20 marzo, 2013

Soggezione

Thieves in the temple

E’ sufficiente la disposizione del mobilio in una stanza per stabilire delle relazioni gerarchiche. Pensiamo ai palazzi di “giustizia”, alle scuole, agli uffici dei diretttori… le cattedre, le scrivanie, persino le piante sono collocate in modo da esprimere i rapporti di forza tra subalterni e capi, in guisa da esibire il potere.

Alessandro Manzoni nel terzo capitolo dei “Promessi sposi” descrive lo studio dall’azzecca-garbugli, riuscendo a suggerire la soggezione che uno spaesato ed imbambolato Renzo prova al cospetto del dottore, il cui decadente prestigio si trasla nell’arredamento sontuoso, anche se trascurato e caotico. I ritratti dei dodici Cesari sono immagini del dominio e di una continuità con la cultura classica che avalla, legittima ed orna la scalcinata classe dirigente secentesca.

E’ la stessa soggezione che il cittadino comune prova entrando in un’aula di tribunale o nella sede di un’istituzione. Tutto in questi luoghi converge verso oggetti-simbolo: un crocifisso, un ritratto del presidente della Repubblica. Invano il faccione dell’ospite del Quirinale, autorità screditata, tenta di dare lustro ad autorità irrimediabilmente screditate.

Sono spesso le linee prospettiche a focalizzarsi su un fulcro prossemico ed ideologico: la simmetria nella disposizione delle suppellettili - la simmetria ha una natura rigida ed autoritaria – concorre a fissare i ruoli, a definire distanze spaziali e di status.

E’ tempo che gli uomini – quelli ancora tali – rifiutino la scala gerarchica, tanto più perché al vertice si trovano i peggiori. La soggezione degenera nell’asservimento, nell’acida deferenza.

Non domineremo, ma non intendiamo essere dominati, pur ostili a pose prometeiche, poiché, come sostiene Paul Ricoeur, "il Sé dell’uomo è altro da sé stesso: è alterità, differenza, mistero”.

E’ tempo che gli uomini provino a diventare costruttori del proprio tempio, pietre angolari, senza cercare sempre e comunque un guru su cui riversare le loro frustrazioni ed aspirazioni.

E’ preferibile un piccolo santuario, tuttavia inviolato ed inviolabile, ad un maestoso tempio, ma fatiscente e profanato da ladri e da mercanti.

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6 commenti:

  1. Ciao Zret,
    non saremo mai uomini da rifiutare le scale gerarchiche, ci vengono installate nella mente fin dalla prima infanzia; in primis la scuola che veicola vecchie teorie opportunamente create ad ok per l'indirizzo del gregge.

    Siamo così dipendenti da tutto ciò che ci circonda che ci vorrebbe un nuovo inizio, l'umanità è schiava e non uscirà mai dal suo stato di dipendenza, siamo gli unici cuccioli che abbisognano cure dalla nascita fino all'età degli otto anni, oggi, ancora più avanti.

    Tutte le istituzioni "Kapò", sono il mantra che si perpetra dall'inizio dei tempi, un tattato antico, quello di Hammurabi, parla di 282 leggi varate dal re giù nel 1750 a.C, ma ce ne sono altre che hanno soggiogato il genere umano ancora prima.

    Ai miei tempi, mi sono state impartite alcune leggi subliminali che hanno lasciato un tracciato storico non solo in me ma anche nelle generazioni successive: il funzionario dello stato, il presidente, il carabiniere, il sindaco, il dottore, lo stesso scienziato, ecc ecc, avevano un certo tipo di deferenza e timore che ancora oggi sono radicate nel fondo della nostra mente.

    Oggi non solo il mobilio ci disarma, ma altri mezzi ancora più subdoli che ottundono la mente e tutto questo a nostra insaputa, pochi sono vigili, molti seguono il gregge, chi non si adegua c'è sempre una sano TSO.

    Poca consapevolezza aleggia tra l'umana esistenza, domina imperterrita solo la paura, eliminare la paura è già essere un pochino liberi.

    Siamo mortali e ce ne rendiamo conto solo a pochi minuti dalla fine (se siamo fortunati), ma il danno di una vita sprecata è ormai irrecuperabile.

    Ciao, ottimo articolo!

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  2. Hai perfettamente ragione, Wlady. Al desolante scenario da te descritto, si aggiunga che la nostra mente è colonizzata da parassiti (i Voladores di Castaneda) che ripetono. "Obbedisci, obbedisci, obbedisci". Così la stragrande maggioranza dell'umanità è in uno stato di miserando servaggio, senza esserne conscia.

    Ciao

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  3. Come sempre gli spunti che fornisci sono eccellenti, caro Zret. Mi ha fatto pensare al fatto che, quando ho fatto un master in formazione del personale nel Regno Unito, facevamo delle simulazioni di interviste o altre situazioni conflittuali da risolvere nell'ambiente di lavoro. In queste circostanze era tassativamente proibito frapporre delle separazioni fisiche come tavoli, e anche gli uffici dovevano avere un layout che trasmettesse un senso di accoglienza. Mentre nel ns paese vige la regola del distacco e del salire in cattedra, e questi atteggiamenti sono introiettati, come fa notare Wlady. Grazie ancora dell'articolo!

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  4. Ciao Avalon Carr, la tua testimonianza è molto pertinente. Nel breve articolo ho solo sfiorato le valenze prossemiche dei rapporti gerarchici, ossia le distanze e la posizione degli oggetti, ma il discorso si potrebbe ampliare ad altri ambiti.

    Nelle scuole il predellino delle cattedre è stato rimosso e questo non è casuale.

    Ciao

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  5. "E’ tempo che gli uomini provino a diventare costruttori del proprio tempio" magnifica e positiva illusione questa, niente altro conta davvero. Non per pedanteria tengo ad aggiungere il pensiero ispirato di Boezio, che interiorizzò recluso e prossimo alla sua fine coincidente alla fine stessa dell'età antica:

    "Chiunque indaghi il vero con profondità di riflessione e non voglia perdersi per strade sbagliate, rivolga in sé la luce della sua vista interiore e, concentrando il suo tiro, lo indirizzi a un solo bersaglio; convinca l’animo suo che quanto s’affanna a cercare fuori di sé lo possiede già dentro, nascosto nei suoi tesori; così, quello della tetra nube dell’errore nascondeva prima risplenderà con luce più penetrante dello stesso Febo".
    (La consolazione della filosofia, XI)


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  6. Grazie, Giovanni, della splendida citazione dal'De consolatione philosophiae'. Anche se Boezio fu scrittore cristiano, in lui ancora baluginava la luce avvolgente e morbida dell'età antica.

    Qualche giorno fa, hai scritto che l'uomo deve essere "pontefice di sé stesso". Ebbene, sei andato dritto al cuore del problema.

    Ciao

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