Leggi qui la seconda parte.
L’esperimento di Libet rischia di causare il crollo delle concezioni idealiste e neo-idealiste. Benjamin Libet è stato un fisiologo noto segnatamente per aver ideato un test in cui si voleva osservare la relazione tra azione pre-cosciente e decisione volontaria. I risultati ottenuti dal suo esperimento sembrerebbero dimostrare che il libero arbitrio non esiste.
Infatti colui che monitora il nostro cervello attraverso un sistema a scansione è in grado di sapere prima di noi ciò che noi decideremo circa mezzo secondo dopo, perché qualcuno o qualcosa, là tra i meandri dei neuroni appartenenti all’encefalo, sembra averlo pre-stabilito. Stando ai risultati di tale esperienza, l’uomo può solo decidere ciò che è già stato deciso da un quid che agisce prima che si esplichi la volizione.
E’ ovvio che l’esperimento di Libet non ha carattere conclusivo: è solo un piccolo contributo nello sforzo di lumeggiare una questione assai ostica e che si può riassumere nel dualismo tra libertà e predestinazione, tema che tanto assillò intere generazioni di teologi e di filosofi tesi a cercare di conciliare l’inconciliabile: la Provvidenza e la responsabilità umana, la “fortuna” e la “virtù” (Machiavelli), magari attribuendo in modo del tutto soggettivo delle percentuali di forza all’una o all’altra. Fortuna 50 per cento, virtù idem oppure fortuna 30 e virtù 70… Ognuno si inventa la sua percentuale, secondo il capriccio del momento: l’importante è assegnare al destino le sventure e le sconfitte, alle proprie decisioni i successi e la prosperità. Una visione molto profonda ed obiettiva!
L’uomo rinuncerebbe alla felicità, ma mai al convincimento di essere faber fortunae suae (Appio Claudio Cieco), artefice della propria sorte. Questa cieca fiducia, distintiva soprattutto della cultura occidentale, è alla base della fede dei “nuovi credenti”: non solo la libertà ci consente di operare delle scelte, ma essa si rafforza a tal punto da plasmare, almeno in una certa misura, la realtà. Anzi, la realtà stessa si assottiglia, si svuota per diventare un contenitore dell’io.
Si ripete così che siamo co-creatori: il pensiero umano contribuisce a determinare lo sviluppo degli eventi, a modellare le sembianze del flusso fenomenico. Come ciò avvenga, non è molto chiaro, ma di solito ci si appella al potere dell’intenzione, alla focalizzazione sull’obiettivo, alla legge dell’attrazione: sono tutti concetti di notevole complessità filosofica che, nei libri di improvvisati guru e di scalcinati, ma scaltri maestri, diventano formulette da applicare nella pausa post-prandium.
Purtroppo tutti questi concetti, depauperati e sovente strumentalizzati a fini commerciali, non sono indagati nelle loro valenze filosofiche. Per di più sono mischiati con ingredienti di “darwinismo cosmico e psicologico” che riassumerei nel modo seguente: l’universo duale è emanato da una Coscienza che per acquisire coscienza di sé (?) (o Conoscenza?) deve evolvere. Per evolvere è necessario che sia posto un ostacolo (il Male o qualcosa di affine: qui si nota una somiglianza con l’Idealismo di Fichte che concepiva il Non-Io, la natura come impedimento situato dall’Io, per affermare sé stesso e la sua libertà). Gli uomini sono parte della Coscienza e, attraverso esperienze oppositive diluite in diverse vite, alla fine acquisiranno la piena coscienza e la conoscenza superiore. Siamo dei. Se non lo siamo, lo diventeremo.
Infatti colui che monitora il nostro cervello attraverso un sistema a scansione è in grado di sapere prima di noi ciò che noi decideremo circa mezzo secondo dopo, perché qualcuno o qualcosa, là tra i meandri dei neuroni appartenenti all’encefalo, sembra averlo pre-stabilito. Stando ai risultati di tale esperienza, l’uomo può solo decidere ciò che è già stato deciso da un quid che agisce prima che si esplichi la volizione.
E’ ovvio che l’esperimento di Libet non ha carattere conclusivo: è solo un piccolo contributo nello sforzo di lumeggiare una questione assai ostica e che si può riassumere nel dualismo tra libertà e predestinazione, tema che tanto assillò intere generazioni di teologi e di filosofi tesi a cercare di conciliare l’inconciliabile: la Provvidenza e la responsabilità umana, la “fortuna” e la “virtù” (Machiavelli), magari attribuendo in modo del tutto soggettivo delle percentuali di forza all’una o all’altra. Fortuna 50 per cento, virtù idem oppure fortuna 30 e virtù 70… Ognuno si inventa la sua percentuale, secondo il capriccio del momento: l’importante è assegnare al destino le sventure e le sconfitte, alle proprie decisioni i successi e la prosperità. Una visione molto profonda ed obiettiva!
L’uomo rinuncerebbe alla felicità, ma mai al convincimento di essere faber fortunae suae (Appio Claudio Cieco), artefice della propria sorte. Questa cieca fiducia, distintiva soprattutto della cultura occidentale, è alla base della fede dei “nuovi credenti”: non solo la libertà ci consente di operare delle scelte, ma essa si rafforza a tal punto da plasmare, almeno in una certa misura, la realtà. Anzi, la realtà stessa si assottiglia, si svuota per diventare un contenitore dell’io.
Si ripete così che siamo co-creatori: il pensiero umano contribuisce a determinare lo sviluppo degli eventi, a modellare le sembianze del flusso fenomenico. Come ciò avvenga, non è molto chiaro, ma di solito ci si appella al potere dell’intenzione, alla focalizzazione sull’obiettivo, alla legge dell’attrazione: sono tutti concetti di notevole complessità filosofica che, nei libri di improvvisati guru e di scalcinati, ma scaltri maestri, diventano formulette da applicare nella pausa post-prandium.
Purtroppo tutti questi concetti, depauperati e sovente strumentalizzati a fini commerciali, non sono indagati nelle loro valenze filosofiche. Per di più sono mischiati con ingredienti di “darwinismo cosmico e psicologico” che riassumerei nel modo seguente: l’universo duale è emanato da una Coscienza che per acquisire coscienza di sé (?) (o Conoscenza?) deve evolvere. Per evolvere è necessario che sia posto un ostacolo (il Male o qualcosa di affine: qui si nota una somiglianza con l’Idealismo di Fichte che concepiva il Non-Io, la natura come impedimento situato dall’Io, per affermare sé stesso e la sua libertà). Gli uomini sono parte della Coscienza e, attraverso esperienze oppositive diluite in diverse vite, alla fine acquisiranno la piena coscienza e la conoscenza superiore. Siamo dei. Se non lo siamo, lo diventeremo.
Ciao Zret, vorrei proporre una somma algebrica.Inesistenza del libero arbitrio+smascheramento del darwinismo(sua totale infondatezza) a che cosa è uguale?buona settimana.Rob
RispondiEliminaPasso.
RispondiEliminaCiao
Singalong, io andrei cauto a parlare di totale infondatezza del darwinismo. A parte ciò, il libero arbitrio esiste, perché nessuno mi ha obbligato a risponderti (se non forse la segreta speranza di dare inizio a un'appassionante fiammata dialettica), e invece ho preso carta e penna, metaforicamente, e ti ho scritto queste inutili parole.
RispondiEliminaIl libero arbitrio, Freeanimals, può essere al massimo un postulato della ragion pratica.
RispondiEliminaNeo-darwinismo? Parole non ci appulcro.
:)
Ciao
"Abbia pietà!", diceva Fantozzi in una delle sue simpatiche smorfie di sottomissione. "Abbi pietà, Zret!", dico io, sulla falsariga di Paolo Villaggio. Non ho un dizionario qui a portata di mano e wikipedia non conosce il verbo "appulcrare". Mi rendo conto che è una citazione di qualche dotto del passato, ma io non l'ho mai sentita. Se hai tempo e voglia, ti chiedo gentilmente una volgarizzazione. Sai, Darwin è stato il mio grande amore di quand'ero adolescente....grazie, comunque.
RispondiEliminaFreeanimals, non hai mai letto la Divina Commedia? Non ricordo il verso preciso ma comunque è di Dante Alighieri che si tratta.
RispondiEliminaCiao!
Dal settimo canto (Inferno):
RispondiEliminaMal dare e mal tener lo mondo pulcro ha tolto
loro, e posti a questa zuffa: qual ella sia, parole non ci appulcro.
Freeanimals, il sommo poeta, usando le parole pulcro, sepulcro, appulcro (abbellire), tutti preziosi latinismi, creò una rima rara. "Pulcher" vale "bello" e, secondo un'etmologia fantasiosa, il sepolcro è il luogo senza bellezza.
RispondiEliminaCiao
Ciao Paolo, ciao Wlady.
RispondiEliminaBuona serata.
Vi ringrazio tutti. Alfa privativa davanti a sepolcro significa che la tomba non è mai bella? Pulchra puella. Reminiscenze scolastiche. Okay!
RispondiEliminaZret, metti a dura prova le mie sinapsi: ora dovrò passare mezza giornata a cercare di capire i nessi tra il darwinismo, la Divina Commedia e il sepolcro senza bellezza. Ci metti un po' di ermetismo, di' la verità, Zret!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaEgr. Sig. Zret è d'uopo ritenere l'intellettualismo quale forma di teoria umana che porti al divino, ma non sembra che secoli di codesti arcani vaneggiamenti abbiano anche solo di una virgola migliorato la coscienza umana visti i frutti che ognuno produce nella realtà.
RispondiEliminaMi consenta di ricordarle che le favole seppur belle si raccontano agli infanti per tenerli incantati e addormentarli, essi poi le raccontano ai loro simili con lo stesso risultato. Ma ciò non cambia il loro comportamento ribelle e distruttivo. Basta vedere cosa fanno se lasciati a fare ciò che vogliono. Questa è la realtà il resto è solo teoria vaneggiante, appunto favola.
E' molto triste vedere tanti intelletti così sprecati nell'incanto, mentre essi non producono una sola virgola di utile concretezza nella realtà. Al Sig. Paolo vorrei far notare che tutti i suoi dissensi, per quanto informati, sono solo il parto della sua stessa favola.
Con Osservanza.
Eli'Yah
Eliyah, avrai notato l'ironia che serpeggia nell'articolo.
RispondiEliminaCirca il Tuo giudizio sui dissensi di Paollo, sono del tutto in disaccordo. Paolo è uomo di indiscussa ed indiscutibile caratura culturale ed etica.
Ciao e grazie.
Veramente, Freeanimals, il discorso ha deviato dalla strada principale.
RispondiEliminaCiao
Bravo Eliyah! Hai detto giusto quando affermi che ognuno di noi incarna una favola. Io ti correggerei dicendo che ognuno di noi invera un mito. E forse anche tu ti sei accorto da tempo che il vero obiettivo dell'esistenza consiste nell'abbandonare la dimensione cosiddetta oggettiva ovvero solamente razionale della quotidianità per rientrare nel flusso della consapevolezza mitica primordiale.
RispondiEliminaNon capisco dove tu voglia arrivare con le tue critiche. Dov'è che sbagliamo? Dov'è che sbaglio? A quello che scrivo sono giunto dopo infinite peregrinazioni culturali e spirituali. Tu pensi che le mie idee si siano formate 'over-night'? Sono meno ingenuo di quel credi.
Temo che Eliyah sia un provocatore. Tra l'altro, il termine "favola" è improprio, anche se entrato nell'uso corrente, perché bisognerebbe usare il lessema "fiaba" con il significato di illusione fantastica.
RispondiEliminaComunque mito e fiaba sono creazioni profondissime che trascendono la banale, anodina dimensione "oggettiva" e sarei onorato, se fossi definito "inventore di fiabe".
Si disdegna tanto l'intellettualismo, ma non disdegna di praticarlo, eppure ci sono parole semplici che possono dire lo stesso discorso senza fare voli pindarici, ops volevo dire ciurlare nel manico.
RispondiEliminaMa le studiano proprio tutte per emergere e non dire nulla.
Il mondo del web è anche questo ... purtroppo.
Buona notte a tutti, wlady
A volte mi chiedo anche io quale sia il senso di tutto. Ripercorrendo la mia vita a volte mi sono accorto di piccoli segnali, coincidenze che mi fanno davvero pensare all'esistenza di una predestinazione.
RispondiEliminaSignificativa è l'immagine che hai scelto a corredo di questo articolo con la mano di Dio che gioca a scacchi con le nostre vite.
Ci illudiamo di poter cambiare le cose, di plasmare la realtà, ma forse è già stato tutto scritto da una intelligenza superiore.