02 ottobre, 2008

La descrizione della Liguria in Rutilio Namaziano

Claudio Rutilio Namaziano è poeta latino di origine gallica. Nativo probabilmente di Tolosa, figlio di un alto funzionario imperiale, intraprese la carriera amministrativa sino a diventare praefectus urbi nel 414 d.C. Negli anni seguenti, però, dovette lasciare Roma per tornare nella sua terra invasa dai Vandali. Tale viaggio, compiuto per mare, a causa delle pessime condizioni della Via Aurelia e della Via Iulia Augusta, dopo il passaggio dei Visigoti, viaggio intervallato da numerosi scali, viene ripercorso nel De reditu suo, poemetto in distici elegiaci che si interrompe al verso 68 del libro II con l'arrivo a Luni. Recentemente sono stati scoperti dei magri frammenti riferiti alla Liguria, con la prosecuzione della traversata fino ad Albenga.

Pregevole per nitore espressivo è la raffigurazione del Mar Ligure e della Lunigiana che l'autore dipinge con tocchi leggiadri e sapienti, sebbene non privi di un certo artificio.

L'acqua tranquilla ci sorride, mentre i raggi del sole la increspano e l'onda solcata dalla nave mormora con un lieve suono. Cominciano ad apparire le cime dell'Appennino, nella direzione in cui Teti freme respinta da un monte elevato. [...] Siamo giunti con veloce movimento a candide mura; dà nome al luogo la scintillante sorella del Sole. La pietra con i suoi massi supera i gigli ridenti e sfolgora di una lucentezza dipinta. La terra, ricca di marmi, superba chiama a gareggiare in splendore le nevi immacolate.

I versi tratteggiano uno scenario rasserenante e radioso, in cui la prosopopea dell'acqua che sorride, la luminosità del paesaggio stridono con la triste temperie storica, motivo del viaggio. In questo brano l'autore raffigura con maestria i luoghi in cui sorgeva l'antica Luna (evocata attraverso una preziosa perifrasi), lambita dal mare designato con l'antonomasia "Teti", mentre sullo sfondo si adergono le Alpi Apuane corrusche di marmi. L'immagine dei gigli e quella della neve accrescono il senso di lucore quasi abbacinante dell'alata descrizione.

Più corposi i versi dedicati a Genova.

Lì, come è uso a Genova sia riposto il frumento, si ergono contro i venti di Noto forieri di pioggia sicuri granai e vigile presidia i quartieri invernali della Liguria il soldato che porta una scrofa come insegna sul lanoso scudo. Siamo accolti nell'osteria: la generosa padrona serve a tavola, mentre un focolare dalle fiamme flessuose è acceso sotto un gran pentolone. L'ostessa ci offre del vino a prezzo non modico e l'orcio traboccante spande il suo liquido, emanando un gradevole profumo.

Genova è rappresentata in modo realistico con le nubi imbrifere portate dai venti del Nord e con l'interno della taverna, tiepida per il fuoco acceso, in cui l'ostessa mesce del vino dal sentore piacevole. Il poeta non rinuncia, pur all'interno di un quadro realistico, all'elegante metafora delle fiamme flessuose.

L'ultimo lacerto ligure è dedicato alla descrizione delle mura che cingono Albenga enfaticamente paragonate a quelle di Tebe, di Atene e di Troia. Segue uno sperticato e poco opportuno panegirico del console Costanzo, cui si deve la costruzione della cinta muraria.

Questa è la Liguria tratteggiata dall’autore latino, una Liguria naturalmente molto diversa da quella attuale, come è facile immaginare…

Fonti:

Posidonio, Strabone, Crinagora, Rutilio Namaziano, Ligustica itinera, Bordighera, 1994
Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2005, s.v. Rutilio Namaziano



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2 commenti:

  1. Davvero belli i versi di Rutilio Namaziano da te riportati. Non era dunque costui poeta d'accatto nonostante il manierismo dovuto all'imitazione dei modelli antichi.
    E lo trovo preferibile alla stragrande maggioranza dei poeti moderni e contemporanei.

    Di Rutilio di solito viene ricordata la descrizione che egli fece degli asceti cristiani scorti sulle coste dell'isola di Capraia e che egli equiparava al rango di animali.
    Strana malattia dell'anima quella dell'ascetismo cristiano. Malattia fatta di assurde esagerazioni, di fanatismi impensabili,di follie innominabili ed il tutto in spregio alle piccole gioie della vita ed alle bellezze della Natura in nome non si saprebbe di quale astratto ideale.

    Molto più sano invece lo spirito del Paganesimo, spirito che trasuda dalla poesia che produssero i suoi Vati e qui esemplificata dai bei versi or ora riemersi dalle nebbie dell'oblio.

    Ciao e complimenti per il post.

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  2. Ciao Paolo, sono lieto che tu abbia apprezzato i versi di Rutilio Namaziano. Talvolta siamo così assediati dall'orrore che ci dimentichiamo che in qualche angolo esiste ancora la bellezza.

    Se non erro, l'autore definisce gli asceti della Capraia "lucifugi viri". Egli, da intellettuale conservatore, reputava il Cristianesimo e l'imbarbarimento dell'esercito romano mali assoluti per l'Urbe. Ingeneroso il suo atteggiamento nei confronti di Stilicone che fu generale valoroso e fedele, ma Rutilio non era scevro di qualche pregiudizio.

    Sarebbe un bel colpo di fortuna reperire altri lacerti del poemetto, sulla Liguria e la Gallia per vedere come il poeta dipingeva Albintimilium, Nikaia ed altri municipi e città.

    Esistono oggi autori che manifestano un amore così caloroso per la Natura e per le gioie della vita?

    Si dice che il vino ligure fosse molto aspro e corposo.

    Ciao e grazie.

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