La storia è costellata di stereotipi interpretativi, se non di vere menzogne. Così, se sfrondiamo la storia risorgimentale della reboante e zuccherosa retorica, ci accorgiamo che il processo che portò all'unità d'Italia fu una spregiudicata guerra di conquista voluta dalle élites massoniche europee. Fortunatamente alcuni storici ed intellettuali (ad esempio, Gramsci) l'hanno compreso, senza inquadrare, però, gli eventi all'interno di un criminale progetto a lungo termine, teso a calpestare le tradizioni regionali e nazionali per costruire, passo dopo passo, una compagine planetaria di tipo tirannico. Gli Oscurati non hanno fretta e perseguono un piano le cui tappe di attuazione coincidono spesso con date simboliche. Dopo l’unità d’Italia è stata perseguita la creazione di un superstato europeo, presupposto di un'ulteriore semplificazione geo-politica del quadro internazionale, a sua volta base per l’instaurazione di un governo unico mondiale.
Se isoliamo il caso relativo al Regno delle due Sicilie, ci imbattiamo in una serie di rimozioni e pregiudizi duri da spezzare. Di solito la monarchia dei Borboni che regnò sull'Italia meridionale e la Sicilia sino al 1861, viene dipinta come una dinastia retriva, nell'ambito di uno stato “feudale” ed arretrato. Ora, nel Regno delle due Sicilie esistevano delle sperequazioni sociali ed economiche, ma la situazione degenerò, quando lo stato meridionale fu annesso all'Italia. Miseria, emigrazione e brigantaggio furono le inevitabili e tragiche conseguenze di una scellerata invasione, perpetrata da massacratori “idealisti” (Nino Bixio) e da scaltri avventurieri (Giuseppe Garibaldi), al servizio dei Savoia.
Basti ricordare che fu introdotto il servizio militare obbligatorio, causa di infiniti mali tra le classi meno abbienti (si rilegga l'implicita, ma implacabile denuncia contenuta nel romanzo "I Malavoglia"). Basti ricordare che, mentre lo stato borbonico contemplava cinque tributi, il Regno d'Italia moltiplicò gabelle ed imposte. Non solo, scrive Vitale Onorato in "Atto finale, atto di forza": "Nel Regno delle due Sicile operava una bella zecca che coniava bei ducati d'argento e d'oro, applicando ante-litteram le regole del credito sociale di Douglas, sistema che nacque un secolo dopo. La zecca dei Borboni era così rinomata che altri governi ne desideravano le monete. Anche il Regno Unito apprezzava molto quella zecca, come molte altre cose: infatti ne sfruttava le miniere di zolfo, il vino di Marsala etc."
Un florido settore manifatturiero e la costruzione di infrastrutture (si pensi, ad esempio, alla ferrovia Napoli-Portici) stavano lentamente promuovendo lo sviluppo nel regno borbonico, uno sviluppo strozzato dalla dominazione sabauda. Gli stessi Savoia furono carnefici e vittime: la cricca mondialista abbatté, ad una ad una, le monarchie europee o le corruppe. Oggi persevera con la distruzione delle culture nazionali e locali (lingua, retaggio, struttura produttiva...), usando come arma, in primo luogo, il controllo del denaro, trasformato da moneta sonante in carta ed in numerario virtuale, elettronico. Non siamo cittadini e nemmeno numeri, ma codici a barre. L'usura legalizzata, attraverso il signoraggio, stritola le economie, affama i cittadini, cagiona lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. Ezra Pound vide giusto. Gli Oscurati, pur ciechi, guardano lontano, alla moneta unica mondiale: "Unity in diversity" è il motto scritto sulla moneta che la Cabala intende introdurre, obtorto collo. "Unity", l'unità acquisisce il suono sinistro di una realtà totalitaria. "Diversity"? Dove sopravviva questa diversità non è dato sapere: l'omologazione regna incontrastata. Della sovranità nazionale e delle memorie patrie restano solo le macerie.
Dopo che si sono impadroniti dei paesi indipendenti, i tagliagole e le sanguisughe si intrudono oggi nella mente, con i loro orridi tentacoli tecnologici.
Questa tecnologia, volta esclusivamente al dominio, è la pietra tombale di una “civiltà” senz'anima.
Se isoliamo il caso relativo al Regno delle due Sicilie, ci imbattiamo in una serie di rimozioni e pregiudizi duri da spezzare. Di solito la monarchia dei Borboni che regnò sull'Italia meridionale e la Sicilia sino al 1861, viene dipinta come una dinastia retriva, nell'ambito di uno stato “feudale” ed arretrato. Ora, nel Regno delle due Sicilie esistevano delle sperequazioni sociali ed economiche, ma la situazione degenerò, quando lo stato meridionale fu annesso all'Italia. Miseria, emigrazione e brigantaggio furono le inevitabili e tragiche conseguenze di una scellerata invasione, perpetrata da massacratori “idealisti” (Nino Bixio) e da scaltri avventurieri (Giuseppe Garibaldi), al servizio dei Savoia.
Basti ricordare che fu introdotto il servizio militare obbligatorio, causa di infiniti mali tra le classi meno abbienti (si rilegga l'implicita, ma implacabile denuncia contenuta nel romanzo "I Malavoglia"). Basti ricordare che, mentre lo stato borbonico contemplava cinque tributi, il Regno d'Italia moltiplicò gabelle ed imposte. Non solo, scrive Vitale Onorato in "Atto finale, atto di forza": "Nel Regno delle due Sicile operava una bella zecca che coniava bei ducati d'argento e d'oro, applicando ante-litteram le regole del credito sociale di Douglas, sistema che nacque un secolo dopo. La zecca dei Borboni era così rinomata che altri governi ne desideravano le monete. Anche il Regno Unito apprezzava molto quella zecca, come molte altre cose: infatti ne sfruttava le miniere di zolfo, il vino di Marsala etc."
Un florido settore manifatturiero e la costruzione di infrastrutture (si pensi, ad esempio, alla ferrovia Napoli-Portici) stavano lentamente promuovendo lo sviluppo nel regno borbonico, uno sviluppo strozzato dalla dominazione sabauda. Gli stessi Savoia furono carnefici e vittime: la cricca mondialista abbatté, ad una ad una, le monarchie europee o le corruppe. Oggi persevera con la distruzione delle culture nazionali e locali (lingua, retaggio, struttura produttiva...), usando come arma, in primo luogo, il controllo del denaro, trasformato da moneta sonante in carta ed in numerario virtuale, elettronico. Non siamo cittadini e nemmeno numeri, ma codici a barre. L'usura legalizzata, attraverso il signoraggio, stritola le economie, affama i cittadini, cagiona lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. Ezra Pound vide giusto. Gli Oscurati, pur ciechi, guardano lontano, alla moneta unica mondiale: "Unity in diversity" è il motto scritto sulla moneta che la Cabala intende introdurre, obtorto collo. "Unity", l'unità acquisisce il suono sinistro di una realtà totalitaria. "Diversity"? Dove sopravviva questa diversità non è dato sapere: l'omologazione regna incontrastata. Della sovranità nazionale e delle memorie patrie restano solo le macerie.
Dopo che si sono impadroniti dei paesi indipendenti, i tagliagole e le sanguisughe si intrudono oggi nella mente, con i loro orridi tentacoli tecnologici.
Questa tecnologia, volta esclusivamente al dominio, è la pietra tombale di una “civiltà” senz'anima.
Gli accurati retroscena dell'unificazione d'Italia non sono mai stati descritti forse perchè destinati a rimanere ignoti in larga parte per sempre. Bisognerebbe sapere con precisione chi e quando lanciò nell'àgone politico e militare europeo la vergognosa e guerrafondaia dinastia sabàuda con l'intento di unificare il disgraziato stivale.
RispondiEliminaIl progetto era partito con il massone Napoleone Bonaparte alla fine del Settecento. Le truppe giacobine, i cui ufficiali erano stati tutti indottrinati ed iniziati nelle logge, si rovesciarono come furie indiavolate sui popoli europei onde scalzare il vecchio e tutto sommato pacifico ordinamento.
I Savoia portarono a compimento il vecchio piano napoleonico. Non che le genti italiche non avessero diritto da circa quindici secoli a possedere una terra ed un'identità loro, ma l'esperienza dimostra che i risultati furono quasi catastrofici.
Meglio l'unità culturale vagheggiata da Dante nel Convivio che questa sciagurata unità.
RispondiEliminaLucidissimo commento, Paolo.
Ciao e grazie.
Eliminare poi il latino significa voler cancellare le origini storiche di un popolo. CRIMINALI!
RispondiEliminaNaturalmente hai ragione quando dici che il regno dei Borboni venne demonizzato. Tutti conosciamo la famosa regola in base alla quale per i vincitori l'ordinamento che veniva prima era assai peggiore di quello da essi instaurato.
RispondiEliminaE così, se leggiamo i Vangeli, non troviamo in essi altro che critiche feroci riguardanti i 'pagani', descritti come debosciati e ricettacolo dei peggiori vizi.
Ma riguardo al Regno delle Due Sicile disponiamo della testimonianza di Goethe il quale, nel suo 'Viaggio in Italia', descrive il popolo napoletano come felice e spensierato. Erano quelli gli ultimi sussulti di una terra e di una gente che si apprestavano ad imboccare la strada che le avrebbe condotte verso l'Inferno.
Da mezzosangue lucana mi piace pensare alla terra di mio padre come fuori dalla storia, in qualche modo atavicamente immune ai suoi effetti, così come magistralmente suggerito da Carlo Levi nel suo "Cristo si è fermato ad Eboli".
RispondiEliminaMa è fin troppo vero che la storia ha condotto anche quelle genti, come tutti noi, sull'orlo del baratro. Si veda l'ultimo post di TE sugli invasi di acqua potabile in Basilicata...
Ciao Zret e grazie per l'interessante articolo.
I Massoni Nino Bixio e Garibaldi nulla avrebbero potuto senza l'aiuto dei Britannici, al largo nel mare di Palermo vi erano due fregate Britanniche, e al largo di Marsala ve ne erano altre due della Reggia Marina Savoia che proteggevano lo sbarco degli avventurieri Garibaldini, i quali non ebbero un buon accoglimentro tra le genti Trinacriane, le quali si chiudevano in casa senza acclamazioni, accolti festosamente solo dagli Inglesi.
RispondiEliminaNon solo non furono ben accolti, ma temendo una rivolta popolare i Garibaldini insieme a Garibaldi si rifugiarono nella vicina Isola di Mozia; il fatto è che questa è storia, ma ... se ne guardano bene dal divulgarla nei libri di testo scolastici.
Perfino Cavour (pubblicando sulla Gazzetta Ufficiale) disse che era estraneo a quelle azioni, chiamando i Garibaldini "Filibustieri".
Filibustieri, non si può definirli diversamente visto che erano una accozzaglia di bruti che hanno messo Palermo a ferro e fuoco, perché Garibaldi diede loro carta bianca, per commettere furti, saccheggi e stupri.
E per finire furono arruolati in seguito, numerosi avventurieri disertori, francesi, inglesi, tedeschi, ungheresi, polacchi, americani e perfino africani, insomma la feccia giunta da tutte le nazioni.
Numerose, infatti, furono le presenze straniere al servizio della spedizione dei Mille, anche queste spesso volutamente dimenticate dalla storia ufficiale e dai testi scolastici.
A tutto questo dobbiamo la nascita della camorra a Napoli e quella della mafia in Sicilia; Fu, dunque, proprio con l'invasione Piemontese che la delinquenza fece un salto di qualità, trovando terreno fertile nell'alleanza con la nuova classe politica che si andava affermando soprattutto attraverso le speculazioni, il resto è storia contemporanea mai finita.
L’Istituzione massonica rinacque nel 1859 in quella Torino che si accingeva a diventare la capitale del nuovo Stato alcuni nomi massonici: Govean, Buscalioni, Nigra, Cordova, subentrarono Crispi, Garibaldi, Dolfi, Pianciani, Mazzoni.
Il Grande Oriente Italiano nacque sotto l'egida di Cavour, ma il suo destino era quello che lo avrebbe visto in futuro democratico, i centri più importanti risiedevano a Palermo, Napoli, Milano, Torino, sempre in conflitto dialettico tra di loro.
wlady
Doverosa, Paolo, la citazione di Goethe e del suo Viaggio in Italia né dimenticherei la straordinaria fioritura nel campo delle arti con il Vedutismo, il Vanvitelli e Salvator Rosa, solo per citare alcuni insigni esempi dell'arte settecentesca nell'Italia meridionale.
RispondiEliminaGiulia, tra l'altro la Basilicata non è regione bersagliata dagli aerei chimici, a differenza di altre. Immagino quindi che cosa potrà contenere l'acqua, ad esempio, della Lombardia.
Ciao e grazie a tutti.
Wlady, posso soltanto sottoscrivere questa tua diligente ed intelligente postilla.
RispondiEliminaGrazie.
Scusate tanto. Non c'è dubbio che dietro i processi politici e militari di unificazione del XIX secolo ci siano strategie diverse rispetto quelle che ci vengono insegnate nei libri di storia, ma questo a mio parere non può giustificare, ad esempio, una descrizione dello stato borbonico come una specie di tardiva età dell'oro piena di gente "felice e spensierata". Riguardo a Goethe (che di logge mi pare ne sapesse parecchio), credo che la disposizione d'animo creata dal buon bere e buon mangiare della costiera amalfitana, dalle comodità e gli agi degli alberghi in cui risiedeva e dall'amenità del paesaggio meridionale, possa aver in qualche modo inficiato la sua capacità di giudizio. Non vorrei far discorsi banalmente sarcastici, ma voi dite che avrebbe scritto le stesse cose vivendo una settimana a contatto con l'uomo medio del regno borbonico? E dai..
RispondiEliminaHo molto rispetto per le persone che scrivono in questo blog, e le stimo culturalmente molto preparate e credo anche spiritualmente evolute, però non credo che una sorta di "primitivismo" applicato ad ogni epoca storica possa essere veramente utile. E' vero che il potere ha sempre stigmatizzato come negativo l'ordine di cose che lo precedeva, ma questo non significa che per forza sia sempre giusto l'esatto contrario. Le cose sono più complesse e voi lo sapete bene. Un conto è la scelta consapevole di una vita ascetica e lontana dal superfluo del consumo, altra cosa è essere nati in una situazione di indigenza. Vogliamo buttare nel cesso tutto De Martino? Essendo stato un intellettuale di estrazione marxista non va più di moda, lo so, ma io non me la sento...
Ciò non toglie che forse è vero che nelle bidonvilles si sorride più che nelle metropoli.
RispondiEliminaBene e male, ammesso che esistano veramente, sono così intrecciati che non è sempre facile distinguerli nelle cose del mondo, anche se sono convinto che dentro di noi esista un meccanismo in grado di farceli discernere. Violeta Parra ringraziava la vita: "me diò dos luceros que cuando los abro perfecto distinguo lo negro del blanco".. Da quando ho letto bene il testo ho sempre trovato incredibile la bellezza e la lucidità questa canzone, il suo equilibrio: non nomina mai concetti trascendentali, resta sempre nella materia, nelle cose che tutti conoscono, eppure essa è puro spirito. Mi fa pensare all'intima unità di Prakriti e Purusha. E' il riflesso dell'uno nell'altro.
Non credo sia un caso che Violeta Parra si suicidò pochi giorni dopo aver registrato "Gracias a ala vida".