L'uomo è un animale simbolico. La lingua, che connota la specie Sapiens sapiens, è un fenomeno la cui genesi resta enigmatica. Infatti la lingua è un sistema che implica numerose articolazioni e corrispondenze: la biologia da sola non può spiegare né la nascita del codice né la sua complessità. Il codice è basato su segni e su modi di funzionamento. Sebbene non sia corretto considerare il segno un vero e proprio simbolo, essendo il simbolo un archetipo, un "serbatoio" pressoché inesauribile di sensi, è vero che il segno è l'unione di un significante e di un significato. Tale congiungimento è ben espresso dal verbo greco "synballein", che vale letteralmente "gettare insieme", quindi "unire".
E' presumibile che valori simbolici siano insiti nell'uomo inteso come specie: schemi innati, attraverso varie trasformazioni, generano modelli comunicativi. E' verosimile che il D.N.A. - non a caso definito codice genetico - giochi il suo ruolo nella costruzione del linguaggio. Così gli idiomi naturali potrebbero essere il risultato di una convergenza tra strutture a priori e fenomeni appresi durante la vita. Non è tanto, però, una sinergia tra biologia e cultura, quanto una concordanza tra categorie primarie (trascendentali?) ed influssi socio-culturali. Nell'ambito di queste concezioni, il celebre incipit del Vangelo detto di Giovanni, assume una particolare valenza: "In principio era il Logos" si può leggere anche come "In principio era il linguaggio, l'informazione?".
La quintessenza della lingua pare possedere una natura metafisica e, rispetto a De Sausurre ed ai suoi epigoni che vedono nella langue un sistema arbitrario di correlazioni, ha ragione Gadamer che considera le espressioni linguistiche motivate. E' vero che "albero" in inglese è "tree", in greco è "dendron", in latino "arbor" etc. Queste differenze strutturali, però, non dimostrano la totale convenzionalità del rapporto tra segno ed oggetto, poiché è quasi sempre possibile individuare delle connessioni profonde tra il termine e l'oggetto.
Semplificando, si potrebbe distinguere tra simboli elementari (i segni, volgarmente "parole") ed i simboli complessi: se l'origine dei primi è difficile da conoscere, il discorso vale ancora di più per i simboli complessi, ossia le immagini stratificate, plurivoche, dense, gli archetipi sedimentati nel superconscio e che si palesano nell'arte, nelle esperienze oniriche, nei disegni dei bambini… Esistono simboli elementari inclusi in simboli complessi, come tante scatole cinesi.
Riprendo l’esempio dell’albero. In Genesi sono menzionati due alberi del Paradiso: l’albero della Scienza e l’albero della Vita. Ora è evidente che il vocabolo “albero” è qui un simbolo elementare, ossia il lessema che designa un preciso referente composto da radici, tronco, rami, foglie etc. E’ altresì palese, però, che nel contesto biblico, i due alberi sono emblemi.
René Guénon, richiamandosi soprattutto agli studi di Louis Charbonneau-Lassay, ricorda che l’albero della Vita è l’Axis Mundi, il Centro del Mondo, mentre l’albero della Conoscenza esprime la dualità cosmica. E’ questa un’esegesi ancorata ai valori della Tradizione. Tuttavia, a causa della ricchezza semantica che contraddistingue i simboli, continuamente nutriti di nuovi significati, un po’ come il mare che riceve le acque di fiumi, torrenti e piogge, gli alberi della Genesi forse evocano pure qualcos’altro né si deve dimenticare che alcune almeno apparenti anomalie del racconto biblico esigono un continuo aggiustamento delle ipotesi ermeneutiche ed una rilettura degli influssi storici e culturali.
E' presumibile che valori simbolici siano insiti nell'uomo inteso come specie: schemi innati, attraverso varie trasformazioni, generano modelli comunicativi. E' verosimile che il D.N.A. - non a caso definito codice genetico - giochi il suo ruolo nella costruzione del linguaggio. Così gli idiomi naturali potrebbero essere il risultato di una convergenza tra strutture a priori e fenomeni appresi durante la vita. Non è tanto, però, una sinergia tra biologia e cultura, quanto una concordanza tra categorie primarie (trascendentali?) ed influssi socio-culturali. Nell'ambito di queste concezioni, il celebre incipit del Vangelo detto di Giovanni, assume una particolare valenza: "In principio era il Logos" si può leggere anche come "In principio era il linguaggio, l'informazione?".
La quintessenza della lingua pare possedere una natura metafisica e, rispetto a De Sausurre ed ai suoi epigoni che vedono nella langue un sistema arbitrario di correlazioni, ha ragione Gadamer che considera le espressioni linguistiche motivate. E' vero che "albero" in inglese è "tree", in greco è "dendron", in latino "arbor" etc. Queste differenze strutturali, però, non dimostrano la totale convenzionalità del rapporto tra segno ed oggetto, poiché è quasi sempre possibile individuare delle connessioni profonde tra il termine e l'oggetto.
Semplificando, si potrebbe distinguere tra simboli elementari (i segni, volgarmente "parole") ed i simboli complessi: se l'origine dei primi è difficile da conoscere, il discorso vale ancora di più per i simboli complessi, ossia le immagini stratificate, plurivoche, dense, gli archetipi sedimentati nel superconscio e che si palesano nell'arte, nelle esperienze oniriche, nei disegni dei bambini… Esistono simboli elementari inclusi in simboli complessi, come tante scatole cinesi.
Riprendo l’esempio dell’albero. In Genesi sono menzionati due alberi del Paradiso: l’albero della Scienza e l’albero della Vita. Ora è evidente che il vocabolo “albero” è qui un simbolo elementare, ossia il lessema che designa un preciso referente composto da radici, tronco, rami, foglie etc. E’ altresì palese, però, che nel contesto biblico, i due alberi sono emblemi.
René Guénon, richiamandosi soprattutto agli studi di Louis Charbonneau-Lassay, ricorda che l’albero della Vita è l’Axis Mundi, il Centro del Mondo, mentre l’albero della Conoscenza esprime la dualità cosmica. E’ questa un’esegesi ancorata ai valori della Tradizione. Tuttavia, a causa della ricchezza semantica che contraddistingue i simboli, continuamente nutriti di nuovi significati, un po’ come il mare che riceve le acque di fiumi, torrenti e piogge, gli alberi della Genesi forse evocano pure qualcos’altro né si deve dimenticare che alcune almeno apparenti anomalie del racconto biblico esigono un continuo aggiustamento delle ipotesi ermeneutiche ed una rilettura degli influssi storici e culturali.
L'essere ha bisogno di un imprinting iniziale, di fatti l'apatia è un fenomeno che si verifica in soggetti posti a stress. Nei quali le emozioni vengono sovraccaricate.
RispondiEliminaIl rischio è di vivere una reminiscenza continua, l'essere non è più in divenire ma incatenato alle scelte volute o non volute. Uno stupro dell'io come fu in origine.
L'origine cognitiva è dettata a parere mio anche dall'archetipo che più ci figura.
Comunque tutto si trova ove vogliamo, il limite non è nell'esterno ma nelle nostre coscienze, il gioco dei burattinai e togliere la reale coscienza collettiva per soppiantarla con nuovi idoli e menzogne.
ciao
Fenice, l'origine degli archetipi non è chiara: probabilmente sono impressi nel nostro essere come il sigillo sulla cera. E' vero: i burattinai intendono soppiantare la coscienza con un chip. E' un folle progetto di chi scambia il cervello per la coscienza.
RispondiEliminaA proposito di pupari, segnalo il dossier sui vaccini approntato dall'amico Corrado:
http://scienzamarcia.blogspot.com/2010/09/il-dossier-e-pronto-da-scaricare.html
Ciao e grazie.
Il breve salmo o inno al Logos appeso come cappello all'esordio del Vangelo di Giovanni deriva dalla Gnosi alessandrina. I redattori del Quarto Vangelo hanno avuto l'dea di usare simile testo attaccandolo 'tant bien que mal' - come avrebbe detto Alfred Loisy - alla narrazione degli eventi mitici, che segnano appunto l'inzio del testo originariamente gnostico, a suon di interpolazioni e di modifiche.
RispondiEliminaLa traduzione del sostantivo 'logos' non appare semplice. Pur tuttavia il significato corrisponde con buona approssimazione al nostro 'parola' e per estensione al termine 'discorso'. Del tutto fuorviante e da escludere, almeno a mio parere, l'assimilazione al sostantivo 'informazione'. L'informazione è una preoccupazione affatto moderna e non doveva che minimamente sfiorare il pensiero antico.
Un breve cenno anche al problema del centro. Dal punto di vista geometrico il centro corrisponde sempre ad un punto immateriale e quindi privo di estensione. Non possiamo pertanto parlare di 'asse' uguale a 'centro'. L'asse è da considerarsi invece una successione di punti immateriali a formare una retta. L''axis mundi' passa per il centro ma, a rigor di termini, non lo è.
Ciao
E' arduo definire l'alone semantico relativo a Logos: se si considera la radice greca è possibile che evochi il suono, la parola, prima che essa sia tradotta in una dimensione grafica, quindi alluderebbe al carattere primigenio e sacro del linguaggio. Il prologo del Quarto vangelo credo sia un passo su cui l'ermeneutica si affaticherà ancora.
RispondiEliminaIl centro è senza dubbio un punto immateriale, ma l'idea di punto privo di estensione era quasi del tutto estranea alla mentalità antica a tal segno che la stessa geometria euclidea non accoglieva del tutto le nozioni astratte peculiari della matematica contemporanea, come scrissi in Fine dell'infinito.
Ciao e grazie.
P.s. Vero è che intendere l'Axis MUndi come centro è improprio. Non trascurerei il valore cosmico-precessionale fuso, nell'espressione, con quello simbolico.
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