che tutto può essere tranne un ignavo.
tutto nasce sempre dal vaticano oscuro e tutto alla fine è riconducibile alla loro sete di potere/malvagità!
ma che comica: dante mise nell'inferno tanti di quei papi, e ora gli schiavi di satana cercano di farne un poetucolo cattolico!
le senti le mie risate?
come dice la pubblicità: toglietemi tutto, ma non il mio poeta ( templare)
ciao
"Il concetto comunque labile di ortodossia cambia con il tempo e con lo spazio"
RispondiEliminaL'ortodossia odierna più diffusa, a mio parere, è una chiave di lettura simile a quella dei testimoni di Geova. Alla lettera, eliminando in parte o totalmente ogni significato che implementa una traduzione con chiave filosofica o esoterica. Vedi le parabole e la Bibbia stessa, in ogi mano che sia passata ne mutava il senso ultimo.
Esempio pratico, ogni qual volta che leggiamo uno scritto di cui non gradiamo l'essenza o l'autore stesso, tendiamo a pripori a scartarlo, deriderlo, svalutarlo. Vedo molte critiche oggettive ma raramente obbiettive!!
Ad ognuno l'amore della propria ragione!!
ciao ciao
Grande post, di alto valore culturale e concettuale.
RispondiEliminaCavallereschi saluti.
Thomas von Keller
Parvatim, anche tu oggi hai citato Dante che NON era "un poetucolo cattolico". Che tristezza vederlo ridotto a catechista bigotto!
RispondiEliminaPoeta templare? Molto probabile.
Fenice, i Testimoni di Geova si ritengono custodi dell'ortodossia anch'essi, ma non sono molto diversi dalle chiese che essi criticano, oltre ad essere dei s...
Thomas, cavallereschi ringraziamenti.
Ciao a tutti.
Zret, posso solo complimentarmi, non all'altezza per un commento.
RispondiEliminaCiao a tutti
Zret, se ti senti affascinato da questo genere di argomenti e cioè dall'analisi degli scritti danteschi da un punto di vista esoterico e simbolico, troverai pan per i toui denti nel quasi esaustivo saggio lamendoliano che qui ti indico:
RispondiEliminahttp://www.juliusevola.it/documenti/template.asp?cod=621
Ben fatto devo dire anche se mi pare che il Lamendola sia essenzialmente un orecchiante e tutt'altro che un addetto ai lavori. Ma ti segnalo in proposito anche gli scritti del pitagorico fiorentino del Novecento Arturo Reghini, studi la cui importanza il Lamendola sembra trascurare.
Ciao Paolo, lessi l'articolo di Lamendola che è una piccola summa su Dante esoterico. Ho provveduto ad inserire il collegamento all'articolo per fornire un quadro più ampio del tema in oggetto.
RispondiEliminaCiao e grazie della preziosa segnalazione.
Ciao Freenfo, grazie!
"Il posto che Dante dà ai templari nella “Divina Commedia” mostra quale importanza avesse secondo lui l’Ordine nella vita politica del suo tempo. Dante, che ha attaccato così fieramente i francescani e i domenicani ed in generale i papi, la chiesa e il clero, non ha una sola parola contro i templari, anzi ne prende apertamente le difese; ed i templari, Filippo il Bello e Clemente V costituiscono grandissima parte della allegoria politica della Commedia. Per tutto il poema li tiene sempre presenti; inveisce contro il papa e contro Filippo ogni volta che ne ha l’occasione, invoca la vendetta di Dio contro di loro e nella grande visione finale del Purgatorio raffigura nella meretrice la Chiesa e nel gigante che delinque in sua compagnia Filippo. Clemente V ha il suo posto bello e pronto tra i simoniaci perché agì per denaro contro i templari, e, per vendicare la morte di J. de Molay bruciato vivo col capo in alto, Clemente è destinato ad andare a prendere il posto di Bonifacio e quindi a bruciare col capo all’ingiù: e farà quel d’Alagna esser più giusto". […]
RispondiEliminaA. Reghini