(Tintinni a invisibili porte/ che forse non s’aprono più?...): sono questi due versi del celebre componimento di Giovanni Pascoli, intitolato “L’assiuolo” e tratto da “Myricae”. Purtroppo l’interpretazione corrente di questi versi, pur non del tutto erronea, è epidermica: si suole ripetere che “le porte che forse non s'aprono più" sono il confine tra la vita e l’aldilà, ad esprimere un’ormai vacillante fede in un’esperienza ultraterrena. Tale esegesi è, però, parziale ed un po’ decentrata. L’autore si interroga su porte che non si possono forse più disserrare: ora è evidente che gli uomini continuano a morire sicché il senso profondo della domanda è differente. Il poeta cerca di comprendere per quale motivo non si riesca più a percepire i regni invisibili, superando il limitare tra la dimensione empirica, in cui è confinata “la nostra povera ragione”, e le sfere di una realtà ulteriore.
Pascoli fu l’ultimo (o uno degli ultimi?) esponente di una linea artistica che fu tracciata in un solco esoterico. Ne ebbe probabilmente una consapevolezza limitata e nebulosa, ma ancora suscettibile di disseminare tracce di un sapere quasi del tutto perduto. Tra questi indizi si può annoverare la coscienza che il mondo non è circoscritto all’”oggettività” fenomenica esperita dai cinque sensi. E’ una coscienza crepuscolare e confusa che si manifesta in dubbi ed interrogazioni, in sospesi silenzi ed in suoni perplessi. Così lo scrittore, pur non accedendo a piani metafisici, non rinuncia a cercare interstizi in cui la nostra angusta dimensione lascia intravedere barlumi di altri livelli. All’interno della suggestiva poesia, l’evocazione dei riti celebrati in onore di Iside, tramite la metonimia dei sistri dai suoni argentei, è la sfocata reminiscenza di orizzonti immateriali.
Veramente oggi siamo ottusi e ciechi: concentriamo la nostra attenzione sulla materia tangibile, ma ci disinteressiamo di ciò che non percepiamo. Addirittura se ne nega, in modo scientista, l’esistenza. Tutti sanno che un’arma da fuoco causa ferite più o meno gravi o persino la morte, ma quali ferite provocano un pensiero malevolo, uno sguardo invidioso, una parola ingiuriosa o iniqua! Sono lesioni invisibili, ma non meno dolorose e traumatiche di quelle che piagano il corpo.
Si afferma che alcuni bambini e sensitivi sono in grado di vedere l’aura: se tutti potessero scorgerla, resterebbero esterrefatti di fronte alle volute di grigi stagnanti che avvolgono molte persone. Ci percepiremmo agglutinati in una gelatina graveolente.
Vice versa, se vedessimo quali riverberi adamantini e quali colori briosi si sprigionano da un abbraccio, da un sorriso o da una frase di sincera solidarietà, se vedessimo la luce profumata che si irradia dall’anima, capiremmo che in una pupilla può nascere un sole.
Pascoli fu l’ultimo (o uno degli ultimi?) esponente di una linea artistica che fu tracciata in un solco esoterico. Ne ebbe probabilmente una consapevolezza limitata e nebulosa, ma ancora suscettibile di disseminare tracce di un sapere quasi del tutto perduto. Tra questi indizi si può annoverare la coscienza che il mondo non è circoscritto all’”oggettività” fenomenica esperita dai cinque sensi. E’ una coscienza crepuscolare e confusa che si manifesta in dubbi ed interrogazioni, in sospesi silenzi ed in suoni perplessi. Così lo scrittore, pur non accedendo a piani metafisici, non rinuncia a cercare interstizi in cui la nostra angusta dimensione lascia intravedere barlumi di altri livelli. All’interno della suggestiva poesia, l’evocazione dei riti celebrati in onore di Iside, tramite la metonimia dei sistri dai suoni argentei, è la sfocata reminiscenza di orizzonti immateriali.
Veramente oggi siamo ottusi e ciechi: concentriamo la nostra attenzione sulla materia tangibile, ma ci disinteressiamo di ciò che non percepiamo. Addirittura se ne nega, in modo scientista, l’esistenza. Tutti sanno che un’arma da fuoco causa ferite più o meno gravi o persino la morte, ma quali ferite provocano un pensiero malevolo, uno sguardo invidioso, una parola ingiuriosa o iniqua! Sono lesioni invisibili, ma non meno dolorose e traumatiche di quelle che piagano il corpo.
Si afferma che alcuni bambini e sensitivi sono in grado di vedere l’aura: se tutti potessero scorgerla, resterebbero esterrefatti di fronte alle volute di grigi stagnanti che avvolgono molte persone. Ci percepiremmo agglutinati in una gelatina graveolente.
Vice versa, se vedessimo quali riverberi adamantini e quali colori briosi si sprigionano da un abbraccio, da un sorriso o da una frase di sincera solidarietà, se vedessimo la luce profumata che si irradia dall’anima, capiremmo che in una pupilla può nascere un sole.
Dici bene Zret: "Si afferma che alcuni bambini e sensitivi sono in grado di vedere l’aura".
RispondiEliminaSono i bambini "Indaco" (?)
Un caro saluto
wlady
Altra riflessione Zret, la figura che hai inserito si riferisce alla dea Iside? Visto che tiene in mano l'Ank una croce che simboleggia la vita? La Dea Iside, veniva raffigurata non a caso alata.
RispondiEliminawlady
Bambini in grado di vedere l'aura: possibile, se pensiamo che un bimbo non ha ancora i terribili filtri psichici della matrix. Un bambino è aperto agli impulsi dell'oltre, grazie all'immaginazione (prima che questa venga tarpata dalla cosiddetta educazione scolastica). I sensi fisici, sono solamente un aspetto delle nostre facoltà mentali: quali altri possibilità la coscienza contiene che non conosciamo? certamente una di esse andrebbe coltivata profondamente: l'intuizione.
RispondiEliminaWlady, credo che il concetto dei bambini indaco sia un poco invenzione new-age; penso piuttosto, che i bambini , possono essere "anime antiche" , almeno alcuni di essi, e quindi contenere tracce di memorie animico-genetiche che trascendano lo spazio-tempo ma che rimangono impresse come nodi focali da cui il quid intuitivo attinge per la conoscenza altra.
Wlady, ho conosciuto un bambino che vedeva l'aura. Ha ragione Andrea, che saluto, il concetto di bambini indaco e l'idea dei bambini cristallo appartengono, in una certa misura, alla New age, coacervo di tendenze per cui non nutro molta stima. Sempre come scrive Andrea, si tratta forse di anime antiche (tempo fa riflettei sul tema in un breve articolo) che preservano reminiscenze genetiche e psichiche: penso al caso di Boris.
RispondiEliminaSì, ho scelto un quadro con la dea Iside. Credo che la preghiera alla Vergine di Dante nell'ultimo canto del Paradiso, sia un inno, mutatis mutandis, ad Iside ed a quello che ella simboleggia.
Ciao e grazie.
Nella mia vita ho incontrato diverse persone in grado di percepire l'aura attorno a persone ed oggetti. Purtroppo quei signori non si sono mai sbilanciati nè dilungati con me circa le cose che percepivano. Io riuscii tanti anni fa a vedere l'aura violetta delle comuni bottiglie verdi per il vino dopo che avevo assunto un pò di codeina come calmante della tosse. Ma in seguito, per virtù naturale, mai più nulla.
RispondiEliminaPerchè hai tu forse la capacità di discernere spontaneamente le tonalità di grigio immateriale che avvolgerebbero certuni?
Pascoli aveva ricevuto l'iniziazione massonica e francamente non saprei dire se tale evento avesse potuto modificare le sue facoltà percettive nei confronti dei mondi invisibili oppure se tale evento avesse semplicemente slatentizzato facoltà connaturate al Vate.
Il mio 'guru' scrisse tanti anni fa che 'in certi componimenti pascoliani si respira l'aura dei Misteri ellenici'. Aveva sicuramente ragione e adduceva quale esempio la visione del Poeta rigurdante le evanescenti anime dei bambini abortiti, visione riportata nel densissimo 'Poemi Conviviali'.
Sia come che sia, Pascoli rimane un Autore non profano che come tale va affrontato se lo si vuol comprendere appieno.
Paolo, conosco una persona molto sensibile, se non sensitiva. Ella mi spiegò che molte aure sono grigie, segno di un profondo squlibrio psico-fisico. Altro, però, non mi volle rivelare.
RispondiEliminaSì, Pascoli era iniziato a certi Misteri. Si pensi anche alla poesia Il libro. Molto belli e raffinati i Poemi conviviali.
Ciao e grazie del dotto e dovizioso commento.
Il Pascoli scrisse anche "La cavallina storna", e chi possiede un cavallo capisce di cosa sto parlando.
RispondiElimina"Portasti colui che non ritorna".
RispondiElimina"...a me, chi non ritornerà più mai!
RispondiEliminaTu fosti buona... Ma parlar non sai!"
Giovanni Placido Agostino Pascoli, scrisse questa triste poesia alla morte del padre, avvenuta in circostanze misteriose nell'agosto del 1867
Faceva parte degli insegnamenti della lingua Italiana e antologia ai miei tempi; che non erano insegnati nelle superiori ma, nelle scuole medie e avviamento al lavoro.
Oggi tutto è perduto, ho appena fatto in tempo ad insegnare a mio figlio il Manzoni con i Promessi Sposi, e il contesto storico dove quelle vicende si sono verificate, per poi tradurle in prosa.
Cosa ne sarà dei miei nipotini (che tra l'altro vivono in terra Alemanna), non oso pensare; ma forse son vecchio io e non più adeguato...
wlady
Caro Zret, convengo con te e con gli altri amici, sulla presenza nella poesia di Pascoli di una dimensione più profonda - quante sue poesie imparammo alle elementari negli anni sessanta e che oggi non fanno più parte del programma scolastico. Quel certo senso che tutti abbiamo, un sovrasenso diciamo così, è in esilio da tempo, e non c'è bisogno di individuare in fantomatici bambini indaco-cristallo la nuova genìa della nuova era. Vi sono sempre stati i sensitivi, specialmente in età adolescenziale; col crescere, si perdono certe facoltà sovrasensibili a causa del processo di acculturazione che il sistema impone all'umanità. Pochi fuggono da tale ottundimento animico.
RispondiEliminaHo piacere di questo tuo post, che allude a dimensioni altre non necessariamente insondabili, di contro a certi altri tuoi scritti dove, una piega malinconica, quasi di quieta rassegnazione, emerge.
P.S.
Come li chiamo io, i rubinetti mentali, vanno tenuti sempre sgombri. Le porte non sono del tutto sbarrate. Basta trovare chiave e serratura... già.
Wlady, purtroppo oggi il sistema scolastico privilegia altri contenuti, anzi pseudo-conoscenze. Certo, la scuola di un tempo era un po' deamicisiana, ma almeno si apprendevano i rudimenti della lingua italiana e si incontravano autori che poi avrebbero aperto orizzonti.
RispondiEliminaCiao e grazie.
E' indubbio, Angelo: sono sempre esistiti uomini in grado di vedere oltre. Veggenti, vati, sibille, profeti... hanno squarciato il velo di Maya e lasciato brillare qualche favilla di dimensioni soprannaturali.
RispondiEliminaOggi, appena essi si accorgono che un bambino o un "folle" ha le antenne, subito gliele tagliano.
Ciao e grazie.
La straordinaria esperienza visionaria cui mi riferivo nel mio commento - riguardante appunto 'i figli non voluti' e cioè gli infanti abortiti volontariamente - si può leggere nel capitolo dei Poemi Conviviali intitolato 'L'etèra'.
RispondiEliminaSi tratta di una pagina a dir poco impressionante e che sembra toccare l'apice non solo della poesia pascoliana ma addirittura della poesia tragica di tutti i tempi. Scena carpita oltre il velo e descritta con realismo impressionante abbinato alla compassione per il drammatico destino toccato a certe anime.
Pagina da non perdere nel modo più assoluto.
paolo,
RispondiEliminagentilmente potrebbe scansionare la pagina in questione?
Grazie per tutto quello che riterrà opportuno offrire.
Caro Andretta,
RispondiEliminapuoi assaporare il brano poetico cui mi riferisco al seguente link:
http://it.wikisource.org/wiki/Poemi_conviviali/Poemi_di_Ate/II_L'et%C3%A8ra
:3 bello
RispondiElimina:)
RispondiEliminaCiao!
Imperdibile contributo, Paolo.
RispondiEliminaCiao
Gentilissimo paolo,
RispondiEliminala ringrazio dell'indicazione.
I versi a cui lei si riferisce nel suo commento del: martedì, marzo 15, 2011 9:26:00 AM, sono forse (?): Vide lì, tra gli asfòdeli e i narcisi,
starsene, informi tra la vita e il nulla,
ombre ancor più dell’ombra esili, i figli
suoi, che non volle. E nelle mani esangui
aveano i fiori delle ree cicute,
avean dell’empia segala le spighe,
per lor trastullo. E tra la morte ancora
erano e il nulla, presso il limitare.
E venne a loro Myrrhine; e gl’infanti
lattei, rugosi, lei vedendo, un grido
diedero, smorto e gracile, e gettando
i tristi fiori, corsero coi guizzi,
via, delle gambe e delle lunghe braccia,
pendule e flosce; come nella strada
molle di pioggia, al risonar d’un passo,
fuggono ranchi ranchi i piccolini
di qualche bodda: tali i figli morti
avanti ancor di nascere, i cacciati
prima d’uscire a domandar pietà!
Se così fosse l'autore ne avrebbe rimandato un'immagine bucolica, ben più orrida è la realtà.
Tanto le dovevo.
Pascoli fu iniziato il 22 settembre 1882 nella Loggia Rizzoli all'Ordine di Bologna...il suo fu uno slancio lirico in tempi credo d'ingenuità massonica...di esemplare ingenuità massonica...come credo fu l'adesione ai circoli massonici di Bach, Goethe e Mozart...di Pascoli amo il carattere che traspare dalla sua ricerca, l'incanto poetico : E' l'universo un tempio: il tempio di Dodona.
RispondiEliminaPendono bronzei vasi ad un selva immensa.
Uno ne tocchi, vibra ogni altro.
Il cielo pensa e la terra lontana a quel pensier risuona...e mi viene da pensare, il ribaltamento oscuro di una simile tensione Numinosa potrebbero essere stati i terremoti di Haiti e Giappone indotti dal sistema haarp...essendo forse prossimi alla fine è meglio svanire ispirati che disperati...un saluto a tutti
Bravo, Giovanni! Svanire, ispirati meglio che disperati, purché si svanisca.
RispondiEliminaCiao
Sig. giovanni ranella,
RispondiEliminacosa lo fa concludere che si tratti di ingenuità massonica?
Grazie.
Sig Giorgio leggo solo ora la sua altrimenti le avrei risposto prima...la mia è una riduzione di significato...intendo dire...benché spuria la massoneria moderna e per tale intendo quella della seconda metà del settecento nata in inghilterra...la massoneria speculativa insomma...composta di crudeli banchieri e mercanti di uomini...bene...costoro poterono annoverare tra le loro fila persone come Goethe o Bach poiché l'incanto che governa la poesia e dunque che ravviva la linfa stessa della vita umana non era ancora stata "radiata dai nostri cuori" dal dominio dell'industria...dunque l'ideale poteva ancora coniugarsi alle frequenze operative dell'arte totale così come l'intesero Mozart e gli altri che ho detto...persone luminosamente "ingenue" appunto...un saluto
RispondiEliminaSig. giovanni,
RispondiEliminaha senso definire massoneria, seppur spuria, l'organizzazione da lei descritta?
E' certo che i personaggi elencati ne aderissero "ingenuamente"?
Già contemporaneamente siamo sommersi da notizie che definire tendenziose suona come eufemismo, non oso immaginare la veridicità di quello che veniva propalato in quell'epoche.
E' in assoluto la mia opinione, ma io non do credito ad una sola parola che non sia uscita dal mio "senno", adeguandomi al dettato evangelico akashico.
Tanto le dovevo.