09 dicembre, 2008

Disindentificazione

Siamo eccessivamente identificati nei nostri ruoli, anche quando non sono per nulla invidiabili. Continuiamo a discutere delle circostanze e delle "prospettive" che riguardano il nostro lavoro, come se la vita fosse tutt'uno con la sequela insulsa di incombenze e mansioni che ciascuna professione implica.

Tra cadute, sogni impossibili, ripetizioni del già noto, siamo identificati nelle nostre parti di uomini o donne, padri, madri, mariti, mogli, figli... ma non siamo noi quei ruoli che sono solo involucri, gusci di cicala.

Non più: ora non ci identifichiamo più con queste povere forme o con il corpo. Noi non siamo quel corpo, peso inconsistente. Ci allontaniamo da queste misere parvenze, come un'aquila che, abbandonato il nido tra le vette solitarie, plana nell'azzurro e poi ascende verso lo spazio, fino a quando la terra diventa uno smeraldo incastonato nel blu profondo e glaciale del cosmo.

E' finito tutto quanto: resta solo il pensiero, questa specie di materia esotica, da cui tutto origina. Ancora un po' e troveremo il modo per spegnere anche la mente, per sciogliere l'ultimo residuo dell'io, come perla nell'elisir. Ora evapora l'ultima immagine, si diluisce l'ultima sensazione di essere, l'illusione dell'esistenza. Nulla più ci sfiora: anche il Male è solo il vago, evanescente ricordo di un incubo che si perde tra le volute vellutate dell'oblio.

E' tutto finito: finalmente rifluiamo nel nulla, come una piccola fiamma di una candela che, vacillando per il vento, langue e muore.

Non siamo mai esistiti, se non nell'inganno delle apparenze. Non esisteremo più.

Articolo correlato: F. Lamendola, Il segreto è spalancare porte sull'infinito quando sembra di essere giunti in un vicolo cieco, 2008



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4 commenti:

  1. Sì, certo: siamo agganciati alla nozione di 'io sono il tale qui ed ora', ma basta poco perchè l'identificazione svanisca o salti addirittura.

    Una assunzione eccessiva di alcool durante una cena e per qualche attimo capisci che è tutta, non dico una finzione, ma un che di abbastanza labile, di convenuto.

    Se poi uno volesse provare sostanze più potenti dell'alcool quali la dietilamide dell'acido lisergico oppure l'ayahuasca, la consapevolezza di trovarci di fronte ad un io fasullo sarebbe, immagino, molto più acuta ed evidente. Anche se non intendo, per quanto mi riguarda, minare anche solo per pocohe ore le fondamenta di una coscienza illusoria che mi sono edificato con tanta fatica.

    Nel tuo artiolo richiami poi l'ultimo stadio di quella che è la lotta al mentale, vale a dier la sua abolizione che avverebbe nel meditante allorchè questi si identifica con il Principio supremo, in altri termini con l'Assoluto. Ma trattasi di realizzazione estrema che a noi interessa solamete sulla carta.

    Il titolo dell'articolo di F. Lamendola richiama la soluzione di 'spalancare le porte sull'infinito quando sembra di essere giunti in un vicolo cieco', praticamente quello che in inglese si definisce 'loose ends'.
    Spiacente, caro Lamendola, mi sono ritrovato in un vicolo cieco quarant'anni fa ma non mi si è mai spalancato nulla.
    Tuffati tu per me, se ne sei capace (o se sei bravo).

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  2. Buona cosa è la dimenticanza!
    Altrimenti come farebbe
    il figlio ad allontanarsi dalla madre
    -- che lo ha allattato?
    Che gli ha dato la forza delle membra
    e lo trattiene per metterlo alla prova?

    Oppure come farebbe l'allievo ad abbandonare
    -- il maestro
    che gli ha dato il sapere?
    Quando il sapere è dato
    l'allievo deve mettersi in cammino.

    Nella casa vecchia
    prendono alloggio i nuovi inquilini.
    Se vi fossero rimasti quelli che l'hanno
    -- costruita
    la casa sarebbe troppo piccola.

    La stufa riscalda. Il fumista
    non si sa più chi sia. Laratore
    non riconosce la forma di pane.

    Come si alzerebbe l'uomo al mattino
    senza l'oblio della notte che cancella le tracce?
    Chi è stato sbattuto a terra sei volte
    come potrebbe risollevarsi la settima
    per rivoltare il suolo pietroso,
    per rischiare il volo nel cielo?

    La fragilità della memoria
    dà forza agli uomini.

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  3. Ho inserito in calce il collegamento all'articolo del Prof. Lamendola, articolo che funge da contrappunto screziato di luce, in contrasto con il velluto nero della mia riflessione.

    Ahimè spesso si finisce in un cul de sac e, se si intravede uno spiraglio lassù, non si sa come aggrapparsi alla parete per uscire alla luce. La compagnia di un ragno rende meno dolorosa la cattività.

    L'oblio è fratello del nulla, scaturigine cui anela l'io. Nel sonno si perviene alla soglia: al presente atemporale, allo spazio senza dimensioni, alla vita dell'istante che non è esistenza.

    Ciao e grazie.

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  4. "O Pandava! Colui che non aborrisce la presenza dei guna - (e dei loro effetti): illuminazione, attività e ignoranza - né deplora la loro assenza;

    "Che rimane indifferente e non turbato dalle tre qualità - realizzando che esse soltanto operano nella creazione; con la mente che non oscilla, ma sempre centrata nel Sé;

    "Uguale nel piacere e nel dolore, nella lode e nel biasimo - ben saldo nella sua natura divina; guardando con occhio equanime un pezzo di terra, una pietra e l'oro; uguale nella sua attitudine verso (persone ed esperienze) piacevoli e spiacevoli; fermo di mente;

    "Uguale nell'onore e nel disonore; trattando allo stesso modo l'amico e il nemico; abbandonata ogni illusione di essere la persona che agisce - questi è colui che ha trasceso le tre qualità!

    "Chi Mi serve con ferma devozione trascende i guna ed è qualificato a diventare Brahman.

    "Poiché Io sono la base dell'Infinito, Immortale e Immutabile; e dell'eterno Dharma e della Beatitudine Assoluta".

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