Possiamo considerare Paolo di Tarso un personaggio realmente esistito? In assenza di reperti archeologici (come epigrafi o busti) o testimonianze di autori extra-cristiani che si riferiscano direttamente alla vita ed all'operato di Paolo, la sua esistenza storica è meramente ipotetica. Sul cosiddetto apostolo dei Gentili, sono pullulate le congetture più disparate: tralasciando quegli studiosi che lo considerano una costruzione ideologica, ricorderemo che qualcuno lo ha identificato con Apollonio di Tiana (in effetti, la regione di provenienza ed i viaggi del Cristo pagano ricordano da vicino il milieu culturale e gli itinerari di Paolo; negli Atti è citato anche Damis, un personaggio che porta lo stesso nome del discepolo di Apollonio), altri con un falso discepolo di Gesù (Pincherle), altri con l'Uomo di menzogna (Eisenman), altri con un provocatore alle dipendenze dei Romani, altri con il vero fondatore del Cristianesimo (Calimani et al.) etc. Quasi tutti i biblisti cristiani vedono in lui l'interprete fedele del Vangelo predicato da Cristo.
Secondo la tradizione, nel 38 d.C. circa, sulla via verso Damasco, visse un'esperienza straordinaria (Atti 9, 4) che intese come apparizione del Cristo risorto. Questa esperienza lo condusse ad avvicinarsi alla comunità impropriamente definita giudeo-cristiana, ma subito occorre chiarire che la conversione sulla strada di Damasco è un non-senso, se si pensa alla città della Siria: infatti Damasco è il nome esoterico della comunità qumranita. Ciò dà la misura di un contatto con il magistero degli Esseni (o chi per loro), stranamente assenti nei Vangeli canonici.
Dopo essersi persuasi che Paolo o non esistette o non fu il personaggio dipinto in modo agiografico negli Atti, il rischio è quello di ignorare il corpus delle lettere a lui attribuite (di alcune è esclusa la sua paternità, anche per opera di biblisti cattolici, ortodossi ed evangelici), disdegnando le epistole come anticaglie catechistiche. A mio parere, le lettere attribuite al Tarsiota sono un mélange al cui nucleo originario sapienziale, si agglutinarono poi dottrine eterogenee di ascendenza ebraica ed ellenistica, con spiccati tratti soteriologici. Lo stesso bigottissimo Ernesto Buonaiuti ammette che Paolo deve essere considerato il primo gnostico, salvo poi erigere un muro invalicabile tra Paolo e le multiformi correnti gnostiche, diffamate in modo indiscriminato.
Indubbiamente l'autore che scrisse: "Nessuno degli Arconti di questo mondo ha potuto conoscere la nostra Sapienza: se l'avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (I Corinzi 2: 8) nonché: "La nostra lotta non è contro la carne ed il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori (Arconti) di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell’aria". (Efesini 6. 12 ) fu uomo che concepì una battaglia cosmica e metafisica tra la Luce e le Tenebre.
Inoltre, benché Paolo sia estraneo alle concezioni filosofiche imperniate sulla contrapposizione di anima e corpo, quando menziona il "corpo glorioso" sembra evocare un soma purificato dalle scorie terrene ed arcontiche. Non coincide forse con l' anima, ma le somiglia non poco. D'altronde la resurrezione della carne non può essere intesa in modo letterale e grossolano, ma come il dono di un corpo incorruttibile e "sottile". Il Nostro non considera la condizione dell'uomo dopo la morte, come in generale era trascurata nell'Ebraismo, ma vive in un'attesa apocalittica comune ad altre comunità del I sec. d.C: si pensi agli Ebioniti.
La dottrina della resurrezione è abbinata al rapimento nella Prima lettera ai Tessalonicesi 4, 15-7, dove si legge: "Vi diciamo questo nella parola del Signore, che noi i viventi, i rimasti sino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati: il Signore stesso, con grido, voce di Arcangelo e tromba di Dio, scenderà dal cielo e prima risorgeranno i morti in Cristo, poi i viventi, i rimasti verremo rapiti insieme con loro, nelle nubi, ad incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore".
In questo passo, la risurrezione dei morti (credenza probabilmente di origine persiana poi permeata in alcune sette ebraiche, quindi mutuata da Cristianesimo ed Islam) è evocata, ma non è definita in termini coincidenti con una rigenerazione del soma.
Quello che più interessa, nell'ambito di queste frammentarie note, è cercare di comprendere in che cosa consista la salvezza per gli uomini. Paolo la affida a Cristo, impegnato in una missione salvifica: "Con Cristo, Dio Padre ha dato la vita anche a voi, perdonando tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito le cui condizioni erano sfavorevoli. Cristo ha eliminato il debito, inchiodandolo alla croce, avendo privato della loro forza gli Arconti." (Lettera ai Colossesi). Qui è palese che l'autore non pensa al Gesù storico, ma ad un Essere la cui azione è metastorica. La stessa croce è il legno di un supplizio reale o piuttosto il sacrificio della discesa nel mondo e nella storia per redimerli?
Immaginoso, potente e talora oscuro l'estensore delle "Lettere" non costruisce una teologia ed una soteriologia unitarie, a causa del carattere eteroclito delle fonti cui attinse, ma soprattutto poiché il corpus delle epistole, stratificato e complesso, è una commistione feconda, ma non scevra di contraddizioni, una polifonia in cui talora qualche voce stona. Uno dei temi ricorrenti è l'avversione per la Legge: in questo rifiuto si potrebbe individuare il dissapore con la cosiddetta Chiesa di Gerusalemme, guidata, secondo alcune tradizioni, da Giacomo, il fratello del Signore, ma forse pure un malcelato desiderio di recidere i legami tra la nascente chiesa paolina ed il Giudaismo: un atteggiamento assimilabile a quello delle confraternite gnostico-cristiane ostili alle tradizioni ebraiche.
Gnostica (lato sensu) è comunque una certa diffidenza nei confronti del mondo e un pur non estremo dualismo (Angeli contro Arconti tirannici, sottoposti tutti alla potestà di Cristo) che, se da un punto di vista etico, è condivisibile, forse concorre a nutrire le stesse forze oscure, con l'ostinazione a combatterle. Se, infatti, almeno in una certa misura, tali entità malefiche sono egregore negative, non è poi così lontano dal vero Antonio Bonifacio, quando osserva: "Più Paolo si impegnava in questa contrapposizione (contro gli Arconti n.d.r.), più ne alimentava le risorse, in quanto tutte le compagini demoniache che egli menzionava, traevano la propria stessa forza dalla volontà di Paolo di distruggerle, lottando contro di loro".
Secondo la tradizione, nel 38 d.C. circa, sulla via verso Damasco, visse un'esperienza straordinaria (Atti 9, 4) che intese come apparizione del Cristo risorto. Questa esperienza lo condusse ad avvicinarsi alla comunità impropriamente definita giudeo-cristiana, ma subito occorre chiarire che la conversione sulla strada di Damasco è un non-senso, se si pensa alla città della Siria: infatti Damasco è il nome esoterico della comunità qumranita. Ciò dà la misura di un contatto con il magistero degli Esseni (o chi per loro), stranamente assenti nei Vangeli canonici.
Dopo essersi persuasi che Paolo o non esistette o non fu il personaggio dipinto in modo agiografico negli Atti, il rischio è quello di ignorare il corpus delle lettere a lui attribuite (di alcune è esclusa la sua paternità, anche per opera di biblisti cattolici, ortodossi ed evangelici), disdegnando le epistole come anticaglie catechistiche. A mio parere, le lettere attribuite al Tarsiota sono un mélange al cui nucleo originario sapienziale, si agglutinarono poi dottrine eterogenee di ascendenza ebraica ed ellenistica, con spiccati tratti soteriologici. Lo stesso bigottissimo Ernesto Buonaiuti ammette che Paolo deve essere considerato il primo gnostico, salvo poi erigere un muro invalicabile tra Paolo e le multiformi correnti gnostiche, diffamate in modo indiscriminato.
Indubbiamente l'autore che scrisse: "Nessuno degli Arconti di questo mondo ha potuto conoscere la nostra Sapienza: se l'avessero conosciuta non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (I Corinzi 2: 8) nonché: "La nostra lotta non è contro la carne ed il sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori (Arconti) di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell’aria". (Efesini 6. 12 ) fu uomo che concepì una battaglia cosmica e metafisica tra la Luce e le Tenebre.
Inoltre, benché Paolo sia estraneo alle concezioni filosofiche imperniate sulla contrapposizione di anima e corpo, quando menziona il "corpo glorioso" sembra evocare un soma purificato dalle scorie terrene ed arcontiche. Non coincide forse con l' anima, ma le somiglia non poco. D'altronde la resurrezione della carne non può essere intesa in modo letterale e grossolano, ma come il dono di un corpo incorruttibile e "sottile". Il Nostro non considera la condizione dell'uomo dopo la morte, come in generale era trascurata nell'Ebraismo, ma vive in un'attesa apocalittica comune ad altre comunità del I sec. d.C: si pensi agli Ebioniti.
La dottrina della resurrezione è abbinata al rapimento nella Prima lettera ai Tessalonicesi 4, 15-7, dove si legge: "Vi diciamo questo nella parola del Signore, che noi i viventi, i rimasti sino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati: il Signore stesso, con grido, voce di Arcangelo e tromba di Dio, scenderà dal cielo e prima risorgeranno i morti in Cristo, poi i viventi, i rimasti verremo rapiti insieme con loro, nelle nubi, ad incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore".
In questo passo, la risurrezione dei morti (credenza probabilmente di origine persiana poi permeata in alcune sette ebraiche, quindi mutuata da Cristianesimo ed Islam) è evocata, ma non è definita in termini coincidenti con una rigenerazione del soma.
Quello che più interessa, nell'ambito di queste frammentarie note, è cercare di comprendere in che cosa consista la salvezza per gli uomini. Paolo la affida a Cristo, impegnato in una missione salvifica: "Con Cristo, Dio Padre ha dato la vita anche a voi, perdonando tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito le cui condizioni erano sfavorevoli. Cristo ha eliminato il debito, inchiodandolo alla croce, avendo privato della loro forza gli Arconti." (Lettera ai Colossesi). Qui è palese che l'autore non pensa al Gesù storico, ma ad un Essere la cui azione è metastorica. La stessa croce è il legno di un supplizio reale o piuttosto il sacrificio della discesa nel mondo e nella storia per redimerli?
Immaginoso, potente e talora oscuro l'estensore delle "Lettere" non costruisce una teologia ed una soteriologia unitarie, a causa del carattere eteroclito delle fonti cui attinse, ma soprattutto poiché il corpus delle epistole, stratificato e complesso, è una commistione feconda, ma non scevra di contraddizioni, una polifonia in cui talora qualche voce stona. Uno dei temi ricorrenti è l'avversione per la Legge: in questo rifiuto si potrebbe individuare il dissapore con la cosiddetta Chiesa di Gerusalemme, guidata, secondo alcune tradizioni, da Giacomo, il fratello del Signore, ma forse pure un malcelato desiderio di recidere i legami tra la nascente chiesa paolina ed il Giudaismo: un atteggiamento assimilabile a quello delle confraternite gnostico-cristiane ostili alle tradizioni ebraiche.
Gnostica (lato sensu) è comunque una certa diffidenza nei confronti del mondo e un pur non estremo dualismo (Angeli contro Arconti tirannici, sottoposti tutti alla potestà di Cristo) che, se da un punto di vista etico, è condivisibile, forse concorre a nutrire le stesse forze oscure, con l'ostinazione a combatterle. Se, infatti, almeno in una certa misura, tali entità malefiche sono egregore negative, non è poi così lontano dal vero Antonio Bonifacio, quando osserva: "Più Paolo si impegnava in questa contrapposizione (contro gli Arconti n.d.r.), più ne alimentava le risorse, in quanto tutte le compagini demoniache che egli menzionava, traevano la propria stessa forza dalla volontà di Paolo di distruggerle, lottando contro di loro".
Stranissimo giudizio quello di Antonio Bonifacio assolutamente non condivisibile - almeno dal mio punto di vista - e che getta una luce equivoca sul medesimo.
RispondiEliminaNell'ambito del pensiero tradizionale il combattimento spirituale appare come basilare, indispensabile al processo della catarsi interiore. E viene chiamato 'Grande Guerra Santa' di conserva con la 'Piccola Guerra Santa', che è quella che l'asceta mena contro i nemici che ha di fronte a sè in carne ed ossa.
Chi fosse di preciso Paolo o Saulo di Tarso non è dato sapere. Prevale l'impressione che dietro tale eponimo si celi effettivamente un mistagogo gnostico del secondo o terzo secolo. Certo materiale sembra effettivamente promanare da una matrice unitaria. Vedi ad esempio la prima ai Corinzi. Ma se prendiamo l'epistola ai Romani, non occorre un genio della critica neo-testamentaria per accorgersi che essa consiste di un centone di brani di derivazione eterogenea talvolta fra loro contrastanti e giustapposti dagli scribi curiali onde dotare la neonata religione di un 'corpus' scritturale.
Complimenti Zret, ottimo articolo. Ci sarebbe da aggiungere parecchio sui temi trattati. Personalmente il finale lo considero importante,e incontra proprio la mia attuale fase esploratrice, perchè credo che i risultati dell'approccio "guerrafondaio" siano sotto gli occhi di tutti, pur considerando che ciò non indica affatto arrendevolezza o compromissione.
RispondiEliminaE' una questione che non so dirimere e su cui spesso mi sono soffermato senza giungere ad una conclusione neppure interlocutoria: se il mondo è Maya, come possono essere tanto concreti i suoi effetti?
RispondiEliminaCertamente alla battaglia per la verità non si può e non si deve rinunciare (la verità contro il mondo, diceva la regina celtica Boudicca). Si tratta di portare il conflitto ad un livello tale da annichilire per sempre le forze oscure. Impresa ardua, ma "impegno" ineludibile, visto che siamo in lizza.
Ciao a tutti e grazie.
Noi siamo spettatori nonchè attori, pur nel nostro piccolo, della lotta fra il Bene ed il Male. Non capisco come si possa arrivare a pensare ed a scrivere che le compagini oscure traggano la propria forza proprio da coloro che le combattono.
RispondiEliminaChi ha scritto una simile baggianata o era in quel momento ubriaco oppure in mala fede oppure sarebbe meglio che si volgesse ad altri interessi. Cave!!
Un dibattito sorto da qualche anno riguarda anche il problema se Paolo nei suoi scritti, quando parla del Cristo, tratti di una figura storica oppure no. Pare proprio che egli abbia in mente una figura del tutto spirituale e mai terrena. Per quale motivo infatti non tira mai in ballo eventi dell'epopea terrena dell'Uomo-Dio? Non fa riferimento nè a miracoli, nè a 'loghia' nè alla presunta famiglia del Salvatore.
Ma si potrebbe anche supporre che il movimento che ha dato origine ai Vangeli canonici ed apocrifi non coincida necessariamente con quello della mistagogia gnostica nella quale si inserisce Paolo. Si tratterebbe insomma di due filoni spirituali separati e, viste alcune somiglianze, maritati in seguito onde confezionare il 'corpus' scritturale cui facevo riferimento nel commento precedente.
Questa sembra in effetti l'ipotesi più probabile. Quale somiglianza infatti fra le epopee narrate nei Vangeli e le disquisizioni e riflessioni teologiche paoline? Risposta:nessuna.
Paolo, credo che in alcuni casi certi pensieri possano alimentare egregore. Circoscriverei la tesi dell'autore a questa precisa circostanza. Pensiamo a quelle entità create durante certe sedute.
RispondiEliminaSul Tarsiota e sulle sue contraddizioni concordo in toto. Gli Atti degli Apostoli non furono scritti dallo stesso autore del Vangelo detto di Luca né esistettero gli Apostoli che furono seguaci dei Messia. Le Lettere ed i Vangeli appartengono a filoni culturali e religiosi differenti che furono poi mescolati, generando incongruenze e discrasie. I dubbi che sollevi si riferiscono ad una storia che, solo in questi ultimi anni, si è cominciato a scrivere, superati mille ostacoli ideologici.
Paolo afferma di aver visto Gesù ancora vivo: forse vide il Messia di Aronne?
Ad altri più preparati di me eventuali risposte su questioni tanto intricate. Mi sono limitato a riflettere sul rapporto tra Shaul e gli Arconti.
Ciao e grazie.
Quanto affermato da Antonio Bonifacio è illuminante. Infatti, pone una questione della massima importanza, capitale, se si vogliono comprendere dinamiche sottili, spirituali e dottrinarie, necessarie per leggere la storia dell'uomo e la sua guerra occulta contro le potenze lucifughe. Caro Zret, quanto da te sostenuto è centrale, lo stesso illuminante. Se leggiamo con animo sereno e non confessionale gli scritti paolini, emerge come un fiume carsico una gnosi precedente l'avvento: Paolo attendeva la discesa cristica per esporre una dottrina metafisica preesistente, che in un certo qual modo si incorporava in taluni insegnamenti del Messiah, Re atteso. La sapienza perenne così trovava un corpus dottrinario ben amalgamato e capace di letture a più livelli, per i lodanti Dio, ossia i veri giudei, e per tutti gli uomini di buona volontà. Tracce di ebraismo pur si ritrovano in Paolo, non poteva essere altrimenti. Circa le stravaganze interpretative di alcuni dilettanti come Mario Pincherle (acuto su altri campi, ma scarso in questioni metafisiche) o fisici da Costanzo Show come Vittorio Marchi, che riprendono pedissequamente certe correnti eterodosse quando non fallaci, per contestare Paolo e la Chiesa, che dire? Se i bulldog alla Messori fanno i difensori del cattolicesimo a prescindere da qualunque altra possibile visione, poi vi sono pure quelli che contestano tutto, senza pezze d'appoggio o con fughe fantasiose tanto per stupire i borghesi. Sono temi delicatissimi, terreni incerti, come incerta è Maya, riflesso quasi perfetto - il quasi è però determinante - di una realtà altra, quella creazione imperitura di Luce che non ci è dato ancora rimirare. Maya ingannatrice eppure utile, per seguire le scarse orme che ci porteranno a compiere la strada del ritorno.
RispondiEliminaN:B:
Paolo va letto e riletto, studiato e fatto risuonare. Cose eccezionali vi troverete.
Angelo Ciccarella
Angelo, il tuo è un commento equilibrato e salomonico, in cui fai quadrare il cerchio.
RispondiEliminaVorrei rilevare, in primo luogo, che la traduzione corretta di Messia è quella da te riportata: Messia vale "Re" e non "Unto".
Per il resto, è evidente che sono temi delicatissimi, ai limiti dell'ineffabilità. Li abbiamo sfiorati con obiettività e pacatezza.
Ciao e grazie.
Angelo, spiegami come e perchè quanto Bonifacio afferma è corretto secondo l'ottica tradizionale e addirittura 'illuminante'. Non tergiversare e spiega per qual motivo la Tradizione Universale ha stabilito che esistono e sono da combattersi la Grande e la Piccola Guerra Santa.
RispondiEliminaEntrambi i precetti valgono naturalmente per chi ancora si trova nella dimensione della dualità - e noi tutti siamo ancora lì, te compreso - e non per lo spirituale realizzato che è al di là del Bene e del Male. Ma questi è più raro di una mosca bianca e non rientra in tali parametri. Del resto la citazione di Ef.6,12 capita a fagiolo ed emana a tutti gli effetti dalla corrente della Metafisica tradizionale.
In altre parole, il combattimento s'ha da fare.
Il non lottare, per quanto ci è possibile,contro gli Arconti ed i loro sodali invisibili significa arrendersi ad essi ed aprire loro le porte.
Non discuto il fatto che ciò a qualcuno possa anche piacere. Ma non fa per me.
Caro Zret,
RispondiEliminainteressante la contrapposizione di Paolo...
forse lui conosceva solo la "contrapposizione" e non la trasmutazione...per questo andava ad alimentarne le risorse?
Almeno Paolo era un passo in avanti rispetto la new-age di adesso che nega e vuole ignorare l'esistenza del male in tutte le sue manifestazioni.
Puntozero,
RispondiEliminanegare l'esistenza del male è errore assai grave, a mio parere. Vero è che il male alberga in questo nostro mondo sublunare e caduco, ma negarlo è come legittimarlo.
Credo che sia possibile ed auspicabile a volte combattere il male, come gli esperti di arti marziali che apparentemente restano sulla difensiva per neutralizzare le mosse dell'avversario, con fulminei movimenti elusivi.
Ciao e grazie.
Puntozero ha ragione. Non che Paolo, o chi per lui, non conoscesse il trascendimento degli opposti. Da buon spirituale lo conosceva e la sua posizione al riguardo appare corretta. Del resto uno dei rotoli del Mar Morto - tanto per citare un documento a lui coevo o quasi - tratta della lotta fra il Bene ed il Male.
RispondiEliminaPittosto colgo l'occasione, sperando di non abusare dello spazio che Zret con tanta magnanimità mi concede da anni, per porre a Ciccarella due o tre domanducce così tanto per gradire.
Per quale motivo egli si dichiara su Facebook 'fan' del massone illuminato Kossiga?
Per qual motivo, sempre su Facebook, annovera fra i suoi amici tale Andrea Doria il quale si presenta in una foto a dir poco oscena mutuata dall'iconogrofia crowleyana? Che abbia a che fare il suddetto con gli ambienti dell'OTO?
Che c'entra 'Leoniero'fra i sostenitori del suo blog?
Paolo Paolo, mi hai beccato col sorcio in bocca...gioco. Non mi sottraggo alle domande. Sono fan del Presidente Cossiga non in quanto massone, ma come persona innanzitutto, poi come studioso e dotto di cose misteriosofiche. E spero che contraccambi, in quanto informato sulle mie ricerche. Non sono responsabile di tutto il pensiero di tizio o di caio; su di uno specifico filone di inchiesta ufologica abbiamo, Doria ed io, alcuni punti di contatto, tutto qui. In quanto all'OTO, ebbi contatti con la Corrente 93 il 1981, durante il servizio di leva in quel di Trieste. Allora frequentavo ambienti e dottrine spurie se non oscure, è vero, praticavo magia cerimoniale e proprio per questo - ma non ne faccio una regola universale né lo consiglio ai giovani - posso dire di conoscere certe potenze ed influenze demoniche. Insomma parlo sempre per esperienza diretta. Non mi limito a discettare di tematiche occulte apprese sui libri soltanto. Ho conoscenze dirette, di prima mano. Non sono un divulgatore da salotto.
RispondiEliminaGli arconti? Nella camera oscura, eliminare il buio meccanicamente è impossibile, allora immettiamoci la luce, e pian piano tutto si illumina. Questa è la mia tecnica, forse appartengo ad una scuola realizzativa operativa, poco attenta alle sottigliezze metafisiche, ma quando è necessaria una direzione di efficacia allora si usano gli strumenti idonei.
Paolo, sebbene non siamo sempre sulla stessa lunghezza d'onda, credo che si combatta dalla stessa parte e ti rispetto. Io magari sono un reduce, un figliol prodigo, ma a volte torno utile quando si tratta di anticipare le mosse del nemico.
Grazie Zret, per avermi concesso lo spazio.
Angelo Ciccarella
Angelo, ho letto con piacere la tua circostanziata e gustosa risposta. Grazie. L'OTO...mannaggia, a volte ci azzecco.
RispondiEliminada non dimenticare la misoginìa di alcuni scritti paolini
RispondiEliminaquanto a doria e kossiga non so come si possa avere a che fare con essi
Caro Corrado, incontrare idealmente un pensiero diverso in buona sostanza dal proprio, sebbene con punti sporadici in comune, non ci inquina né avvelena. Anzi, dovremmo pure considerare l'evenienza in cui si possa in un certo qual modo influenzare gli altri. Non è intelligenza col nemico, non si tradiscono le proprie idee o visioni del mondo se le confrontiamo con quelle altrui. Non temiamo le contamizazioni.
RispondiEliminaAngelo Ciccarella
@Angelo Ciccarella,
RispondiEliminail culto dell'Uomo Dio lo conosci bene, difatti tu non temi le contaminazioni...
Le idee possono cambiare, ma ti sei chiesto nel frattempo dove sta la tua Anima? Lo sai che non si gioca con il "Libro del Comando"...
@puntozero - Il Libro del Comando, come altri testi che andavano per la maggiore nella nicchia dei praticoni della magia, negli anni 70, fu usato per rompere certi tabù che Santa Romana Chesa, nei suoi vertici sfarzosi e ipocriti, metteva al bando. Un tempo bruciacchiava chi non era in sintonia d'onda, ricordalo. Perché? Te lo sei chiesto? Per la purezza della dottrina? Per non perdere le pecorelle smarrite? Oppure, ci ha nascosto deliberatamente strumenti altrimenti liberatori? Oppure, ci ha tenuto sepolto un potere, meglio, una potenza troppo forte per controllarla? Qui non parlo di satanismo. So di cosa parlo. Certe forze in esilio in noi, attendono di ritornare. Forse è giusto che stiano per molti sepolte. Forse. Ci vuole un cammino di consapevolezza per farne uso benigno. I siddhi sono pericolosi, è vero. I poteri possono far vacillare la persona più equilibrata. Tuttavia, il rapporto col divino è un problema intimo, unico, unitivo, e nessun intermediario, nessuna istituzione possono farne le veci. Quando ti vai coricare, caro puntozero, sei da solo con l'infinito. In quel momento, scopri le tue bassezze ma anche possibilità inusitate. A te scegliere la via religiosa, legittima per carità, o quella della gnosi, pura, per pochi, forse per nessuno.
RispondiEliminaAngelo Ciccarella