28 novembre, 2012

Ossimoro

Ossimoro, ossia “acuto-sciocco”. L’ossimoro è l’essenza della realtà, anzi il mondo stesso che è contraddizione insanabile. La coscienza che si desta dal torpore della materia greve è ossimoro che porta con sé la rifulgente gloria della caduta, il trionfo della sconfitta, la panoplia della fragilità. Non siamo forse ossimori viventi? Il peso leggero dell’oblio, la mole dei mali schiacciano la vita su cui striscia silenziosa ma implacabile la morte, a guisa di un vilucchio che adagio si avviticchia ai rami di un’altra pianta… per soffocarla.

Invano cercheremo di distinguere nel sapore degli istanti che scavano l’esistenza l’agro dal dolce. La ragione “pietrificante” (Novalis) ci blocca nella dualità, mentre gli opposti non si incontrano: poiché si scontrano.

Sono inestricabili il destino ed i sogni di libertà. Siamo carnefici di noi stessi, vittime inesorabili. “Ognuno inciampa sul suo cammino”. (De Gregori). L’alba s’illanguidisce nel buio. Nella notte le stelle intrecciano ghirlande di spine. L’incubo è contornato di luce.

Ossimoro, ossia “acuto-sciocco”: acuto è colui che legge nel paradosso la verità, nell’assurdo una scheggia di senso, persino sul muro nero del silenzio la risposta di Dio. Il saggio stolto, però, ha parole, sguardi e dubbi più acuminati.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

25 novembre, 2012

The American Armageddon

Watch therefore, for ye know neither the day nor the hour wherein the Son of man cometh. ("John", 25, 1)

‘The American Armageddon’ è un saggio di Luca Scantamburlo, pubblicato nel 2009. Vorrei spendere qualche parola sull’autore, prima di recensire il libro. Scantamburlo (Treviso, 1974), ex giornalista pubblicista ed attualmente autore freelance, è un ricercatore onesto e meticoloso, non a caso disdegnato dalle case editrici: oggidì molti sono abituati a compilare voluminosi testi, attingendo a piene mani a studi che regolarmente non sono citati. Invece Scantamburlo non trascura neppure la più piccola fonte nelle note ricchissime e precise del suo lavoro. Il plagio è malcostume diffusissimo, cui il Nostro è del tutto estraneo. [1]

‘The American Armageddon’ è uno spaccato sull’enigma Nibiru e sul ‘Jesuit footage’. [2] Lo scrittore, raccogliendo un ampio repertorio di testimonianze (Robert O. Dean in primis), ricerche, ipotesi, cerca di comprendere se siano prossimi dei cambiamenti cosmici insabbiati dal governo ombra. Che qualcosa stia cambiando e sia cambiato nel sistema solare è indubbio: arduo è stabilire se Nibiru esista. Se esiste, è un pianeta, una nana bruna, una cometa, un simbolo, un portale o ancora… un avamposto? Qualora fosse un varco interdimensionale o un avamposto abitato da una razza bellicosa, come suppone qualcuno, si potrebbe capire lo scopo del selvaggio Terraforming cui è sottoposto il pianeta: creare un ambiente adatto ad una stirpe esterna. Ad ogni modo non è neppure così importante definire la vera natura di Nibiru, quanto imparare ad aprire gli occhi, ad osservare il cielo e le sue inquietanti presenze.

Per quanto ci riguarda, riteniamo che proprio dallo spazio arriverà la risposta nel bene o nel male. Non siamo inclini ad a sposare la posizione di Scantamburlo secondo cui l’esecutivo segreto non fornisce ragguagli scabrosi a proposito degli eventi venturi per non causare anomia, ossia il caos sociale ed economico. Anche se può apparire paradossale, le classi dirigenti preservano lo status quo proprio fomentando l’instabilità ed il disordine.

Merito dell’autore è aver subodorato l’inganno dietro le versioni ufficiali, aver sfiorato i tentacoli di una piovra ben annidata negli anfratti della retropolitica. Tuttavia continuare a nutrire fiducia in figure come Gorbacev e Giovanni Paolo II è, a modesto parere di chi scrive, contraddittorio e rischioso.

Nonostante questo aspetto, la fatica di Scantamburlo è degna di attenzione, poiché offre una panoramica suggestiva che si muove dall’astronomia accademica, al tempo stesso ammiccante e reticente sul Pianeta X, alla storia antica (con Zecharia Sitchin ed Immabuel Velikovsky che sono punti di riferimento), dalla politica all’ufologia.

Nell’alveo scavato da Cristoforo Barbato, misteriosamente scomparso dalla Rete, l’analisi chiama in causa i servizi segreti italiani, la N.A.S.A., il Vaticano… È pure valorizzata l’investigazione di Burak Eldem, outsider turco le cui conclusioni sono pressoché sconosciute al pubblico. Eldem identifica nel 666 dell’Apocalisse lo shar sumero corrispondente, stando al ricercatore, a 3661 anni e vede nell’Ab.zu lo spazio cosmico, suffragando le congetture circa un incipiente perielio di Nibiru, causa di aberrazioni nel sistema solare.

Che il Sole ed i pianeti siano da alcuni decenni interessati da anomalie e che la Terra sia colpita da fenomeni in alcuni casi di origine naturale, ma esacerbati dalla Geoingegneria, è indiscutibile.

Occorre tentare di scoprire la vera matrice e le conseguenze per l’umanità di tali mutamenti: per conoscerle non dovremo forse aspettare a lungo. E’ solo questione di tempo… poco tempo.

[1] Il sito di Luca Scantamburlo è www.angelismarriti.it. Di recente è stato dato alle stampe il seguito del libro in oggetto, ossia “Apocalisse dallo spazio. L’avvento di Nibiru e dei Vigilanti”, 2011. Sarà opportuno commentarlo quanto prima.

[2] Sul tema si legga il datato ma corposo “Nibiru tra verità e disinformazione”.

[3] Avemmo l’onore ed il piacere di conoscere di persona il freelance Cristoforo Barbato, in occasione di un congresso tenutosi alcuni anni addietro ad Occhiobello (Rovigo). Acuto indagatore di fatti scottanti e brillante conferenziere, Barbato ha aperto la “pista gesuita”, foriera di tanti enigmi e di tante trame. Il suo sito è stato chiuso: il giornalista ha lambito qualche verità inconfessabile? Fortunatamente molti reportages sono ancora disponibili in Rete.

Ringraziamo il collaboratore ed amico G. per la preziosa segnalazione.

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23 novembre, 2012

Uno o due Messia? (prima parte)

Chi legga in modo spassionato i Vangeli deve convenire che non di un solo Messia sono narrate le vicende ed è riferita la predicazione, ma di due. Poco importa se essi furono personaggi storici o no: le religioni germinano attorno ad un’idea che può essere incarnata da una figura carismatica realmente esistita, ma pure coincidere con una prodigiosa mitopoiesi.

Saremmo propensi a vedere nei Messia evangelici (compresi quelli tratteggiati nei libelli apocrifi) due uomini che veramente vissero in Palestina tra il I sec. a. C. ed il I secolo dell’era volgare. Per ironia (o frode?) della storia al Cristo politicizzato è stato attribuito un messaggio di amore ecumenico, mentre la placida figura del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) è stata o appannata o svilita in malfattore, a tal punto che il vocabolo “barabba” è assurto a sinonimo di “briccone”.

Che cosa induce molti studiosi ad ipotizzare che i Messia fossero due? Gli indizi non mancano: gli Esseni, confraternita nel cui milieu o ai margini del quale si sviluppò il movimento ebionita, attendevano due Messia: uno regale ed uno sacerdotale. La congiunzione Giove-Saturno, che fu forse la stella di Betlemme, adombra la distinzione menzionata. Il Vangelo di Matteo contiene una genealogia regale, laddove Luca riferisce l’ascendenza levitica.

Non solo. I Vangeli di Matteo e Marco riportano due distinti episodi in cui Gesù moltiplicò pani e pesci per sfamare la moltitudine che lo aveva seguito: nel primo (Matteo 14,13-21, Marco 6,30-44) con cinque pani e due pesci rifocillò cinquemila persone; nel secondo (Matteo 15,32, 45, 44. Marco 8,1-10) con sette pani e "pochi pesciolini" il Salvatore ristorò quattromila seguaci.

La prima moltiplicazione è riportata anche da Luca (9,10-17) e Giovanni (6,1-14). E’ probabile che i due pesci siano i due Messia; i cinque pani, in tale contesto, dovrebbero simboleggiare i cinque libri della Torah.

Più di queste tracce è, però, la dicotomia diegetica e descrittiva a deporre a favore della congettura in oggetto. Coesistono nei Vangeli un Cristo combattivo ed uno mite: le loro vicende procedono desultorie non solo per i tagli, le cuciture e le ricuciture del tessuto narrativo, ma anche poiché lo scrittore pare seguire due itinerari, dipingere due attanti principali. La regia è piuttosto scaltrita, ma gli stacchi, le incongruenze affiorano: il montaggio è di tipo sovrano per necessità (e per la difficoltà ad armonizzare ed incastrare sequenze eteroclite) e non per scelta estetica.

Così si giustappongono episodi discordanti e proclami onestamente inconciliabili. Matteo 10, 34-38 scrive: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno i suoi familiari.”

Luca è ancora più bellicoso, anzi incendiario: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Devo ricevere un battesimo e quanto mi sento angustiato, finché non sia compiuto. Credete che io sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Perché d’ora in poi cinque persone in una casa saranno divise, tre contro due e due contro tre. Saranno divisi il padre contro il figlio, il figlio contro il padre, la madre contro la figlia, la figlia contro la madre, la suocera contro sua nuora, la nuora contro la suocera.” (Luca 12, 49-53)

Luca 35-38 riporta un dialogo dove all’ordine messianista è stata aggiunta una pacifica coda paolina: "Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38 Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!"

Ecco che ci si sbizzarrisce con le esegesi metaforiche, simboliche, allegoriche… Spesso sono letture molto brillanti: peccato che brillino di una luce da oggetto di bigiotteria. Piaccia o no, siamo al cospetto di contenuti politici anti-romani maldestramente aggiustati, a guisa di un abito rappezzato alla bell’e meglio. Il Cristo depoliticizzato piaceva a Paolo: faceva alla sua bisogna. I dissidi con Giacomo, fratello del Signore, e gli altri Nazirei erano inevitabili, ma la propaganda nicena li cancellò: fu come propiziare la pace tra Eteocle e Polinice. Tanto chi conosce Eteocle e Polinice e chi era ed è al corrente delle dispute tra l’apostolo dei Gentili e gli Ebioniti?

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19 novembre, 2012

Epos

Paradossi e scosse dell’affabulazione

Che cosa spinge quasi tutti noi a raccontare quanto ci è accaduto? Si noti: molti ci trattengono per snocciolare episodi insignificanti e, non paghi di avercene resi partecipi una volta, ripetono l’insulsa storia ogni qual volta trovano l’appiglio idoneo. Non sono soltanto gli anziani ad amare la rievocazione di vicende o aneddoti del “buon tempo andato”, sebbene con il passare degli anni l’inclinazione affabulatoria si intensifichi.

Che cosa significa allora raccontare? Anzi, qual è lo scopo recondito? Ognuno ha il suo épos personale, pallidissima ombra dell’épos antico dove la diegesi di eventi archetipici assurge a simbolo, si eterna nella regione intangibile del mito. Quale differenza rispetto alla squallida e noiosa cronaca in cui si è intorpidito l’istinto narrativo! L’esposizione esemplare è stata eclissata dalla chiacchiera (Heidegger) in cui l’intreccio si sfilaccia, si sfibra. Secoli fa l’eco solenne dell’aedo scivolava nel mégaron sulle calde onde di luce che si sprigionavano dal focolare, oggi il borborigmo della chat

“In principio era il Lògos”... che è anche racconto. Dio narra a sé stesso il suo sogno infinito, ne dipana i fili che ora si aggrovigliano ora strangolano le galassie, i sistemi solari, le creature. L’universo è un grandioso romanzo senza né capo né coda, il delirio mistico di un febbricitante.

Quando ci ritroviamo a ripercorrere un evento del passato, nel nostro piccolo, strappiamo al tempo inesorabile un brandello di significato. Ci illudiamo di averlo strappato all’esistenza che è diaspora, entropia. Essa corre a rompicollo verso il decadimento e la senescenza, verso la fine.

Dio stesso non sarà roso da una struggente nostalgia per la condizione primigenia, prima che Egli si immergesse nel sangue dello spazio, prima che Egli si incarnasse nel tempo?

Un racconto di sapore ancestrale: narra il mito ellenico che Crono (il Tempo?), spodestando il genitore, Urano (il Cielo, lo Spazio?), lo evirò con un falcetto. Il Tempo è lo strazio del Cielo, il supremo sacrificio compiuto dalla “fondazione del mondo”. Il sangue dell’evirazione si spande per tutto l’universo, sino nei suoi angoli più remoti, si addensa e si impasta alla sofferenza ed alla morte. Il sangue è simbolo dell’èros, della vita e dell’espiazione ed è inutile piangere sul sangue versato. Così solo da un nume mutilato può nascere la generazione successiva delle divinità, sorgere la creazione. Il seme deve spaccarsi e perire affinché germogli. Il cosmo può esistere solo come carneficina, anzi come fallito suicidio per opera di Dio. La morte abbraccia la vita che alla fine è strozzata in un amplesso fatale.

Sotto un portico al freddo, Dio, affamato, la barba incolta, batte i denti guasti: non ricorda chi fu né perché abbia deciso di lanciarsi nel vuoto senza paracadute.

Descrivere, riferire, esprimere, comunicare… per ognuno di noi viene il giorno in cui finalmente potremo raccontare non un caso rilevante, ma l’avvenimento per eccellenza.

Quel giorno, però, dalla bocca non uscirà neppure un suono. Smaniosi di raccontare a chicchessia l’unico accidente che davvero merita di essere raccontato, non troveremo nessuno che ci possa ascoltare.

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17 novembre, 2012

Le élites e gli Stranieri

Negli ultimi tempi alcuni scienziati hanno osato rompere il tabù che circonda il tema degli extraterrestri. E’ noto che si viene subito additati come visionari o ciarlatani, non appena si sfiorano certi soggetti relegati nel novero delle fantasticherie di adolescenti. Dunque questo interesse dei ricercatori è sintomatico di un importante cambiamento. Che cosa li ha spinti a rilasciare dichiarazioni sulle civiltà stellari e come le dipingono? Questi annunci non sono casuali, poiché dipendono da una raffinata strategia volta a plasmare l’opinione pubblica. Gli scienziati accademici non sono soltanto i portavoce dell’establishment, quanto esponenti del potere.

Le loro analisi sono all’apparenza contraddittorie: alcuni (ad esempio, Hawking e Kaku) allertano il pubblico, descrivendo gli Stranieri come pericolosi invasori; taluni (Wilcock, Greer et al.), invece, promuovono l’immagine degli alieni salvatori, prospettando la risoluzione di ogni problema mondiale grazie all’elargizione all’umanità di tecnologie avveniristiche ed alla creazione di una confederazione planetaria improntata ai valori della pace e della fratellanza cosmica.

E’ evidente che il governo segreto conosce la verità sugli alieni. E’ poi probabile che l’esecutivo occulto abbia stipulato patti con civiltà malevole e spregiudicate cui si devono almeno le mutilazioni animali ed umane nonché il Terraforming al contrario. Forse una frangia delle élites è pentita dell’accordo siglato, ma non può agire: ormai è troppo tardi per tirarsi indietro. Pur con tutta la buona volontà, è impossibile scagionare forze esterne dalla perpetrazione di certi crimini, anche se la deprecabile collusione di una cupola terrestre (il complesso militare-industriale) è indubbia.

Lo scenario che si sta delineando – il Quarto Reich è giusto dietro l’angolo (o è già qui?) – fu anticipato negli anni ‘80 del XX secolo da alcuni autori, tra cui George C. Andrews. Essi preannunciarono la creazione di uno stato totalitario mondiale, diretto dietro le quinte da potenze “forestiere”.

Per gettare le fondamenta del “mondo nuovo” (A. Huxley), spacciandolo per il migliore dei governi possibili, è necessaria la disinformazione che è soprattutto un gioco di prestigio. Ammesso e non concesso che esistano civiltà galattiche benevole e nel contempo interventiste, saranno proprio queste ad essere demonizzate e combattute con le armi più micidiali affinché le nazioni siano soggiogate da una dittatura tecnocratica. Di converso visitatori scaltri e scellerati sono e saranno decantati come i redentori. Steven Greer ed altri ufologi, finanziati dai Rockfeller, si impegnano da anni in questa montatura orwelliana in cui il male è presentato come bene e vice versa. Si tradiscono, però, quando negano la Geoingegneria o la ignorano o la ridimensionano fortemente.

Oggi più che mai è opportuno credere nell’esatto contrario di quanto divulgato dai media di regime e dagli scienziati ortodossi. I liberatori si mostreranno sorridenti ed affabili: le loro mani saranno elegantemente inguantate per nascondere artigli da cui gronda sangue.

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13 novembre, 2012

Reliquie

Quante volte ci scopriamo a rincorrrere coincidenze, sincronismi, ombre di sensi, pensando che la misera vita umana, con tutto i suoi insostenibili fardelli, sia la linea, per quanto breve e tenue, di un disegno più vasto, persino di una composizione grandiosa. Alcuni affermano, però, che la verità, è un’altra: tutto è casuale, siamo alla mercé di una sorte assurda che mena fendenti alla cieca. Dio, il senso, il fine non esistono.

Gianfranco De Turris, nella prefazione all’incolore libro di Walter Kafton-Minkel, “Mondi sotterranei Il mito della Terra cava”, riporta una riflessione del saggista che pontifica: “Gli scienziati ci spiegano com’è fatto l’universo, indipendentemente dai bisogni e dai disegni umani e ci insegnano i segreti della natura (sic). I creatori di miti ci dicono come noi, con bisogni e desideri ben definiti, reagiamo al mondo e quindi ci parlano di noi stessi”.

Codesta visione così ingenuamente dicotomica ed antiquata lascia il tempo che trova. Anzi, la scienza accademica non ha neppure sfiorato gli enigmi dell’universo, ammanendoci, nel migliore dei casi, spiegazioni che sono mappe semplificate e bidimensionali di un territorio multiforme. Per gli scientisti la natura è un cadavere da anatomizzare, qualcosa di morto e di estraneo al soggetto che la seziona, come se l’uomo medesimo non fosse parte della natura che è molto più di quel che appare.

Vero è che nel deserto dell’assurdo si può solo raccogliere qualche reliquia di significato: un legame tra visioni oniriche di due sognatori, un nome o un numero che ci perseguitano come per comunicarci una verità ulteriore, un brandello d’intonaco, ultima traccia di un mirabile affresco…

E’ vero: ci aggiriamo in un paesaggio di rovine, ma tra questi ruderi, sotto un cielo desolato, si ostina a crescere qualche ciuffo d’erba. Anche il vento grigio, che risucchia in mulinelli la polvere ed i detriti, per un istante porta l’eco radiosa di un futuro magnifico… Si spera.

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10 novembre, 2012

Frammento di un romanzo disperso (I)

Il tempo consunto sta per finire e per... finirci.

[…] Entrò nella biblioteca di *** Dai vetri opalescenti delle finestre ad arco filtrava una luce vellutata che, scorrendo in rivoli negli incavi dei tendaggi, si allungava sui tappeti istoriati. Il barlume si mesceva all’alone ovattato del doppiere. Dai neri dorsi dei volumi, affiancati con austera precisione, si sprigionavano le scintille dorate dei fregi, a somiglianza di braci. Regnava il silenzio, appena rotto dal brusio della pioggia: come bocci che s’aprivano, fiorivano le ombre delle gocce sulla tappezzeria delle pareti.

Il secrétaire era in un angolo della stanza. Vicino si trovava una poltrona su cui era acciambellato un gatto siamese, unico essere vivente in quel luogo dove i libri e le suppellettili testimoniavano l’inesorabile fissità, lo stolido mutismo degli oggetti di fronte alle diafane vicende umane. Rifletté: le idee erano imprigionate in quelle pagine che presto nessuno sarebbe stato più in grado di leggere. Tutto era destinato all’oblio. Pensò a quanto fosse inconsistente ed inutile il sapere, custodito in quelle pagine incartapecorite: l’ospite, ormai prossimo ad internarsi nel regno dell’ignoto, aveva deciso di tenere per sé il segreto carpito ad uno di quei preziosi incunaboli, dopo lustri di studi appassionati e di pazienti consultazioni.

Il gatto, per nulla turbato dall’ingresso dell’estraneo, ma incuriosito, schiuse un occhio: l’iride azzurra brillò nella penombra, quasi tessera di lapislazzuli di un mosaico appena dissepolto.

La pendola scoccò le dieci di sera. L’eco dei rintocchi, attutita dai drappi e dal mobilio, si spandé in onde ramate. Fuori stava spiovendo. Egli si diresse verso la finestra: scostò la tenda e contemplò il cielo. Fra la chioma nereggiante delle nubi, pendevano, frutti lucidi, gli astri. Intorno la notte aveva la misteriosa profondità di un’abside. […]

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06 novembre, 2012

La visione di Ezechiele

Ezechiele è il celebre profeta ebreo vissuto tra il VII ed il VI sec. a. C., autore dell’omonimo libro della Bibbia. La magnifica teofania con cui si apre il testo (I, 1-27) ha dato origine a differenti interpretazioni con un corollario di controversie, su cui infra. In primo luogo riportiamo il testo nella traduzione definita "Nuova Diodati".

Visione dei quattro esseri viventi

1 Nel trentesimo anno, il cinque del quarto mese, avvenne che, mentre mi trovavo tra i deportati presso il fiume Kebar, i cieli si aprirono ed ebbi visioni da parte di Dio. 2 Il cinque del mese (era il quinto anno della cattività del re Jehoiakin), 3 la parola dell'Eterno fu espressamente rivolta al sacerdote Ezechiele, figlio di Buzi, nel paese dei Caldei, presso il fiume Kebar; e là fu sopra di lui la mano dell'Eterno. 4 Mentre guardavo, ecco venire dal nord un vento di tempesta, una grossa nuvola con un fuoco che si avvolgeva su sé stesso; intorno ad esso e dal mezzo di esso emanava un grande splendore come il colore di bronzo incandescente in mezzo al fuoco. 5 Dal suo mezzo appariva la sembianza di quattro esseri viventi; e questo era il loro aspetto: avevano la sembianza d'uomo. 6 Ognuno di essi aveva quattro facce e ognuno quattro ali. 7 Le loro gambe erano diritte e la pianta dei loro piedi era come la pianta del piede di un vitello e sfavillavano come il bronzo lucidato. 8 Sui loro quattro lati, sotto le ali, avevano mani d'uomo; e tutti e quattro avevano le proprie facce e le proprie ali. 9 Le loro ali si toccavano l'una con l'altra; avanzando, non si voltavano, ma ciascuno andava diritto davanti a sé. 10 Quanto all'aspetto delle loro facce, avevano tutti la faccia di uomo, tutti e quattro la faccia di leone a destra, tutti e quattro la faccia di bue a sinistra e tutti e quattro la faccia di aquila. 11 Tali erano le loro facce. Le loro ali erano distese verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il loro corpo. 12 Ciascuno andava diritto davanti a sé; andavano ovunque lo spirito voleva andare e, andando, non si voltavano. 13 Quanto all'aspetto degli esseri viventi, essi sembravano come carboni ardenti, come fiaccole. Il fuoco si muoveva in mezzo agli esseri viventi; il fuoco era risplendente e dal fuoco si sprigionavano lampi. 14 Gli esseri viventi correvano avanti e indietro, sembravano come un fulmine. 15 Come guardavo gli esseri viventi, ecco una ruota in terra accanto agli esseri viventi con le loro quattro facce. 16 L'aspetto delle ruote e la loro fattura erano come l'aspetto di colore del crisolito; tutte e quattro si somigliavano. Il loro aspetto e la loro fattura era come quella di una ruota in mezzo a un'altra ruota. 17 Quando si muovevano, andavano verso una delle loro quattro direzioni e, andando, non si voltavano. 18 Quanto ai loro cerchi, erano alti e imponenti; e i cerchi di tutti e quattro erano pieni di occhi tutt'intorno. 19 Quando gli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e quando gli esseri viventi si alzavano da terra, si alzavano anche le ruote. 20 Dovunque lo spirito voleva andare, andavano anch'essi, perché là andava lo spirito; le ruote si alzavano con essi, perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote. 21 Quando essi si muovevano, anche le ruote si muovevano; quando essi si fermavano, anch'esse si fermavano, e quando essi si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano con essi, perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote.

Visione della gloria dell'Eterno

22 Sopra le teste degli esseri viventi c'era la sembianza di un firmamento, simile al colore di un maestoso cristallo, disteso sopra le loro teste. 23 Sotto il firmamento si stendevano diritte le loro ali, l'una verso l'altra; ciascuno ne aveva due che coprivano un lato e due che coprivano l'altro lato del corpo. 24 Quando essi si muovevano, io sentivo il fragore delle loro ali, come il fragore delle grandi acque, come la voce dell'Onnipotente, il rumore di un gran tumulto, come lo strepito di un esercito; quando si fermavano, abbassavano le loro ali. 25 E si udiva un rumore dal di sopra del firmamento che era sopra le loro teste; quando si fermavano, abbassavano le loro ali. 26 Al di sopra del firmamento che stava sopra le loro teste, c'era la sembianza di un trono che sembrava come una pietra di zaffiro e su questa specie di trono, in alto su di esso, stava una figura dalle sembianze di uomo. 27 Da ciò che sembravano i suoi lombi in su vidi pure come il colore di bronzo incandescente che sembrava come fuoco tutt'intorno dentro di esso; e da ciò che sembravano i suoi lombi in giù vidi qualcosa somigliante al fuoco e che emanava tutt'intorno un grande splendore. 28 Com'è l'aspetto dell'arcobaleno nella nuvola in un giorno di pioggia, così era l'aspetto di quello splendore che lo circondava. Questa era un'apparizione dell'immagine della gloria dell'Eterno. Quando la vidi, caddi sulla mia faccia e udii la voce di uno che parlava.

Una navicella spaziale?

Gli studiosi di archeologia spaziale considerano l’icastica descrizione di Ezechiele una delle prove più nitide dei contatti intercorsi tra i terrestri ed esseri provenienti da altri pianeti. Secondo tale supposizione, gli incontri ravvicinati del profeta con gli occupanti di navicelle extraterrestri sarebbero almeno quattro: uno nel 593, due nel 592 e l’ultimo nel 572 a.C. Come altri profeti, Ezechiele avvrebbe ricevuto messaggi e direttive.

Di recente l’esegesi clipeologica del passo è stata rinverdita dal semitista Mauro Biglino che, basandosi su una traduzione letterale del testo biblico, ritiene di riconoscere nel grandioso spettacolo la raffigurazione di un velivolo. Annota lo specialista: “Abbiamo la descrizione di quello che potrebbe essere un vero e proprio incontro ravvicinato con un U.F.O.: una nube tempestosa che proviene da nord, nel mezzo il fuoco dei sistemi di propulsione che ruota su sé stesso, la radiazione luminosa attorno e, al centro, un che di splendente come l’elettro! … Un particolare importante è il disegno della ruota dentro la ruota che ci ricorda molti dischi volanti raffigurati con una cupola che appare proprio come una ruota nel mezzo di una ruota”. (Biglino, 2011) Il suono udito dall’autore biblico è il rombo di un motore.

E’ arcinoto che trent’anni or sono Joseph F. Blumrich, all'epoca ingegnere presso la N.A.S.A., fra i principali progettisti dei modulo di atterraggio lunare LEM, volle dimostrare che l’oggetto dipinto da Ezechiele non era un’astronave, ma smentì sé stesso, allorquando pubblicò quella che riteneva essere la ricostruzione del ‘carro celeste’ visto da Ezechiele. Si trattava di una specie di shuttle, caratterizzato da quattro rotori e da un corpo centrale, sulla cui sommità doveva trovare posto la cabina di comando con il relativo equipaggio. Anche per quanto riguarda "le ruote" del carro celeste che "ruotando, non si giravano", Blumrich giunse ad una sua interpretazione, che in seguito propose con successo in un brevetto. Era tecnologia extraterrestre risalente a 2.500 anni prima, brevettata negli U.S.A. nel 1972! Ezechiele racconta nel suo libro dei ripetuti incontri che ebbe con tale veicolo spaziale ed il suo equipaggio. Per due volte egli venne preso a bordo della nave, per essere portato in un luogo lontano. (J. Fiebag, 1998)

Un'esperienza sciamanica?

Altri studiosi sono proclivi ad interpretare la visione del profeta, richiamandosi alle esperienze sciamaniche: gli animali, i teriantropi (esseri metà uomo e metà animale), le ali, la ruota etc. sarebbero altrettante immagini percepite in uno stato di estasi. Scrive Corrado Penna in una sua ricerca: “Nel libro del profeta Ezechiele, troviamo le tipiche descrizioni visionarie di chi entra in uno stato di trance ovvero di coscienza alterata. Anche le sensazioni uditive sono caratteristiche di quegli stati. […] In effetti il ronzio, fruscio o un altro rumore (in questo caso un fragore prodotto dallo sbattere delle ali di esseri teriantropi) appartiene alle sensazioni che accompagnano chi accede ad una condizione di percezione modificata”. (Penna, 2012).

Un’aurora boreale?

Un’altra ipotesi è stata formulata a proposito della pagina in esame: Robert Schoch opina che la rappresentazione in oggetto sia riconducibile ad una serie di fenomeni causati da una tempesta geomagnetica: un’aurora boreale dai colori cangianti, con tipici drappi e configurazioni dall’aspetto zoomorfo ed antropomorfo. Schoch crede che la visione sia compatibile con uno spettacolo aurorale che, originatosi nel nord, fu osservabile sopra Nippur nel 593 a.C. in un periodo di forte attività solare. Il geologo, insieme con Perratt et al., riconosce in alcune incisioni rupestri di nativi nordamericani e nella scrittura Rongorongo dell’Isola di Pasqua rappresentazioni di forme aurorali. Gli resta da spiegare il rumore abbinato all’”oggetto” di Ezechiele: lo scienziato menziona suoni (fischi, fruscii, sibili) che talora si odono in concomitanza di fenomeni boreali. La causa di tali suoni è incerta: potrebbero essere dovuti all’aumento ed allo scarico dell’elettricità statica in prossimità del suolo o ad una trasduzione elettrofonica legata ad una frequenza molto bassa (VLF) di onde radio associate all’aurora. Ci sembra una lettura forzata, sebbene l'autore sia spesso molto acuto. (Schoch, 2012)

Qualche nota conclusiva

Per concludere questa carrellata, ricorderemo che l’iconografia della visione di Ezechiele si presta pure ad un’esegesi emblematica. Gli animali tratteggiati dal profeta, oltre ad adombrare presumibilmente valenze astrologiche ed astronomiche (ere zodiacali, precessione degli equinozi…), anticipano i simboli dei quattro evangelisti, spaziando fino all’orizzonte esoterico di tali segni. L’uomo è Matteo; il leone è Marco; il bue è Luca; l’aquila è Giovanni.

E’ evidente che è difficile pronunciarsi in modo definitivo ed apodittico sull’epifania di Ezechiele, non solo per il linguaggio metaforico, ma soprattutto per via delle stratificazioni testuali. Sono necessari altri studi di tipo interdisciplinare per tentare di chiarire la questione. Non dimentichiamo infine che un’analisi plausibile richiede una conoscenza accurata della lingua originale, ma è dottrina che è privilegio di pochi semitisti. Costoro, tra cui il Professor Biglino, ammettono, però, che resta sembra un quid irriducibile, refrattario ad una traslazione immune da perdita di significati primigeni. Questo “rumore”, che interferisce con ogni attività di transcodificazione, è ancora più forte nel caso si debbano rendere idiomi antichi e complessi quali l’ebraico e l’aramaico. Dunque tutte le traduzioni sono approssimazioni, se non più o meno deliberati travisamenti.

A proposito di contraffazioni, si pensi, a titolo di esempio, a come è tradotto Matteo 11: 12.

“Dai giorni di Giovanni il Battista fino a ora, il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono”. (C.E.I.)

“Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono”. (Nuova Diodati)

“E dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti lo rapiscono”. (Riveduta)

“Ora, da' giorni di Giovanni Battista infino ad ora, il regno de'cieli è sforzato ed i violenti lo rapiscono”. (Diodati)

Nessuna versione è aderente all’archetipo greco(?)in cui è scritto: “Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli si conquista con la forza ed i violenti se ne impadroniscono”.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

04 novembre, 2012

Nuovo ordine mondiale: un no irrevocabile

“Forme avanzate di guerra biologica in grado di colpire specifici genotipi possono trasformare la guerra biologica da un regno del terrore ad uno strumento politicamente utile”.

William S. Cohen, Segretario della Difesa, Testimonanza davanti alla Commissione Congressuale (1997)

"Altri sono impegnati anche in un eco-terrorismo con cui possono alterare il clima, provocare terremoti, i vulcani a distanza attraverso l'uso di onde elettromagnetiche".

Ex segretario alla Difesa William S. Cohen che pronunciò un importante discorso programmatico sul terrorismo, armi di distruzione di massa e circa la strategia statunitense sulla tecnologia esistente.

"Esiste un governo ombra dotato di una propria forza aerea e navale, di un proprio sistema di autofinanziamento, capace di manipolare l'opinione pubblica e di perseguire i propri ideali di interesse nazionale, privo da ogni forma di controllo e non sottoposto al rispetto della legge stessa".

Daniel K. Inouye, Senatore degli Stati Uniti

"Il mondo si divide in tre categorie di persone: un piccolissimo numero che fanno produrre gli avvenimenti; un gruppo un po’ più importante che veglia alla loro esecuzione ed assiste al loro compimento ed infine una vasta maggioranza che giammai saprà ciò che in realtà è accaduto".

Nicholas Murray Butler, membro del C.F.R. - Council on foreign relations

Il Nuovo ordine mondiale è la sintesi dialettica, in senso quasi hegeliano, di Socialismo e Capitalismo.

Sono molto più pericolose le menzogne che serpeggiano di quelle conclamate. Da qualche tempo alcuni autori hanno cominciato a suggerire che il Nuovo ordine mondiale di per sé non è poi così deleterio. Qualcuno ritiene che l’espressione sia neutra, una sorta di contenitore dove si può riporre quello che si vuole. Si distingue poi in modo sofistico tra un Nuovo ordine globale odioso ed uno desiderabile: il primo è perseguito dalle élites; l’altro è il naturale approdo di un’umanità che ha ormai superato divisioni e particolarismi.

Ci sembra che siano argomenti capziosi: la stessa dicitura “Nuovo ordine mondiale”, declinata come Novus ordo seclorum sul dollaro, è esecranda. Sono specialmente i vocaboli “ordine” e “mondiale” ad essere spaventosi: l’ordine non è armonia, ma coercizione e rigidità; “mondiale” descrive un pianeta in cui le culture locali, l’individualità e la libertà sono state schiacciate da una capillare ed occhiuta plutocrazia. Molti non comprendono che un’umanità veramente tale aborre il potere che presto degenera nello strapotere, rifugge dallo Stato che semmai è diluito in una forma leggera di amministrazione, sgranato nel decentramento. Con il pretesto delle guerre (conflitti le cui premesse sono create dalle oligarchie e fomentati ad arte), si vuole persuadere la popolazione a rinunciare alla sovranità nazionale per delegare ogni autorità ad un unico superstato planetario. Un’unica moneta elettronica, un unico esercito (per combattere chi a questo punto? Per difendersi da chi?), un’unica corte di giustizia, un’unica religione...: questo è lo scopo finale del governo segreto. Si promettono pace e benessere per tutti, ma la pace è la paralisi di una società omologata ed il benessere coincide con i “vantaggi” offerti ad una popolazione schiava della tecnologia digitale. Si noti che tutti coloro che, seppure con accenti diversi ed allettanti parole ("Zeitgeist movement", "Thrive", "Casaleggio" etc.), prospettano un‘età dell’oro, insistono sulla tecnologia che è presentata come la panacea, come il modo per cementare comunità lontane tra loro ed eterogenee. E’ un’azione livellatrice a causa della quale chi non vuole o non può accedere al sistema elettronico centrale, semplicemente non esiste.

Ci chiediamo: è auspicabile un Nuovo ordine planetario nell’accezione positiva sbandierata da certuni? No, è un assetto che disintegra le etnie, gli idiomi, le tradizioni, le varietà culturali. Bisognerebbe considerare l’estinzione di una lingua con la stessa preoccupazione con cui si reagisce alla scomparsa di una specie vivente. Eppure si perora la diffusione di una sola lingua, con la fatale eclissi del patrimonio di idee e di valori che si associa a ciascun codice linguistico. Si afferma che, per comporre le controversie tra i paesi, occorre un’autorità sovranazionale: l’O.N.U. deve adempiere questo ruolo con sempre maggiori prerogative. E’ chiaro che non si intende scrivere un’apologia degli stati nazionali - gli stati sono costruzioni repressive per loro stessa natura – ma avvertire che un iperstato globale è un male peggiore rispetto ad un organismo di più modesta entità.

Certi discorsi denotano una mentalità infantile in senso letterale: alcuni uomini, eterni bambini, preferiscono delegare ad altri la gestione della cosa pubblica; hanno bisogno di essere diretti, persino comandati. Ritengono che sia inevitabile una struttura che governi un mondo diventato ingovernabile. Auspicano una dittatura sotto le parvenze di una democrazia planetaria pur di superare l’attuale crisi socio-economico ed ambientale.

Che cosa abbiamo guadagnato grazie alle istituzioni internazionali? Le operazioni di Geoingegneria clandestina compiute sotto l’egida dell’O.N.U., assurte a quotidiano avvelenamento per mezzo di convenzioni che esautorano gli esecutivi ed i parlamenti nazionali, affidate all’aeronautica militare dei vari paesi aderenti al trattato “Open skies”. E’ questo il Nuovo ordine mondiale: un regime totalitario e totalizzante. Non esiste, non esisterà, per “la contradizion che no’l consente” mai alcun Nuovo ordine mondiale “buono” antitetico a quello cattivo.

Un lettore (Maksimiljan) denuncia le insidie insite in questa visione dualista, soffermandosi sulla setta Bahai, tra le precorritrici del Nuovo ordine mondiale: "La casa universale di Giustizia è la base della fede Bahai, una fede che ha come scopo l’unione pacifica di tutta l’umanità in armonia, dell’uguaglianza dell’umanità e di tutte le religioni. E’ proprio la logica dialettica delle élites a proporre queste 'alternative': la tesi e l’antitesi sono due poli che formano l’asse centrale, la sintesi, con la quale perpetuano il loro. Ci sono due N.W.O. che possiamo ricavare da questo gioco delle parti: uno è quello negativo e materialista, un altro quello 'positivo' e 'spirituale'. Usano il primo per proporre il secondo e con il fine di concretizzare il vero Nuovo Ordine Mondiale. Per questo hanno diffuso tanti movimenti in stile 'Zeitgeist': per provocare un sentimento di rivalsa verso l’altro polo. Chi non vorrebbe veder sconfitta la famigerata Cabala? Così la nostra volontà si indebolisce ed interpretiamo ogni segno positivo come una vittoria del ‘bene’ contro il ‘male’, ma è solo un loro meccanismo di dominio. Tanti new agers affermano che la dualità è un’illusione e poi sono i primi ingenui – o in mala fede – che cadono in queste trappole emotive della propaganda".

È evidente che chi addita questo tipo di New world order delinea una distopia, scambiando un incubo per un sogno. Una società rigenerata, se mai ne vedremo l’avvento, non conoscerà né norme né istituzioni. Gli apparati non hanno alcuna ragione di essere, dacché ciascuno trova nelle leggi interiori le uniche leggi. L’armonia ed il senso di appartenenza alla comunità non possono essere imposti, poiché sono la conseguenza di un’adesione spontanea, di una maturazione individuale.

Non cadiamo nel tranello della disinformazione sofisticata, restiamo vigili e soprattutto consapevoli che l’uomo vero non riconosce nessuna autorità, se non quella che nega gli immorali potentati terreni, non ammette alcun tribunale, se non la sua coscienza.

Scrive il poeta libanese Kahil Gibran: “L’uomo veramente libero è colui che non vuole né dominare né essere dominato”. Questa massima sia imperituro insegnamento.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

01 novembre, 2012

Il disertore

Sit ei terra levis.

Ha suscitato cordoglio la morte di un altro soldato italiano, Tiziano Chierotto. L’alpino è stato ucciso in Afghanistan ed è la cinquantesima e seconda vittima della missione di “pace”. La lacerante disperazione di parenti ed amici è l’ennesima prova di un fallimento culturale. Se, infatti, i giovani continuano ad essere carne da cannone, si deve, in primo luogo, all’indottrinamento cui sono sottoposte le nuove generazioni. La scuola, lungi dall’educare, plagia. I media poi concorrono a deformare le menti. La Chiesa, colpevole in primo luogo il vescovo di Ippona, benedice armi e massacri.

Un adolescente che abbia letto le pagine più celebri dei “Promessi sposi” non può decidere di arruolarsi. Il romanzo è una condanna inappellabile non solo della guerra, ma dell’untuosa retorica con cui essa è ammantata. L’ironia dell’autore milanese punge il potere e le sue menzogne, denuncia e demistifica il cinismo e la doppiezza delle classi dirigenti. Quelle attuali sono di gran lunga peggiori che le élites di un tempo. Oggi lo “stato democratico” - supremo ossimoro –colpisce alle spalle i cittadini, mentre finge di adoperarsi per loro.

Chi abbia inteso certi capitoli del capolavoro manzoniano può solo concepire un totale ripudio della guerra in ogni sua forma. Gli snodi della storia ed altre letture dovrebbero portare a concludere che i militari muoiono per i banchieri, anzi per carnefici spregiudicati che vedono nei conflitti la fonte di un lucro immondo e specialmente lo strumento per perpetuare il loro sanguinario dominio.

Non si “cade” per la patria, che non esiste, ma affinché si avverino gli incubi dei tagliagole.

In un intenso racconto, “Il disertore”, lo scrittore ucraino Ivan Babel(1894-1941) narra di un coscritto francese, Beaugy, che, stanco della guerra, delle granate il cui scoppio assordante gli impedisce di chiudere occhio per sei notti consecutive, decide di disertare. Mentre si trova tra le linee francesi e quelle nemiche, viene, però, scorto da alcuni commilitoni, arrestato e condotto dal capitano Gémier. Gémier è il prototipo del borghese benpensante, sciovinista ed orgoglioso. Egli vuole salvare l’onore del soldato e gli promette che non sarà giudicato come traditore dalla corte marziale, perché ai familiari sarà comunicato che è morto combattendo come un eroe contro i “barbari”. Deve, però, uccidersi: l'ufficiale inferiore porta il soldato in un bosco. Consegnatagli una rivoltella, gli ingiunge di togliersi la vita. Giacché Beaugy non ha il coraggio di spararsi, Gémier strappa la pistola dalle mani tremanti del giovane e gli trapassa il cranio con una pallottola.

Il sarcasmo che corrode la figura di Gémier e la propaganda bellicista fa da contrappunto alla contenuta ma umanissima pietas con cui è ritratto lo sventurato Beaugy, il suo tenero mondo di affetti e di sogni destinati a naufragare contro gli scogli della storia.

Mediante la prospettiva variabile, il narratore onnisciente ora si immedesima nel capitano per prendere le distanze, ora si incarna nel fante per condividerne la disgrazia. I dialoghi amputati, l’analessi che precipita il lettore nell’abominio della violenza, “il profondo silenzio del bosco” dove si consuma il dramma, il sapiente dosaggio degli accorgimenti narrativi rendono “Il disertore” un piccolo capolavoro antimilitarista.

Indimenticabile, infine, è il quadretto dove Babel dipinge “un roseo, splendente mattino di primavera”. Ogni tragedia è preannunziata da una luce vivida, da una olimpica, eterea serenità.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare