"Scheggia nella carne" (o "spina" o "pungolo") è l'icastica espressione paolina con cui il filosofo Soren Kierkegaard alluse ad un male oscuro che lo torturò. Come spesso avviene, molti studiosi si sono accaniti per individuare il preciso motivo esistenziale di questa lacerazione, di solito riferendosi alla rottura del fidanzamento con Regine Olsen. E' il consueto appiattimento della filosofia in biografismo. Eppure è l'esistenza in sé (ex-sistenza, ossia apertura verso l'angoscia delle possibilità, la disperazione di fronte all'incognito nonché estromissione dall'essere) a costituire questa scheggia conficcata nel corpo e nell'anima. E' l'esperienza interiore del singolo che, se uomo, beve il calice dell'incomprensibile (benché relativo) sino all'ultima goccia. [1]
Avviene talora che un'improvvisa caduta in un baratro lasci intravedere, dal fondo cupo dell'abisso, il fulgore accecante di una stella: è quanto accadde a Nietzsche, quando introiettò la coscienza della morte di Dio. La morte di Dio non è solo la consapevolezza che le credenze ed i valori tradizionali si sono per sempre eclissati, poiché è la desolante visione del deserto, una volta che si è schiacciati dal peso insostenibile dell'irrazionalità. [2]
E' quanto accadde a Kierkegaard. Con conseguenze simili, anche se sotto un altro cielo, egli dovette soffrire della straziante ferita che non si rimargina. L'aver abbandonato l’astratto e falsamente luminoso Empireo hegeliano per tornare, esule tra la moltitudine, fra gli antri scuri dell'esistere è testimonianza di fedeltà al proprio cuore. L'esistenza è il cuore dell'universo e non la rassicurante dialettica degli opposti che non si oppongono. La vita e la fede sono paradosso: è impossibile aderire a qualsiasi religione positiva, a qualsiasi chiesa-istituzione che pretendono di conciliare l'inconciliabile, di ridurre l'irriducibile in formule "chiare e distinte".
L'alterità ontologica, la distanza incommensurabile tra l'uomo e l'Assoluto implicano un salto disperante, come quello di colui al quale, inseguito da una belva e, senza più vie di fuga, restasse una sola speranza di salvezza: lanciarsi nel vuoto del dirupo innanzi a sé. [3] L'innumerabilità delle scelte fa franare il terreno sotto i piedi. L'incessante movimento delle possibilità genera la paralisi e la stessa libertà umana pare affissarsi nel freddo specchio del destino.
[1] Per Pietro Prini l'acribia dei biografi nel tentativo di individuare la natura di questo dolore kierkegaardiano, nell'ambito di una patologia fisiologica o psichica, non tiene conto del punto più importante della questione. Non era, infatti, la natura del male che poteva costituire una chiave interpretativa del "segreto" di Kierkegaard, ma piuttosto il suo comportamento religioso di fronte ad esso, la sua interpretazione teologico-esistenziale del proprio destino stigmatizzato da quella dolorosa eccezione. Questa "palla di piombo sulle ali" era segnata per lui da un carattere religioso, il senso le derivava dall'essere una realtà cristiana.
[2] Sebbene alcuni interpreti abbiano tentato di dimostrare che la nietzchiana "morte di Dio" non implica la negazione del Creatore, mi pare che non si possa disconoscere che il pensatore tedesco fu ateo.
[3] Si pensi a come è oggi decaduta la riflessione teologica, dimentica della differenza ontologica e della scissione creaturale, là dove Dio è ricondotto ad energia elettromagnetica et similia. Dio è stato trasformato in un cellulare: ironico e conforme approdo per un'umanità che vede nel cellulare un dio.
Avviene talora che un'improvvisa caduta in un baratro lasci intravedere, dal fondo cupo dell'abisso, il fulgore accecante di una stella: è quanto accadde a Nietzsche, quando introiettò la coscienza della morte di Dio. La morte di Dio non è solo la consapevolezza che le credenze ed i valori tradizionali si sono per sempre eclissati, poiché è la desolante visione del deserto, una volta che si è schiacciati dal peso insostenibile dell'irrazionalità. [2]
E' quanto accadde a Kierkegaard. Con conseguenze simili, anche se sotto un altro cielo, egli dovette soffrire della straziante ferita che non si rimargina. L'aver abbandonato l’astratto e falsamente luminoso Empireo hegeliano per tornare, esule tra la moltitudine, fra gli antri scuri dell'esistere è testimonianza di fedeltà al proprio cuore. L'esistenza è il cuore dell'universo e non la rassicurante dialettica degli opposti che non si oppongono. La vita e la fede sono paradosso: è impossibile aderire a qualsiasi religione positiva, a qualsiasi chiesa-istituzione che pretendono di conciliare l'inconciliabile, di ridurre l'irriducibile in formule "chiare e distinte".
L'alterità ontologica, la distanza incommensurabile tra l'uomo e l'Assoluto implicano un salto disperante, come quello di colui al quale, inseguito da una belva e, senza più vie di fuga, restasse una sola speranza di salvezza: lanciarsi nel vuoto del dirupo innanzi a sé. [3] L'innumerabilità delle scelte fa franare il terreno sotto i piedi. L'incessante movimento delle possibilità genera la paralisi e la stessa libertà umana pare affissarsi nel freddo specchio del destino.
[1] Per Pietro Prini l'acribia dei biografi nel tentativo di individuare la natura di questo dolore kierkegaardiano, nell'ambito di una patologia fisiologica o psichica, non tiene conto del punto più importante della questione. Non era, infatti, la natura del male che poteva costituire una chiave interpretativa del "segreto" di Kierkegaard, ma piuttosto il suo comportamento religioso di fronte ad esso, la sua interpretazione teologico-esistenziale del proprio destino stigmatizzato da quella dolorosa eccezione. Questa "palla di piombo sulle ali" era segnata per lui da un carattere religioso, il senso le derivava dall'essere una realtà cristiana.
[2] Sebbene alcuni interpreti abbiano tentato di dimostrare che la nietzchiana "morte di Dio" non implica la negazione del Creatore, mi pare che non si possa disconoscere che il pensatore tedesco fu ateo.
[3] Si pensi a come è oggi decaduta la riflessione teologica, dimentica della differenza ontologica e della scissione creaturale, là dove Dio è ricondotto ad energia elettromagnetica et similia. Dio è stato trasformato in un cellulare: ironico e conforme approdo per un'umanità che vede nel cellulare un dio.
"L'alterità ontologica, la distanza incommensurabile tra l'uomo e l'Assoluto implicano un salto disperante, come quello di colui al quale, inseguito da una belva e, senza più vie di fuga, restasse una sola speranza di salvezza: lanciarsi nel vuoto del dirupo innanzi a sé."
RispondiEliminaQuesto è il punto nodale.
E la risposta è: la BESTIA, di qualunque natura sia, fisica,astrale, mentale o spirituale va sempre affrontata.
L'Amor Fati del buon Friedrich è l'unica soluzione possibile, l'unico Assoluto momento di conversione delle tenebre in Luce.
Apophis va affrontato sempre e comunque, ciclo dopo ciclo
Non tentennare di fronte a questa esigenza è la Fede che redime, l'unico vero mezzo per arrivare a celebrare la comprensione assoluta dell'Eterno.
Noi Siamo in quanto Ci Offriamo e nell'offerta diventiamo cibo di redenzione
come Krishna ben insegnò 5000 anni or sono e i nostri fratelli animali ci insegnano quotidianamente
Un caro saluto
La follia delle religioni e della filosofia ha rovinato intere generazioni, hanno reso la morte terribile, senza nemmeno sapere cosa sia in realtà la vita.
RispondiEliminaGestire la vita della gente, solo per poterla controllare, senza neppure sapere né perché vita in questo corpo ed una vita in un'altra dimensione, e ... allora vi dovrebbero essere due vite, perché è così che ci viene insegnato: questa vita e l'altra vita, senza conoscere né l'una né l'altra, ma volendole controllare entrambe.
L'enorme errore, l'eccessiva paura della morte, ha creato ancor più attaccamento profondo alla vita, tutto avviene solo perché abbiamo la profonda convinzione di avere una sola vita, che viene identificata con il nostro corpo, e che questo corpo ci verrà tolto con la morte, e quindi cerchiamo di tenerlo vivo a tutti i costi, anche riparandolo e sostituendogli i pezzi come una vecchia automobile.
Il fatto è che se la gente non ci vuole dare i suoi pezzi per la sostituzione, ci organizziamo per toglierli per legge, e questo senza sapere se il donatore è morto quando gli espiantano gli organi, ci dicono: sono organi vivi espiantati da un corpo morto.
Una vera follia dove cinicamente siamo arrivati senza sapere cosa sia la vita e la morte, ma solo perché alcuni luminari ci hanno detto che il donatore è morto per legge.
Senza dubbio questo attaccamento al corpo genera un esagerato attaccamento al sesso, al denaro, al potere, tutte cose che possiamo godere solo con il corpo, solo nel corpo e solo qui, e sopratutto solo ora, il tutto in una folle corsa verso il fare, fare, il massimo e subito, verso l'avere sempre più esagerato,in una ricerca frenetica di pseudo vita, senza sapere cosa sia la vita, né il perché di essa.
Ecco perché credo che quel male che ci accompagna sia ... "Scheggia nella carne" (o "spina" o "pungolo") ma nonostante tutto le religioni e la filosofia, non ci impediranno di bere quel calice fino in fondo, si ... fino in fondo e all'ultima goccia, che che se ne dica; anche negando l'esistenza di Dio non possiamo sottrarci dal nostro destino che ci creiamo tutti i giorni con il nostro fato continuo.
wlady
Carissimi Timor e Wlady, i vostri commenti sono talmente vivi che sarebbe un delitto mortificarli con parole non meditate.
RispondiEliminaDunque, per ora, mi limito a ringraziarvi, anche perché sincronicamente avete centrato il bersaglio di un'idea sulla caduta e redenzione del corpo-universo che da alcuni giorni sta ribollendo in me(?).
Ciao e ancora grazie.
"L'Amor Fati del buon Friedrich è l'unica soluzione possibile, l'unico Assoluto momento di conversione delle tenebre in Luce.
RispondiEliminaApophis va affrontato sempre e comunque, ciclo dopo ciclo
Non tentennare di fronte a questa esigenza è la Fede che redime, l'unico vero mezzo per arrivare a celebrare la comprensione assoluta dell'Eterno".
Il passo che ho riportato è veramente cruciale (crux). Da un lato mi convinco sempre più che il libero arbitrio non esiste e quindi resta solo l'Amor fati; dall'altro continuo a domandarmi per quale motivo il cosmo tutto (dalle immense galassie all'atomo di idrogeno) abbia bisogno di una redenzione, di un sacrificio. E' stato compiuto un errore originario o l'essere immola sé stesso per continuare ad essere? Solo dalla morte può nascere la vita? So che le mie questioni sono sempre forse confinate in una ratio di tipo filosofico e non attengono ad una tensione mistica, ma è così che riesco per ora almeno ad affrontare certi temi.
Wlady, hai innestato l'esistenza nella corporeità e mi chiedo se l'accanimento dei "potenti" contro il cervello, l'organismo etc. non sia atto a convincere gli uomini sono solo ammassi di carne, laddove siamo ben altro, partecipi dell'alterità e dell'Assoluto e, in quanto tali, immortali.
Il viaggio prosegue.
Ciao e grazie.
@ Zret presto scoprirai che il libero arbitrio esiste ma l'Assoluto riconverte sempre tutto in disegni mirabili e degni di estasi su estasi. Ordo ab Chaos
RispondiEliminaE' veramente perfetto...non ti lascia neanche il tempo di lamentarti ;)
Se ti lamenti, vuol dire che non hai capito, ma non importa, questo significa che qualcosa deve ancora essere affinato e consumato dall'esperienza.
Alla fine non puoi far altro che arrenderti e celebrarlo e a quel punto il dualismo smette di funzionare insieme al concetto di libero arbitrio.
Le tue azioni diventano allora pura espressione di Gioia Creativa.
E ritorni all'Origine, a quello che sei sempre stato: un bambino che batte le mani e dice Ancora, Ancora e Ancora.
Un'altra storia per favore ;)
Un abbraccio
Ciao Zret.
RispondiEliminaSono di passaggio da un internet point, vivo ancora lontano dal web.
Una cosa che mi ha colpito ferendomi è stato scoprire che la maggioranza degli alberi da frutta non fruttifica più a meno di cospargerli abbondantemente con soluzioni chimiche. Non si tratta di qualche mano di verderame come accadeva un tempo quando questo bastava per avere sui rami ogni sorta di frutta. Sono trattamenti specifici (solitamente targati bayer o monsanto) senza i quali sui rami nella migliore delle ipotesi si troveranno tre frutti malati.
E' assai triste questo fatto. E' anche assai significativo. Fa riflettere che gli alberi non diano più i loro frutti. Bisogna costringerli a farlo per via sintetica.
Ci sono frutti come le pere e i cachi i cui alberi sono più resistenti e non necessitano di particolari trattamenti, ma si tratta di eccezioni.
L'uva da queste parti era la base dell'agricoltura, ora è assalita dalla flavescenza dorata una malattia trasmessa da una farfallina bianca che proviene dall'America.
Una farfallina che si posa su ogni cosa (comprese le reti metalliche!) secernendo filamenti bianchi. E' letale solo per la vite, ortaggi, altri alberi e reti metalliche non sembrano ammalarsi a causa sua.
L'uva è ormai pagata pochissimo, le nuove generazioni sono rimbecillite da edonismo e grandi quantità di merce,la flavescenza dorata può essere rallentata ma non debellata così il risultato è un abbandono esteso delle vigne che diventano boschi o terreni brulli freschi di espianto.
La base della vita è minata.
Non c'è cibo che non sia contaminato.
Forse non è per una forma d'odio che la terra non ci dà più i suoi frutti, ma per compassione.
Cerca di non avvelenarci oltre quanto già si faccia da soli.
La sofferenza e il dolore sono al culmine.
Grazie a te ho scoperto Michelstaedter, vado a leggerlo.
Ciao!
Carissimo Denis, davvero sconfortante quanto scrivi, ma vero e constatabile da chicchessia.
RispondiEliminaTi racconto un episodio. La verduraia si lamentava, perché un agricoltore della zona le aveva portato delle zucchine striminzite, ma nascoste da fiori e foglie. Le ho detto: "Sono naturali. Ormai senza concimi chimici ed altri veleni non cresce più niente". Non ha colto. Solo frutta e verdura di piccole dimensioni e brutte conservano qualcosa di naturale; le frutta e gli ortaggi belli, lucenti e grossi sono chimici al 100 per cento. Non è che le scie servano a decorare il cielo: le scie avvelenano TUTTO e TUTTI.
Non siamo fedeli alla Terra (Mater), come ci ammoniva il buon Federico.
Ciao e grazie.
Timor, ubi maior minor cessat e quindi ricambio l'abbraccio, senza aggiungere altro.
RispondiEliminaCiao
le zucchine del mio orto per fortuna oltre ad essere naturali sono belle grosse; su quello che c'è dentro però non ci scommetto, ci saranno un po' di metalli pesanti ed altre porcherie rilasciate dagli aerei con le loro scie tossiche
RispondiEliminacerto sembra che siamo vicini ad un punto di non ritorno, ma non disperiamo, con la disperazione la si da vinta ai nostri demoniaci dominatori
Corrado, quando vedo sui banchi del mercato della frutta e della verdura, resto esterrefatto.
RispondiEliminaSe ti piace il vino, ti consiglio di pasteggiare con un sapido... BARIOlo.
:)
Sono del parere che con 'spina nella carne' Kierkegaard alludesse ad una sofferenza di carattere psico-fisico e quindi ad un problema ben diverso da quello originario contenuto nella letteratura paolina.
RispondiEliminaSe per Paolo la 'spina nella carne' corrisponedva ad un malanno cronico di tipo fisico - e qui si è arzigogolato sulla natura della malattia medesima: asma bronchiale, ipertrofia prostatica, zoppìa e chi più ne ha più ne metta - ben diversa appare la situazione dei moderni, a partire dalla metà del Settecento in poi.
Insomma s'è verificata come una mutazione del funzionamento delle anime ed è comparsa sulla scena l'angoscia esistenziale, male oscuro del tutto sconosciuto agli uomini dei secoli andati.
Male quasi incurabile che nel caso dei moderni corrisponde ad un blocco del flusso energetico sottile a livello di quella zona che lo Zen definisce 'hara' e che si identifica grosso modo con il plesso solare.
Da un punto di vista bioenergetico si tratterebbe di una contrattura cronica della zona anteriore del muscolo diaframma, contrattaura che viene percepita con un senso di angoscia,di blocco, di disperante impotenza a funzionare liberamente e spontanemente. Insomma una specie di infernale gabbia psichica che tanto ha segnato l'esistenza delle persone a partire dall'immaginario ma paradigmatico giovane Werther passando per Kierkegaard e giù giù sino ai giorni nostri.
Patologia dell'anima davvero strana che sta ad indicare una mutazione delle componenti fluidiche, sottili dell'essere umano e la cui natura non avrebbero potuto intendere che so gli uomini del Medio Evo o del Rinascimento.
Che cosa stia ad indicare questa incresciosa sofferenza non saprei dire con precisione. Forse si tratta un segnale che l'anima manda alla coscienza, indizio di una mutata situazione della Maya in cui gli uomini della Fine dei Tempi si sono venuti a trovare.
La soluzione ad una simile incresciosa paralisi ontologica si trova sicuramente nel salto verso la Trascendenza, la quale verrebbe a riorganizzare ed armonizzare gradualmente tutte le componenti sottili del composto umano.
Ma il dsicorso vale naturalmente solo per chi si trovi in grado di spiccare il volo.
Qualcosa si ruppe agli albori dell'età contemporanea. Forse anche nell'antichità, in pur rari casi, si manifestò questa angoscia innominabile: Lucrezio nel De rerum natura ce ne offre una descrizione piena di pathos.
RispondiEliminaVero è che tale disagio ha assunto proporzioni ipertrofiche in questi ultimi tempi: basti l'esempio del lancinante, fluviale e talora cerebrale romanzo Il male oscuro di Giuseppe Berto.
Il salto verso la Trascendenza è un salto nel buio. Se solo vedessimo quanta luce si irradia oltre...
Ciao e grazie della dotta glossa.
"So che le mie questioni sono sempre forse confinate in una ratio di tipo filosofico e non attengono ad una tensione mistica"
RispondiEliminaE' forse proprio in questa ancipite consapevolezza che risiede l'essenza del malessere. Leggevo recentemente un bell'articolo sull'energia sottile nel quale l'autrice, constatato come il pianeta sia un enorme essere vivente, propone un'analogia tra la mentalita' occidentale e orientale come, rispettivamente, la parte sinistra e destra della mente terrena: "La civilta’ occidentale e quella orientale sono polari, come i due emisferi della mente.
Il nostro cervello ha due parti: una mente logica e una intuitiva. Cosi’ nel mondo l’emisfero occidentale e’ stato logico, analitico, portato alla specializzazione, scienza e tecnica; quello orientale e’ globale, intuitivo, rivolto alla spiritualita’ e alla metafisica." Inoltre l'Occidente, con il suo privilegiare la ragione e la logica su intuizione e immaginazione, non ha fatto altro che accrescere il proprio ego (con l'aiuto della tecnica) fino ad illudersi di possedere un primato (?) culturale sul mondo intero. Certo, probabilmente le cose non sono sempre andate cosi', ai tempi di Platone la filosofia godeva verosimilmente di orizzonti piu' larghi e tuttavia, se come afferma Husserl, Descartes deve essere considerato come "l'originario genio fondatore della filosofia moderna nel suo complesso", allora ben si comprende dove si fonda l'errore. Nella separazione tra res cogitans e res extensa e conseguente cristallizzazione del flusso conoscitivo nell'emisfero sinistro, che divide e seziona l'oggetto della conoscenza senza assimilarlo, e' lecito rintracciare la scaturigine di quel malessere esistenziale della modernita', ben sintetizzato dalla "spina nella carne" di Kierkegaard. L'isolamento e la dissezione dell'essere generano angoscia, ed e' proprio sulla paura e sull'orrore che paralizzano l'energia psichica ed impediscono l'estrinsecarsi delle enormi potenzialita' silenti dell'uomo che hanno gioco facile gli schiavisti, i carcerieri dell'anima (sara' un caso, ma il giro di vite nel regno del male avviene nel cuore dell'emisfero sinistro del mondo: 1717, nascita massoneria speculativa a Londra; 1743, ufficializzazione della casata dei rottenschild a Francoforte). E' pertanto vivamente auspicabile un matrimonio ed un incontro armonico tra le due culture e tra i due emisferi in modo tale da ricongiungerli sia nel microcosmo che nel macrocosmo. In parte il miracolo stava anche avvenendo (si pensi al prolifico incontro tra Bohm e Krishnamurti), ma ci hanno subito pensato i diabolici bush brothers a riacutizzare le divisioni con l'invenzione del terrorismo internazionale (e prima di loro gli altrettanto diabolici architetti della guerra fredda). Infine, sarebbe anche utile se all'universita' (ma anche alle superiori) ci proponessero accanto ai vari Shopenhauer, Nietzsche, Heidegger ed altri falliti dell'esistenza che provano il riscatto nel pensiero, anche maestri indiani quali Osho, Krishnamurti e Nisargadatta Maharaj.
Grazie e chiedo venia per il consueto ritardo nel commentare.
PS: sull'ateismo di Nietzsche non ci metterei la mano sul fuoco, il filosofo tedesco infatti non aveva un atteggiamento univoco su quasi nulla, da qui i vari richiami e appelli al "dio ignoto" che si ritrovano sparsi negli appunti e nelle poesie.
Carissimo Rocco, il tuo commento è molto denso e meditato.
RispondiEliminaComincio dalla fine: forse Nietzsche era un nostalgico di Dio. Il suo ateismo non fu radicale quanto la proclamazione di tale "fede".
Sulla scissione tra i due emisferi e le due concezioni del mondo, mi soffermai in articoli non recenti, ad esempio in Horror pleni. E' vero in gran parte quanto scrivi, benché forse l'antitesi tra Oriente ed Occidente sia più sfumata di quanto non si pensi. D'altronde, se così non fosse, l'Oriente sarebbe stato fecondato dal Buddhismo, dal Taoismo etc. Invece, ancora prima che i Gesuiti e gli occidentali corrompessero la Cina, l'India, il Giappone etc., già i messaggi di Siddharta, Lao Tze... erano stati snaturati e piegati ad esigenze pragmatiche. Inolte anche l'Occidente ha la sua tradizione mistica che culmina in figure come Bohme. E' vero anche che siamo abituati a dividere, pure quando si potrebbe unire: penso al proficuo sodalizio Jung-Pauli che potrebbe essere di modello per un percorso di sintesi.
Nondimeno mi chiedo se questa dicotomia, che tanto bene descrivi e deplori, non rispecchi, anche se in piccolissima parte, un dualismo originario, dacché l'essere si è manifestato e scisso da sé stesso.
D'altronde il vocabolo greco bios, vita, assomiglia a bia, violenza (una coincidenza?): la vita come risultato doloroso di una divisione interna, di un ri-flettersi nello specchio del mondo che è anche flettersi, piegarsi nello spazio e nel tempo?
Osho è stato ed è biasimato, perché - si dice -vivesse negli agi, ma ha scritto pagine molto belle, come Krishnamurti e Nisargadatta, forse, però, anche antichi filosofi li anticiparono. Si ritiene che Osho sia stato eliminato dai manigoldi al potere: credo sia possibile.
Ciao e grazie.
P.S. L'aggettivo "ancipite" è quanto mai idoneo.
Grazie a te per la replica, caro Zret. La dicotomia e il dualismo che eventualmente
RispondiEliminavengono rispecchiati sono quelli provvisori ed illusori di questa piccola porzione del tutto, forse addirittura creata da un demiurgo. Ritengo che la vita individuata hic et nunc sia forse
viziata da un portato ancestrale di separazione (che può spingere alla violenza a cui tuttavia sta a noi tentare di porre un argine), ma la
fonte, il principio, l'essenza vitale - che i greci chiamavano Zoé - e' incontaminata e pura, ed e' ciò a cui credo si deve mirare (senza
tuttavia biasimare e/o condannare i mezzi, la scala ascendente che ci permette di raggiungerla). Voglio sperare che la successione degli eoni in questa (ir)realtà temporale non avvenga in maniera meramente circolare, ma abbia la forma di una spirale ascendente.
Quanto a Osho, sono al corrente del biasimo e ammetto di essere stato ingannato a mia volta dalle dicerie, le Rolls Royce, ecc.
Ciononostante dopo aver letto alcuni suoi libri e visto alcune sue interviste, sono convinto che si tratti della solita trappole mediatica: prima di eliminare un personaggio pubblico ammirato, specie se un maestro spirituale, bisogna screditarlo di fronte all'opinione pubblica. E così e' avvenuto, poi hanno usato la solito tattica già messa in pratica col povero Reich - i cui libri furono messi pubblicamente al rogo, e noi che ci lamentavamo del nostro Savonarola..
Consiglio la visione dei seguenti spezzoni:
http://www.youtube.com/watch?v=kK4aVB1uPOg&feature=search
http://www.youtube.com/watch?v=O9we864sMns&feature=search
http://www.youtube.com/watch?v=nZ6eTcL4iGg&feature=search
http://www.youtube.com/watch?v=5-7JSIDgcLk&feature=search
Sulla pena di morte:
http://www.youtube.com/watch?v=3iKDAhN_hl4&feature=search
Grazie e a presto.
Carissimo Rocco, il dualismo potrebbe originare da un demiurgo che creò lo spazio-tempo? Lo ritengo possibile. Credo che il percorso del cosmo sia discendente-involutivo per poi risalire la china. Non so se questo sia un ciclo destinato a ripetersi all'infinito o una catabasi seguita da un'anabasi che culmina nel ritorno definitivo e risolutivo alla Fonte. Propenderei per la seconda ipotesi: il manifesto è stato una sorta di esperimento con i suoi benefici ed i suoi limiti, ma alla fine dell'ultimo eone, deve restare una Perfezione che non sia incrinata neppure dalle crepe di una "realtà" illusoria. Aludevo a questa idea in Night knight.
RispondiEliminaConcordo su Osho: prima fu screditato, poi eliminato. Affrontò la morte con coraggio e saggezza, un po' come Socrate: di fronte alla morte si vede la grandezza di un uomo.
Grazie delle segnalazioni e dai luminosi contributi.
Ciao