17 luglio, 2008

Terza dimensione

Si disquisisce spesso di quarta dimensione e di altri misteriosi livelli di realtà, dimenticando che anche la terza dimensione, la profondità, presenta lati interessanti da indagare. La profondità prospettica, lungi dall'essere inerente alle cose, è una creazione della mente e dell'occhio: è noto che i bimbi hanno una visione prevalentemente bidimensionale che progressivamente evolve in una tridimensionale. Gli oggetti distanti appaiono più piccoli rispetto a quelli vicini, mentre le linee convergono verso punti di fuga, a causa di un processo percettivo (mentale e retinico), ma anche culturale.

Non si può escludere che, esistendo un parallelismo tra sviluppo ontogenetico (dell'individuo) e storia filogenetica (dell'umanità come specie), gli uomini dell'antichità e del Medio evo tendessero a rappresentare la natura in modo tanto singolare all'occhio di noi contemporanei non solo a causa del rispetto di particolari codici iconografici, ma anche perché vedevano il reale in maniera non del tutto prospettica o, meglio, secondo una prospettiva di tipo differente da quella geometrica elaborata nel Rinascimento specialmente da Leon Battista Alberti e da Filippo Brunelleschi.

Ricordando che la percezione si situa in un punto di confluenza tra modelli psichici e culturali da un lato, (Vedi Percezione e realtà), fenomeno dall'altro, si comprende perché gli Egizi rappresentassero uomini e dèi con una molteplicità dei punti di vista (occhi e busto dipinti frontalmente, arti in movimento di lato), secondo un canone in parte ripreso dal Cubismo.

Si capisce anche per quale motivo l'arte medievale privilegiasse la prospettiva gerarchica in funzione ideologica, laddove l'arte rinascimentale si incentra su una raffigurazione con uno spazio scandito in piani geometrici di profondità, creando una dimensione mentale abbinata ad un'illusorietà realistica. Il realismo della pittura tra XVI E XVI secolo è spesso apparente, in quanto lontano dalla rappresentazione ottica degli antichi, scevra di fattori razionali, astratti. Ecco perché, ad esempio, le opere di Piero della Francesca, nel loro disegno delle cose e delle figure, si trasferiscono in un'atemporalità, in una dimensione sospesa, quasi irreale.

Mutatis mutandis, i videogiochi più avveniristici, per la verosimiglianza di immagini, movimenti, colori, ombreggiature..., tradiscono, nella loro esibizione di realismo, una fredda, astratta mancanza di naturalezza, per due ragioni principali. In primo luogo, i programmi che generano questi videogiochi definiscono una successione di piani geometrici-razionali, inoltre questi mirabolanti mondi virtuali stimolano ed enfatizzano solo il senso della vista, tra tutti i sensi il più mentale. Odori, sensazioni tattili e gustative sono assenti, mentre quelle acustiche sono appendici delle immagini.

La riflessione sulla tridimensionalità, oltre a rivelarne il carattere intellettuale, ci induce ad ipotizzare che la mente possa formarla sulla base di una storia archetipica, in correlazione ad istanze eterogenee (biologiche, percettive, ontologiche…).

Dunque forse non solo l'osservatore consente al fenomeno osservato di collassare in un particolare stato dell'essere, ma, nel momento in cui lo percepisce, lo plasma, secondo una peculiare modalità formale.


TANKER ENEMY TV: i filmati del Comitato Nazionale

Trattato di Lisbona: firma per chiedere il referendum

2 commenti:

  1. Può darsi allora che gli Antichi percepissero la realtà circostante con modalità leggermente diverse dalle nostre. Quindi non solamente la manifestazione è in continuo costante, anche se quasi impercettibile, mutamento ma anche la nostra facoltà di esperirla.
    Con il trascorrere dei secoli e dei millenni l'uomo ha subito le conseguenze della graduale, progressiva solidificazione della realtà ed è così diventato sempre più impermeabile alla intuizione di essenze e significati connessi a quanto lo circonda.

    Allora,in definitiva, è la mente che crea il mondo che muta insieme ad esso?

    RispondiElimina
  2. Sì, credo che, col passare dei secoli, la realtà fenomenica si sia sempre più addensata, solidificata, impedendo agli uomini di intuire il noumeno, quello che Bohme definisce l'ordine implicato che soggiace all'ordine esplicato.

    A mio parere, è la Mente a creare il mondo.

    Ciao

    RispondiElimina

ATTENZIONE! I commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.