Abbiamo oggi tutte le risposte, anche quelle agli interrogativi abissali. Taluni ci spiegano, infatti, che come esistono particelle di carica positiva e particelle di carica negativa, così si contrappongono, ma si conciliano, il bene ed il male. Il Dao (leggi Tao) è lì a dimostrarlo. Senza colpo ferire, i concetti spesso controversi della fisica quantistica vengono trasferiti nel macrocosmo e persino nell’etica.
Forse si dimentica che le cariche delle particelle sono tali perché così definite, mentre non credo che la distinzione tra bene e male sia del tutto arbitraria, come fossero due princìpi intercambiabili. L’ignavia, ostentata come somma virtù, chiamata spesso “superamento del dualismo”, è la cifra degli pseudo-spiritualisti. Non sappiamo quale sia l’origine del male, ma asserire o che non esiste o che è sinonimo perfetto di bene, è forse un po’ audace.
I sensisti (e lo stesso Leopardi con ben maggiore acume), se non altro, distinsero tra piacere (bene) e dolore (male): oggi troveremo chi contesterà questa ovvia separazione.
E’ vero che la morale non trova fondamenti indiscutibili, poiché, per giovarsene, deve a sua volta presupporre un caposaldo altrettanto assoluto (Dio), ma anche un bambino, anche un animale rifuggono dalle cause di sofferenza, perseguendo, invece, il soddisfacimento dei propri desideri naturali. Questa congenita inclinazione verso le sorgenti della gratificazione dimostra che, anche ad un livello di impulsi elementari, bene e male non sono identici.
Se si allarga il discorso a sfere più elevate, anche qui ci si accorge che creazione e distruzione, bello e brutto, vita e morte, amore ed odio, salute e malattia, intelligenza e stoltezza non sono commutabili, ancorché un polo possa sfumare indefinitamente nell’altro. Bisognerebbe capire come e perché, ad un certo punto, nell’universo che di per sé non è né morale né amorale, sia emerso quel quid che, anche in modo istintivo e profondo, spinge gli esseri viventi a discernere tra gli opposti. L’etica affiora quando si prende coscienza della natura dell’universo? Potrebbe l’etica essere una sovrastruttura umana in un cosmo in cui tutto accade come deve accadere, dove tutto è compiuto? Questa possibilità mi pare implausibile, tuttavia non si può, se si vuole essere spassionati, rigettarla a priori.
Se, seguendo Kant, postuliamo una ragion pratica, siamo costretti ad aggiungere anche l’assioma del libero arbitrio, poiché non ci si può riferire ad una condotta lodevole o deprecabile, escludendo la possibilità di scegliere. Paradossalmente gli anti-dualisti etici di solito sono assertori del libero arbitrio e persino della capacità di co-creare.[1]
Sono temi spinosi, su cui abbiamo già indugiato: qui evidenziamo la contradditorietà dell’assunto. In un mondo che è “il migliore dei mondi possibili”, che senso hanno le azioni, l’evoluzione della coscienza, le scelte? E’ necessario sia introdotto un ostacolo, affinché si inneschi il movimento che non è necessariamente progressivo. Eppure gli pseudo-spiritualisti negano che tale ostacolo si trovi anche nella realtà empirica, ribadendo che tutto, proprio tutto è perfetto così com’è, giacché il male è solo il risultato di una visione limitata e distorta. Se così fosse, però, donde scaturiscono le questioni che diventano lancinanti nelle situazioni estreme? Sono il frutto di fantasticherie o davvero qualcosa non quadra? Se è corretta la seconda ipotesi, che cosa non quadra e perché?
E’ evidente che le domande pullulano. Sono quesiti giganteschi che fagocitano le piccole, timide risposte sull’enigmatica, ambigua natura dell’essere.
[1] La questione è assai controversa. Se è indubbio che, in casi eccezionali, la mente può influire in qualche modo sui fenomeni, affermare che il pensiero (ma il pensiero di chi?) può ipso facto creare e plasmare la realtà, poiché a livello di particelle subatomiche l’osservatore (attraverso uno strumento) interagisce con l’osservato, è di nuovo una semplificazione ed un triplo salto mortale. E’ comunque un’idea che va collocata in una teoria filosofica congruente al suo interno e non espressa a vanvera.
Forse si dimentica che le cariche delle particelle sono tali perché così definite, mentre non credo che la distinzione tra bene e male sia del tutto arbitraria, come fossero due princìpi intercambiabili. L’ignavia, ostentata come somma virtù, chiamata spesso “superamento del dualismo”, è la cifra degli pseudo-spiritualisti. Non sappiamo quale sia l’origine del male, ma asserire o che non esiste o che è sinonimo perfetto di bene, è forse un po’ audace.
I sensisti (e lo stesso Leopardi con ben maggiore acume), se non altro, distinsero tra piacere (bene) e dolore (male): oggi troveremo chi contesterà questa ovvia separazione.
E’ vero che la morale non trova fondamenti indiscutibili, poiché, per giovarsene, deve a sua volta presupporre un caposaldo altrettanto assoluto (Dio), ma anche un bambino, anche un animale rifuggono dalle cause di sofferenza, perseguendo, invece, il soddisfacimento dei propri desideri naturali. Questa congenita inclinazione verso le sorgenti della gratificazione dimostra che, anche ad un livello di impulsi elementari, bene e male non sono identici.
Se si allarga il discorso a sfere più elevate, anche qui ci si accorge che creazione e distruzione, bello e brutto, vita e morte, amore ed odio, salute e malattia, intelligenza e stoltezza non sono commutabili, ancorché un polo possa sfumare indefinitamente nell’altro. Bisognerebbe capire come e perché, ad un certo punto, nell’universo che di per sé non è né morale né amorale, sia emerso quel quid che, anche in modo istintivo e profondo, spinge gli esseri viventi a discernere tra gli opposti. L’etica affiora quando si prende coscienza della natura dell’universo? Potrebbe l’etica essere una sovrastruttura umana in un cosmo in cui tutto accade come deve accadere, dove tutto è compiuto? Questa possibilità mi pare implausibile, tuttavia non si può, se si vuole essere spassionati, rigettarla a priori.
Se, seguendo Kant, postuliamo una ragion pratica, siamo costretti ad aggiungere anche l’assioma del libero arbitrio, poiché non ci si può riferire ad una condotta lodevole o deprecabile, escludendo la possibilità di scegliere. Paradossalmente gli anti-dualisti etici di solito sono assertori del libero arbitrio e persino della capacità di co-creare.[1]
Sono temi spinosi, su cui abbiamo già indugiato: qui evidenziamo la contradditorietà dell’assunto. In un mondo che è “il migliore dei mondi possibili”, che senso hanno le azioni, l’evoluzione della coscienza, le scelte? E’ necessario sia introdotto un ostacolo, affinché si inneschi il movimento che non è necessariamente progressivo. Eppure gli pseudo-spiritualisti negano che tale ostacolo si trovi anche nella realtà empirica, ribadendo che tutto, proprio tutto è perfetto così com’è, giacché il male è solo il risultato di una visione limitata e distorta. Se così fosse, però, donde scaturiscono le questioni che diventano lancinanti nelle situazioni estreme? Sono il frutto di fantasticherie o davvero qualcosa non quadra? Se è corretta la seconda ipotesi, che cosa non quadra e perché?
E’ evidente che le domande pullulano. Sono quesiti giganteschi che fagocitano le piccole, timide risposte sull’enigmatica, ambigua natura dell’essere.
[1] La questione è assai controversa. Se è indubbio che, in casi eccezionali, la mente può influire in qualche modo sui fenomeni, affermare che il pensiero (ma il pensiero di chi?) può ipso facto creare e plasmare la realtà, poiché a livello di particelle subatomiche l’osservatore (attraverso uno strumento) interagisce con l’osservato, è di nuovo una semplificazione ed un triplo salto mortale. E’ comunque un’idea che va collocata in una teoria filosofica congruente al suo interno e non espressa a vanvera.
Bellissimo articolo, grazie Zret!
RispondiEliminaSarà che va a toccare un tema sul quale mi arrovello da un bel pò, forse da tutta la vita. Quando sento qualcuno dire che il bene e il male sono la stesssa cosa, lo specchio l'uno dell'altro, che tutto è perfetto così, mi viene voglia di prenderlo e metterlo di forza in una bella esperienza di tortura in carcere, o come soggetto di una lapidazione, e poi dirgli mentre grida di paura che il male non esiste, è solo l'altra faccia del bene, che sono in perfetto equilibrio, sono necessari tutti e due e va tutto benissimo così, che il male e il terrore che prova sono solo "una visione del male limitata e distorta".
Mi pare invece che questo modo di vedere denoti una vigliaccheria mentale, o ancor meglio il termine usato da te: Ignavia! altro che "superamento del dualismo come virtù da conseguire"! si chiama "raccontarsela per stare codardamente in pace".
Anche sull'altro punto, la capacità di co-creare la nostra realtà col pensiero, ce ne sarebbe da dire. E' diventato ormai molto popolare, grazie ai vari libri di successo, e ultimamente qualunque cosa ti succeda, c'è sempre qualcuno che ti ricorda che quella realtà, per quanto brutta sia, l'hai creata tu col tuo pensiero. La prossima volta che la mia casa in campagna sarà circondata dai cacciatori che sparano anche contro i vetri mi dovrò ricordare che è una realtà che sto creando io col mio pensiero, così magari mi rilasso...
Un caro saluto
Sandra
Grazie, Alessandra, delle tue parole. Come ho scritto, non intendo né negare che gli opposti possano convergere e persino integrarsi né che il pensiero possa in qualche misura influire sugli eventi più che sulle cose, ma dissento da chi butta tutto in un calderone e da chi è convinto che TUTTO dipende dal pensiero. Di chi?
RispondiEliminaProprio qualche minuto prima che io pubblicassi il tuo accorto commento, stavo pensando che, in alcune circostanze, è l'inconscio a dirigere certi avvenimenti. Se è così, sono dolori, poiché che controllo ha il singolo sull'inconscio? Siamo agiti da forze incognite e magmatiche? Dov'è il libero arbitrio? Che possibilità abbiamo di opporci a queste energie sotterranee?
Finisco qui con le domande.
Ciao
ho appena letto un post che conferma il tuo pensiero sull'inconscio che decide ancora prima del conscio cosa fare, hanno fatto una ricerca sugli effetti pacebo e nocebo e le conclusioni sono:
RispondiElimina"non è ciò che i pazienti pensano che accadrà ma quello che anticipa la mente inconscia, qualunque siano i pensieri coscienti. Questo meccanismo è automatico, veloce e potente, e non dipende da giudizi o valutazioni deliberate”.
Se davvero è così "che controllo ha il singolo sull'inconscio?"
temo,più o meno lo stesso controllo che abbiamo nei sogni..un pò pochino..la parte di noi che ci è oscura prende le nostre decisioni?
buonanotte Zret :-)
http://www.astronavepegasus.it/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=2965:e-linconscio-a-innescare-leffetto-placebo&catid=46:scoperte&Itemid=60
Alessandra, nel bel libro di Giorgio Mambretti, La medicina del futuro, si sottolinea l'importanza dell'inconscio nell'eziologia di molte affezioni. L'autore ritiene che si possano individuare ed anche sradicare le cause profonde di molte malattie, ma occorre un'indagine approfondita, anche conoscere i traumi psichici di genitori, nonni ed avi. E' necessario pure riuscire a far affiorare eventi sedimentati e come persi in meandri oscuri. Si comprende che non è facile: ecco allora che la libertà finisce là dove comincia il vasto regno dell'ignoto.
RispondiEliminaCiao