08 luglio, 2011

Leopardi satanista o ottimista? (prima parte)

Giacomo Leopardi era un satanista. E’ questa la vulgata con cui si bolla l’ultima fase poetica del Recanatese. Lo strale critico centra, come è noto, l’incompiuto Inno ad Arimane, il componimento dove l’autore celebra con feroce sarcasmo il dio delle tenebre. Si vede nell’Inno l’approdo di una filosofia “pessimista” che appunto culmina nell’empio panegirico della divinità incarnante, nella tradizione mazdea, il male.

Lo sostiene, ad esempio nell’articolo "Leopardi, cantore di Arimane, è il campione di un satanismo disperato, ma lucido e coerente", 2008, il Professor Francesco Lamendola. E’ di un parere simile Lorenzo Venza nel breve testo intitolato Leopardi arimanico e l’inno alla religione exoterica, 2011. Va riconosciuto che, come sempre, il Professor Lamendola avvince, con la sua prosa efficace, anche se non mi convince del tutto, laddove il Dottor Venza, a causa di un andamento e di un linguaggio sciancati, non mi persuaderebbe neanche qualora io pensassi possa aver ragione.

A mio avviso, il carattere frammentario del cantico, onde non sappiamo come Leopardi l’avrebbe compiuto, già scagiona almeno in parte l’autore dalla taccia di satanismo. Sarebbe come giudicare le capacità artistiche di uno scultore solo da una statua da lui abbozzata. Inoltre l’amara ironia con cui è incensato Arimane è la prova che il Nostro allude il contrario di quanto scrive.

Alcuni versi poi sono inequivocabili: “Ma l'opra tua rimane immutabile, perché p. natura dell'uomo sempre regneranno. L'ardimento e l'inganno e la sincerità e la modestia resteranno indietro e la fortuna sarà nemica al valore, e il merito non sarà buono a farsi largo e il giusto e il debole sarà oppresso ec. ec….Pianto da me per certo Tu non avrai: ben mille volte dal mio labbro il tuo nome maledetto sarà ec. Ma io non mi rassegnerò ec”.

Vi immaginate un adoratore del demonio che ne tesse l’elogio in modo beffardo o che ne decanta i demeriti, interpretandoli come tali e non come luciferine virtù? Vi immaginate un adoratore del demonio che ne maledice il nome e che non intende rassegnarsi al suo funesto potere? Ancora una volta, vi vedrei il titanismo leopardiano, la virile ed eroica sfida alla Natura che connota, verbigrazia, il canto "La Ginestra" ed il "Dialogo della Natura e di un Islandese".

Non si può negare che tra le righe dell’Inno serpeggi alcunché di blasfemo. Il Professor Lamendola nota a tale proposito: “Quella delineata nell'inno Ad Arimane, si badi, non è semplicemente una forma di adorazione del Diavolo: è la proclamazione che solo il Diavolo esiste, e che la creazione è totalmente e interamente malvagia. Non si tratta né di nichilismo, né di satanismo contrapposto al teismo, ma di un monoteismo diabolico, che esclude qualunque idea di bene dalla faccia del mondo”.

Così il “pessimismo” (logora categoria, ma tant’è) di Leopardi sfocerebbe in un “monoteismo diabolico”, nella descrizione di un universo in cui non balugina neppure una speranza di redenzione. Si è che Leopardi fu, checché ne opinino altri, pensatore potentissimo (alcune sue analisi della società massificata, allo stadio embrionale a cavallo tra XVIII e XIX secolo, sono esemplari e profetiche): il suo inno è il sigillo di un ateismo, ma di un ateismo problematico e, come quello di Nietzsche, torturato da una nostalgia del divino che si palesa con un’implacabile irrisione della fede.

In verità Leopardi fotografa, per mezzo di una costruzione metaforica, questa realtà, questa dimensione e chi potrebbe contestare che le cose si svolgono grosso modo come egli le immortala?

“Produzione e distruzione ec. per uccidere partorisce ec. sistema del mondo, tutto patimen. Natura è come un bambino che disfa subito il fatto. Vecchiezza. Noia o passioni piene di dolore e disperazioni: amore. […] taccio le tempeste, le pesti, ec. tuoi doni, che altro non sai donare. Tu dai gli ardori e i ghiacci.

E il mondo delira cercando nuovi ordini e leggi e spera perfezione. Ma l'opra tua rimane immutabile, perché p. natura dell'uomo sempre regneranno. L'ardimento e l'inganno, e la sincerità e la modestia resteranno indietro, e la fortuna sarà nemica al valore, e il merito non sarà buono a farsi largo, e il giusto e il debole sarà oppresso ec. ec.[…] Animali destinati in cibo. Serpente Boa. Nume pietoso ec.[…]


Perché, dio del male, hai tu posto nella vita qualche apparenza di piacere? L'amore? Per travagliarci col desiderio, col confronto degli altri e del tempo nostro passato ec.?”

Chi – ribadisco – potrebbe contestare che la natura, di là dalle sue parvenze amene, non è basata su un ciclo di creazione- distruzione? Chi potrebbe negare la presenza del male nelle forme evocate dal poeta che si spinge persino a demolire il sogno di un rinnovamento sociale utopico e ferale? “E il mondo delira cercando nuovi ordini e leggi e spera perfezione”.


APOCALISSI ALIENE: il libro

6 commenti:

  1. Mi sorprende che questo tuo post non abbia avuto commenti...io lo leggo solo ora e intimamente non posso condividere l'insinuazione del Prof. Lamendola che comunque ammiro per erudizione, capacità espositiva ed intuizione...ma Leopardi, il suo animo antico profondamente felice (Felix) al di sotto di una sembianza liricamente abbattuta, col satanismo nulla c'entra...in lui è assente l'affezione di una condizione morbosa, di quel germe che deforma la considerazione delle cose in depravazione sostanziale...al contrario come nota Emanuele Severino (del quale non condivido tutte le sintesi cui giungono i suoi studi) Leopardi pur interiorizzando il più antico pensiero dei Greci, quello presocratico, chiude in ogni caso il sentiero aperto da Eschilo...dico io agli albori o prime luci dell'attuale discesa ciclica della presente Età...intendo dire all'avvio della sua accelerazione, che la presente Età principia con le ultime dinastie Sumere...la "verità" è il rimedio del "dolore"...credo il pensiero seppur ispirato ma fatalmente scisso dall'originario accordo quale potevano intonare gli estatici-veggenti...Leopardi cinquant'anni prima di Nietzsche rivela all'uomo l'ultimo tratto del sentiero che gli rimane da percorrere e lo fa agli albori dell'età della tecnica, della quale ravvisa l'impronta malvagia.
    Il Recanate s'avvede di come il tragitto compiuto s'è allontanato sempre di più da tutto ciò che la Tradizione (parola che non posso scrivere o pronunciare senza vibrare intimamente) la Tradizione Occidentale ha edificato attraverso il disteso corso del suo percorso...un avanzamento attraverso il quale più ci si allontana dalla "verità" che i primi rivelatori Greci portarono alla luce e maggiormente si rimane annodati al senso del "dolore" dove lo stesso firmamento sovrastandoci dall'alto e scrutando nel destino delle umane vicessitudini attraverso quei miriadi di "scintillanti sovrani" che sono "nodi quasi di stelle"...Leopardi va oltre la "piccola" dicotomia dualista foriera attraverso la storia di forma sempre più complesse di morbosità...egli è il Nostalgico assertore del "solido nulla" parmenideo ed eracliteo e asserisce il vero scrivendo: "O l'immaginazione tornerà in vigore, e le illusioni riprenderanno corpo e sostanza in una energica e mobile (...) o questo mondo diverrà un serraglio di disperati e forse anche un deserto".
    Alla fine è questo a cui noi ci opponiamo...i tuoi scritti e poesie i miei ridotti studi pittorici e i nostri commenti tutti...le belle e dense riflessioni di Paolo...le ricerche di Wlady...le disciplinata fantasmagoria di Angelo...le esatte intuizioni di Ghigo...e ve ne sono molti altri di appassionati...noi tutti benché fiocamente proviamo a dare un orientamento attraverso quest'impetuosa corrente di non senso che ci ha rapito e davvero sembriamo a tratti soffiati via come un improvviso vento notturno disperde d'estate l'intermittenza luminosa d'uno sciame di lucciole fluttuanti nell'oscurità
    un saluto

    RispondiElimina
  2. Commento molto intenso e vissuto, Giovanni. La conclusione poi è molto lirica, bellissima e dolente.

    Condivido la tua analisi che, in una certa misura, anticipa, anche se con parole diverse, quanto ho scritto nella parte successiva.

    Leopardi fu un gigante al cui cospetto credo che possiamo solo inchinarci.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  3. troppo intelligente, puro e soprattutto troppo belli i versi che ha lasciato per ipotizzarlo sul lato oscuro della forza :)
    e poi tutto questo si deriverebbe da un unico canto, per di più incompiuto? per uno che ha scritto vagonate di pagine mi sembra riduttivo. Potrebbe anche essere una specie di presa in giro del diavolo o, nell'ipotesi invece di una qualche sintonia, una sorta di rabbia temporaneo davanti alle storture del mondo e della vita (la solita, legittima domanda: "Dio dov'è?").

    ben altro caso, per esempio, la carducciana "ode a satana", inequivocabile già dal titolo e con l'aggravante che il poeta era massone...

    RispondiElimina
  4. Sì, Esseelle, vedo l'inno come un grido disperato di fronte all'irrazionalità del male.

    Ciao e grazie.

    RispondiElimina
  5. Ciao Zret, sono il "dottor" Venza(quello in realtà è mio padre, ma comunque mi piace sentire come suona).
    Onestamente, quello che avevo scritto non era il massimo, anche come forma, non lo posso certo negare(tant'è vero che dal mio blog l'avevo rimosso, con l'intento di ampliare il tutto in seguito, ma è rimasto pubblicato in "Coscienza Aliena"), era un compendio ad una visione - per me - ovvia, in cui non parlavo di un Leopardi satanista(e se così si capisce, mi spiace, ma non ricordo di averlo scritto esplicitamente), ma bensì di un Leopardi che diventa narratore del male, visto da un punto materialista ed exo-terico, in contrapposizione ad una visione, appunto, Luciferina dai ben più ampi orizzonti metafisici ed implicazioni iniaziatiche.
    Credo che la scelta del nome Arimane(e non lucifero, appunto) ed il contesto in cui si sviluppa l'inno, non possa essere casuale ed il senso d'irrazionalità che si respira sia dato da un'identificazione del poeta con chi, da un punto di vista "non-tradizionale", assista in maniera passiva al susseguirsi degli eventi, cercando di trovare un ordine all'interno della stessa materia, di cui Arimane è padrone e creatore("Re delle COSE autor del mondo":sembra la descrizione del Demiurgo secondo lo gnosticismo), quindi agendo in maniera vana, non prendendo minimamente in considerazione l'idea di una non-identificazione con la realtà sensibile per un superamento della stessa e dello stesso Arimane.
    Ovviamente la tua analisi è ottima, volevo solo spiegare al meglio ciò che
    intendevo,assolutamente passibile di errori e di interpretazioni fuori luogo, ovvero della necessità di Leopardi di usare certi nomi e certe metafore o meglio ancora, della necessita che aveva di calarsi nei panni di chi vede "solamente" ciò, per come viene descritto nei versi, per arrivare a parlare di una visione esteriore e puramente sensibile del mondo, vincolata necessariamente al male e al caso: chi fa un cosa del genere, in maniera talmente sublime non può non conoscere anche l'altra faccia della medaglia.
    Complimenti per il blog, sempre molto interessante.
    Ciao ciao!
    Lorenzo

    RispondiElimina
  6. Grazie della dotta precisazione, Lorenzo.

    A presto!

    RispondiElimina

ATTENZIONE! I commenti sono sottoposti a moderazione prima della loro eventuale pubblicazione.