In un celebre racconto, Luigi Pirandello ripercorre le ultime ore di un moribondo e, con magistrale capacità evocativa, descrive le sensazioni che provano coloro che compiono i cosiddetti viaggi astrali e le esperienze di pre-morte. Arduo stabilire se l'autore siciliano avesse conosciuto esperienze di sdoppiamento che ha poi trasfigurato nella sua narrazione o se l'itinerario delineato del doppio che sguscia via dal corpo per perdersi nel respiro della vita universa sia un'intuizione dell'artista. Comunque sia, lo scrittore palesa una particolare sensibilità nell'approccio ad una dimensione liminale. Leggiamo alcuni passaggi del testo che evidenziano la somiglianza con le out of body experiences (O.O.B.E.)
"S'è liberato nel sonno, non sa come: forse come quando s'affonda nell'acqua, che si ha la sensazione che poi il corpo riverrà su da sé, e su invece riviene solamente la sensazione, ombra galleggiante del corpo rimasto giú. Dormiva e non è piú nel suo corpo; non può dire che si sia svegliato; e in che cosa ora sia veramente, non sa; è come sospeso a galla nell'aria della sua camera chiusa.
Alienato dai sensi, ne serba piú che gli avvertimenti il ricordo, com'erano; non ancora lontani ma già staccati: là l'udito, dov'è un rumore anche minimo nella notte; qua la vista, dov'è appena un barlume; e le pareti, il soffitto (come di qua pare polveroso) e giú il pavimento col tappeto e quell'uscio e lo smemorato spavento di quel letto col piumino verde e le coperte giallognole, sotto le quali s'indovina un corpo che giace inerte [...]
Ma dopo tutto, ora s'è liberato e prova per quel suo corpo là, più che antipatia, rancore. Veramente non vide mai la ragione che gli altri dovessero riconoscere quell'immagine come la cosa più sua. Non era vero. Non è vero. Lui non era quel suo corpo; c'era anzi così poco; era nella vita lui, nelle cose che pensava, che gli s'agitavano dentro, in tutto ciò che vedeva fuori senza più vedere sé stesso. Case strade cielo. Tutto il mondo.
Già, ma ora, senza più il corpo, è questa pena ora, è questo sgomento del suo disgregarsi e diffondersi in ogni cosa, a cui, per tenersi, torna a aderire ma, aderendovi, la paura di nuovo, non d'addormentarsi, ma del suo svanire nella cosa che resta là per sé, senza più lui: oggetto: orologio sul comodino, quadretto alla parete, lampada rosea sospesa in mezzo alla camera.Lui è ora quelle cose; non più com'erano, quando avevano ancora un senso per lui; quelle cose che per sé stesse non hanno alcun senso e che ora dunque non sono più niente per lui. E questo è morire.[...]
Sparire.
Sorpresa che si fa, di mano in mano, più grande, infinita: l'illusione dei sensi, già sparsi che, a poco a poco, si svuota di cose che pareva ci fossero e che invece non c'erano; suoni, colori, non c'erano; tutto freddo, tutto muto; era niente; e la morte, questo niente della vita com'era. Quel verde... Ah come, all'alba, lungo una proda, volle esser erba lui, una volta, guardando i cespugli e respirando la fragranza di tutto quel verde così fresco e nuovo! Groviglio di bianche radici vive abbarbicate a succhiar l'umore della terra nera. Ah come la vita è di terra e non vuol cielo, se non per dare respiro alla terra! Ma ora lui è come la fragranza di un'erba che si va sciogliendo in questo respiro, vapore ancora sensibile che si dirada e vanisce, ma senza finire, senz'aver più nulla vicino; sì, forse un dolore; ma se può far tanto ancora di pensarlo, è già lontano, senza più tempo, nella tristezza infinita d'una così vana eternità".
La sensazione di staccarsi dal proprio involucro fisico, mentre il ka galleggia, fluttua nell'aria; il cambio di prospettiva per cui il morente osserva il corpo che giace sul letto; l'alterazione delle percezioni; il senso di estraneità rispetto alle proprie spoglie sono altrettanti aspetti rintracciabili, con sfumature ed interpretazioni differenti secondo la persona, sia nelle O.O.B.E. sia nelle Near death experiences.
Pirandello, fedele alla sua poetica disincantata, non ode nel viaggio oltre la soglia della realtà fisica, alcuna eco spirituale, non è scosso da un brivido metafisico, ma ripiega, insieme con il protagonista con cui si immedesima tramite l'ottica interna, in nuclei riflessivi di dolente bellezza, sulle cose, attratto dai loro colori profumati (l'erba, il geranio che s'accende di luce nella sera), dalla linfa della vita che scorre nelle vene dei suoni. La morte, raffigurata come un lento, oblioso sprofondare nel nulla, mentre pallide dita scivolano disperate sull'ultimo simulacro del reale, è svuotamento di identità, lontananza dal tempo, "nella tristezza infinita d'una così vana eternità."
Tra cose insensate ed inutile eternità sembra consumarsi il percorso degli uomini; resta il fuoco del geranio che divampa nel golfo ombroso del crepuscolo.
"S'è liberato nel sonno, non sa come: forse come quando s'affonda nell'acqua, che si ha la sensazione che poi il corpo riverrà su da sé, e su invece riviene solamente la sensazione, ombra galleggiante del corpo rimasto giú. Dormiva e non è piú nel suo corpo; non può dire che si sia svegliato; e in che cosa ora sia veramente, non sa; è come sospeso a galla nell'aria della sua camera chiusa.
Alienato dai sensi, ne serba piú che gli avvertimenti il ricordo, com'erano; non ancora lontani ma già staccati: là l'udito, dov'è un rumore anche minimo nella notte; qua la vista, dov'è appena un barlume; e le pareti, il soffitto (come di qua pare polveroso) e giú il pavimento col tappeto e quell'uscio e lo smemorato spavento di quel letto col piumino verde e le coperte giallognole, sotto le quali s'indovina un corpo che giace inerte [...]
Ma dopo tutto, ora s'è liberato e prova per quel suo corpo là, più che antipatia, rancore. Veramente non vide mai la ragione che gli altri dovessero riconoscere quell'immagine come la cosa più sua. Non era vero. Non è vero. Lui non era quel suo corpo; c'era anzi così poco; era nella vita lui, nelle cose che pensava, che gli s'agitavano dentro, in tutto ciò che vedeva fuori senza più vedere sé stesso. Case strade cielo. Tutto il mondo.
Già, ma ora, senza più il corpo, è questa pena ora, è questo sgomento del suo disgregarsi e diffondersi in ogni cosa, a cui, per tenersi, torna a aderire ma, aderendovi, la paura di nuovo, non d'addormentarsi, ma del suo svanire nella cosa che resta là per sé, senza più lui: oggetto: orologio sul comodino, quadretto alla parete, lampada rosea sospesa in mezzo alla camera.Lui è ora quelle cose; non più com'erano, quando avevano ancora un senso per lui; quelle cose che per sé stesse non hanno alcun senso e che ora dunque non sono più niente per lui. E questo è morire.[...]
Sparire.
Sorpresa che si fa, di mano in mano, più grande, infinita: l'illusione dei sensi, già sparsi che, a poco a poco, si svuota di cose che pareva ci fossero e che invece non c'erano; suoni, colori, non c'erano; tutto freddo, tutto muto; era niente; e la morte, questo niente della vita com'era. Quel verde... Ah come, all'alba, lungo una proda, volle esser erba lui, una volta, guardando i cespugli e respirando la fragranza di tutto quel verde così fresco e nuovo! Groviglio di bianche radici vive abbarbicate a succhiar l'umore della terra nera. Ah come la vita è di terra e non vuol cielo, se non per dare respiro alla terra! Ma ora lui è come la fragranza di un'erba che si va sciogliendo in questo respiro, vapore ancora sensibile che si dirada e vanisce, ma senza finire, senz'aver più nulla vicino; sì, forse un dolore; ma se può far tanto ancora di pensarlo, è già lontano, senza più tempo, nella tristezza infinita d'una così vana eternità".
La sensazione di staccarsi dal proprio involucro fisico, mentre il ka galleggia, fluttua nell'aria; il cambio di prospettiva per cui il morente osserva il corpo che giace sul letto; l'alterazione delle percezioni; il senso di estraneità rispetto alle proprie spoglie sono altrettanti aspetti rintracciabili, con sfumature ed interpretazioni differenti secondo la persona, sia nelle O.O.B.E. sia nelle Near death experiences.
Pirandello, fedele alla sua poetica disincantata, non ode nel viaggio oltre la soglia della realtà fisica, alcuna eco spirituale, non è scosso da un brivido metafisico, ma ripiega, insieme con il protagonista con cui si immedesima tramite l'ottica interna, in nuclei riflessivi di dolente bellezza, sulle cose, attratto dai loro colori profumati (l'erba, il geranio che s'accende di luce nella sera), dalla linfa della vita che scorre nelle vene dei suoni. La morte, raffigurata come un lento, oblioso sprofondare nel nulla, mentre pallide dita scivolano disperate sull'ultimo simulacro del reale, è svuotamento di identità, lontananza dal tempo, "nella tristezza infinita d'una così vana eternità."
Tra cose insensate ed inutile eternità sembra consumarsi il percorso degli uomini; resta il fuoco del geranio che divampa nel golfo ombroso del crepuscolo.
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Pagina davvero bella questa di Pirandello e che non conoscevo. Grandissimo prosatore, non c'è che dire.
RispondiEliminaDi due cose l'una: o lui stesso si dilettava di tecniche di sdoppiamento astrale oppure qualcuno che ha vissuto tale esperienza gliel'ha raccontata con dovizia di particolari.
Tuttavia secondo me tale descrizione assomiglia più ad una OOBE che non ad una NDE. Da quel che si legge nelle descrizioni di quest'ultime, dopo che l'anima s'è liberata dal fardello fisico ed è venuta a trovarsi come sospesa nell'ambiente circostante, compare spesso il famoso tunnel che conduce il doppio del moribondo verso un mondo materiato di luce e nel quale incontra parenti ed amici deceduti o addirittura figure angeliche che gli vengono incontro. Avverte spesso anche canti, suoni e prova sensazioni intime magari dell'infanzia che credeva smarrite per sempre.
Ma naturalmente posso sbagliarmi. La conclusione ovvia che traiamo dalla lettura di questa pagina è che l'Autore aveva in qualche modo trasceso, pur se solo momentaneamente, la coscienza profana riflessa nonchè le modalità abituali di esperire il proprio corpo e la propria interiorità. Per quanto al di fuori di qualsiasi scelta confessionale od attitudine devozionale, Pirandello si stava forse incamminando verso una palingenesi della coscienza.
Forse Pirandello riprese, trasfigurandole, antiche tradizioni su queste esperienze "metafisiche" già descritte da Platone nel cosiddetto mito di Er oppure visse uno sdoppiamento spontaneo, fenomeno meno raro di quanto si pensi fino a 35 anni di età circa.
RispondiEliminaIl pensiero va anche al celebre quadro di Bosch in cui è raffigurato un tunnel luminoso nel quale si affollano varie figure.
Qualcuno ha varcato, anche solo per qualche istante, la soglia?
Ciao e grazie.
Si...Zret la soglia è stata varcata ma è una soglia individuale e soggettiva.
RispondiEliminaOgnuno deve viverla da sè e semmai ricordare.
La morte come la vita non è mai uguale a sè stessa
La cosa che "umanamente" può offrire un seppur pallido riflesso comprensibile intersoggettivamente
è questo video e questa canzone
http://it.youtube.com/watch?v=sVZsei5rHZ4
Ma è molto, molto di più.
Non si può descrivere l'Ein Sof.
Anche il Timore e Amore che in Lui sono uniti in un abbraccio indissolubile appaiono troppo umani e relativi per fermare la Sua Totalità Creatrice.
Per fortuna ci sono dolcissime tappe intermedie dove l'anima ancora condizionata può ristorarsi nella Bellezza senza troppo inquietarsi.
Bellissime le parole e l'arte narrativa di Pirandello
Ciao Timor, ti rispondo dopo, perché ora non posso (Sagunto).
RispondiEliminaIntanto grazie.
Da un grande Maestro
RispondiEliminaGuardate i suoi occhi e il suo sorriso, il Cristo-Logos parla attraverso
http://it.youtube.com/watch?v=P782Mbc1u4o
Eppure le domande sono inevitabili nella splendida illusione della temporalità
Si dice che il testo della canzone di Celentano sia stato dettato da Lucio Battisti.
RispondiEliminaTimor, chissà qual è il disegno...
Le domande echeggiano e, come risposte, sovente riportano echi di sé stesse.
Ciao
Il disegno per fortuna non può essere inteso dalla linearità della mente.
RispondiEliminaMa so per certo che la tela si chiama Amore
E un altro grande maestro, questa volta italiano, ce l'ha insegnato secoli or sono
O luce etterna che sola in te sidi,
sola t'intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,
dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige
per che 'l mio viso in lei tutto era messo.
Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond' elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.
Più chiaro di così non penso si possa esprimere ;-)
Ciao
dentro da sé, del suo colore stesso,
RispondiEliminami parve pinta de la nostra effige:
per che 'l mio viso in lei tutto era messo
Chissà poi perchè hanno sempre sorvolato su questa fondamentale terzina ;-)
Siamo tutti espressioni particolari dell'Uno, cioè figli prediletti del Dio vivente.
Al di là della forma e dei contenuti, siamo e saremo sempre la stessa essenza.
La coscienza è una così come unico è cielo dove volano gli uccelli e transitano le nubi
Zret se non ti schifano i cartoni animati in questo meraviglioso anime è ben spiegato com'è entrare dentro al Minestrone di Dio.
RispondiEliminahttp://it.youtube.com/watch?v=USoHuxINquE
http://it.youtube.com/watch?v=MCCLT_cLTC8&NR=1
Offre anche un ottimo finale psicologico
http://it.youtube.com/watch?v=t4yEbs9hkh4
Ciao