Sino a pochi anni fa, le pitture del Paleolitico, le magnifiche opere che adornano le grotte preistoriche erano interpretate, secondo i soliti schemi dell'archeologia ufficiale. Nelle caverne si possono ammirare rappresentazioni di animali, strane figure antropozoomorfe, decorazioni geometriche dal significato oscuro.
L'area tipica di diffusione dell'arte rupestre è costituita dal territorio franco-cantabrico e dalle regioni mediterranee. Notevoli pure gli esempi africani ed americani. Singolari i graffiti australiani con figure "radiografate". All'inizio dell'Aurigniciano (periodo preistorico che va dal 32.000 al 26.000 a.C. circa), la pittura e l'incisione si espressero con profili ed impronte di mani; alla fine di questa stessa età si dipinsero profili di cavalli, cervi, bisonti, mammut.
L'arte del Magdaleniano (20.000-10.000 a.C.) privilegiò la raffigurazione di figure policrome o monocrome (con l'uso di ocre e manganese), con chiaroscuri e sfumature rese sapientemente.
Gli studiosi hanno interpretato graffiti e pitture della preistoria come raffigurazioni dallo scopo magico e propiziatorio: dovevano cioè assicurare il successo della caccia e la riproduzione della selvaggina. Rappresentando gli animali, gli uomini del Paleolitico, credevano di agire sul referente in modo simpatico. E' questa un'ipotesi forse verosimile, ma che non spiega il valore di altre figure, specialmente geometriche: molto spesso i rettangoli sono stati considerati erpici o poderi visti dall'alto, quantunque nel Paleolitico non si praticasse ancora l'agricoltura. Inoltre spesso gli animali delineati non erano quelli oggetto di caccia. Come considerare, poi, le strane icone metà uomo-metà animale e le creature grottesche?
Secondo la teoria Emperaire, i cavalli erano simboli della femminilità, i bufali della mascolinità. Tra tutte le supposizioni mi pare la più debole, poiché speculativa ed in quanto non rende conto di tutti gli altri soggetti.
Mortillet sostenne che le pitture rupestri sono un esempio di arte per l’arte.
Certi studiosi affermano, in realtà senza spiegare quasi nulla, che tali figurazioni possiedono valenze simboliche o totemiche.
Non si può escludere che alcuni complessi decorativi alludano a fenomeni astronomici o che rispecchino configurazioni celesti. Se ciò è vero, la presenza del Toro in alcune grotte, (si pensi al ciclo della caverna di Lascaux, in Dordogna) si potrebbe leggere come un riferimento all'età precessionale del Toro.
Recentemente è stata formulata dall’antropologo sudafricano Lewis-Williams la congettura che vede in molte figurazioni rupestri delle immagini entottiche, percepite cioè dalla mente in stati alterati di coscienza, stati ottenuti o con danze ipnotiche o con l'assunzione di sostanze psicoattive per lo più ricavate da funghi. Gli sciamani, caduti in trance, dipingevano le loro visioni nell'estasi. Gli stregoni forse accedevano a livelli di realtà normalmente non attingibili dai cinque sensi, come opina Hancock in Sciamani.
Rombi, cerchi, oggetti a forma di pettine, dischi... furono effigiati in molte spelonche dell'Europa centro-occidentale. Le raffigurazioni più singolari sono quelle dei Boscimani: essi tracciarono sulle pareti teriantropi, uomini feriti, antilopi volanti, donne con quattro dita. Sono anomalie difficili da spiegare: sono reperibili ancora oggi presso tribù dell’Africa australe lacerti di tradizioni che rimontano ad un contatto con esseri preternaturali, di solito in sembianze di serpenti o di insetti. Ad esempio, i San (Boscimani) venerano un dio creatore dal nome Kaggen che significa Mantide. Non è forse un caso se le visioni più frequenti nella trance si riferiscono a rettili, insetti e Grigi. Figure macrocefale con grandi occhi a mandorla sono istoriate in alcuni siti poco studiati: il “Grigio” di Junction Shelter ha capo grosso a pera e corpo sottile da cui si diramano braccia filiformi; il Grigio di Pech Zerle è una testa appena abbozzata.
Queste creature erano alieni, demoni, fantasmi della mente? Qual è la differenza, se sussiste? Sono domande cui è arduo rispondere, ma è evidente che l'arte preistorica, con i suoi conturbanti misteri, apre un varco verso dimensioni invisibili, quelle stesse dimensioni che, grazie ad alcuni orientamenti culturali contemporanei, cominciamo a recuperare dal limbo della superstizione dove, per molti secoli, sono stati relegate.
Fonti:
Enciclopedia dell’arte, Milano, 2005, s.v. Arte preistorica
G. Hancock, Sciamani, Milano, 2005
P. Kolosimo, Pianeta sconosciuto, Milano, 1958, 2008
Articolo correlato: Zret, Il mistero dei Liguri, 2007
L'area tipica di diffusione dell'arte rupestre è costituita dal territorio franco-cantabrico e dalle regioni mediterranee. Notevoli pure gli esempi africani ed americani. Singolari i graffiti australiani con figure "radiografate". All'inizio dell'Aurigniciano (periodo preistorico che va dal 32.000 al 26.000 a.C. circa), la pittura e l'incisione si espressero con profili ed impronte di mani; alla fine di questa stessa età si dipinsero profili di cavalli, cervi, bisonti, mammut.
L'arte del Magdaleniano (20.000-10.000 a.C.) privilegiò la raffigurazione di figure policrome o monocrome (con l'uso di ocre e manganese), con chiaroscuri e sfumature rese sapientemente.
Gli studiosi hanno interpretato graffiti e pitture della preistoria come raffigurazioni dallo scopo magico e propiziatorio: dovevano cioè assicurare il successo della caccia e la riproduzione della selvaggina. Rappresentando gli animali, gli uomini del Paleolitico, credevano di agire sul referente in modo simpatico. E' questa un'ipotesi forse verosimile, ma che non spiega il valore di altre figure, specialmente geometriche: molto spesso i rettangoli sono stati considerati erpici o poderi visti dall'alto, quantunque nel Paleolitico non si praticasse ancora l'agricoltura. Inoltre spesso gli animali delineati non erano quelli oggetto di caccia. Come considerare, poi, le strane icone metà uomo-metà animale e le creature grottesche?
Secondo la teoria Emperaire, i cavalli erano simboli della femminilità, i bufali della mascolinità. Tra tutte le supposizioni mi pare la più debole, poiché speculativa ed in quanto non rende conto di tutti gli altri soggetti.
Mortillet sostenne che le pitture rupestri sono un esempio di arte per l’arte.
Certi studiosi affermano, in realtà senza spiegare quasi nulla, che tali figurazioni possiedono valenze simboliche o totemiche.
Non si può escludere che alcuni complessi decorativi alludano a fenomeni astronomici o che rispecchino configurazioni celesti. Se ciò è vero, la presenza del Toro in alcune grotte, (si pensi al ciclo della caverna di Lascaux, in Dordogna) si potrebbe leggere come un riferimento all'età precessionale del Toro.
Recentemente è stata formulata dall’antropologo sudafricano Lewis-Williams la congettura che vede in molte figurazioni rupestri delle immagini entottiche, percepite cioè dalla mente in stati alterati di coscienza, stati ottenuti o con danze ipnotiche o con l'assunzione di sostanze psicoattive per lo più ricavate da funghi. Gli sciamani, caduti in trance, dipingevano le loro visioni nell'estasi. Gli stregoni forse accedevano a livelli di realtà normalmente non attingibili dai cinque sensi, come opina Hancock in Sciamani.
Rombi, cerchi, oggetti a forma di pettine, dischi... furono effigiati in molte spelonche dell'Europa centro-occidentale. Le raffigurazioni più singolari sono quelle dei Boscimani: essi tracciarono sulle pareti teriantropi, uomini feriti, antilopi volanti, donne con quattro dita. Sono anomalie difficili da spiegare: sono reperibili ancora oggi presso tribù dell’Africa australe lacerti di tradizioni che rimontano ad un contatto con esseri preternaturali, di solito in sembianze di serpenti o di insetti. Ad esempio, i San (Boscimani) venerano un dio creatore dal nome Kaggen che significa Mantide. Non è forse un caso se le visioni più frequenti nella trance si riferiscono a rettili, insetti e Grigi. Figure macrocefale con grandi occhi a mandorla sono istoriate in alcuni siti poco studiati: il “Grigio” di Junction Shelter ha capo grosso a pera e corpo sottile da cui si diramano braccia filiformi; il Grigio di Pech Zerle è una testa appena abbozzata.
Queste creature erano alieni, demoni, fantasmi della mente? Qual è la differenza, se sussiste? Sono domande cui è arduo rispondere, ma è evidente che l'arte preistorica, con i suoi conturbanti misteri, apre un varco verso dimensioni invisibili, quelle stesse dimensioni che, grazie ad alcuni orientamenti culturali contemporanei, cominciamo a recuperare dal limbo della superstizione dove, per molti secoli, sono stati relegate.
Fonti:
Enciclopedia dell’arte, Milano, 2005, s.v. Arte preistorica
G. Hancock, Sciamani, Milano, 2005
P. Kolosimo, Pianeta sconosciuto, Milano, 1958, 2008
Articolo correlato: Zret, Il mistero dei Liguri, 2007
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