13 giugno, 2013

I semi transgenici della Semantica

Tempo fa Romeo, il gatto dell’ateneo, si risentì perché, nel corso di un dibattito, era stato definito negazionista. E’ una reazione grottesca, irragionevole. Orbene, coloro i quali negano l’olocausto chimico-biologico ed altri crimini devono essere solo bollati come “negazionisti”. Si offendano pure. Sarebbe ipocrita usare eufemismi ed infingimenti. Si potrebbe anche etichettarli come paranoici, dato che difettano del senso della realtà.

E’ fondamentale che i significati aderiscano alle cose e ne qualifichino la sostanza. La precisione lessicale rende le sfumature, le tonalità. L’onestà comincia dal linguaggio.

Qualcuno vorrebbe che si schivassero certi termini e sintagmi, quali “genocidio”, “scie chimiche”, “Nuovo ordine mondiale”... Si ha paura di intimorire l’uditorio o di scandalizzarlo. Ci si dovrebbe nascondere dietro la cortina fumogena di una terminologia fumosa. In questo modo si perde il contatto con il reale, con la verità, a vantaggio di una “divulgazione” da pusillanimi. Dovremmo forse convertirci al vostro idioletto sterile a somiglianza di un seme transgenico? E’ vero che la dicitura “scie chimiche” non è del tutto appropriata sotto il profilo scientifico, ma è entrata nell’uso ed è efficace perché sottintende la loro natura sinistra. Si ignora che le parole hanno la loro storia, la loro tradizione. La parole è più importante della langue, per dirla con De Saussure. A questo punto non dovremmo più adoperare il termine “atomo” (letteralmente ciò che non si può dividere), visto che esso non è inscindibile. E’ vero: l’espressione “Geoingegneria clandestina” o “assassina” è preferibile. Rende con icasticità l’essenza e le finalità delle attività chimico-biologiche.

Non rinunceremo mai a queste iuncturae: “scie chimiche”, “scie tossiche”, “scie mortali”. Risparmiateci perciò i vostri tentennamenti, la vostre pruderie da educande, le vostre censure lessicali. Il perbenismo linguistico consuona con il depauperamento semantico. Prelude al deserto culturale ed è soprattutto disonestà conclamata, come ci insegna Manzoni che aborre dalle circonlocuzioni.

E’ emblematico quanto scrive George Orwell in “1984” e nell’appendice all’opera: obiettivo dell’establishment è non solo la progressiva riduzione del vocabolario, ma pure l’assottigliamento dei valori semantici, onde i lessemi dimagriscano nella mera struttura denotativa. E’ necessario espungere certi termini per eclissarne i significati. Data la corrispondenza biunivoca tra significante e senso, estirpare l’uno significa svellere anche l’altro e viceversa. Non solo, come si può strappare la coscienza agli uomini, così si può sradicare l’anima alle parole (il significato) e persino lo spirito (il senso profondo, recondito, con tutti gli echi e le valenze connotative). Alla fine rimane solo l'involucro della parola, simile ad un guscio di cicala.

I disinformatori amano fregiarsi del titolo di “debunkers”. Non lo meritano affatto. Ora, non è un contegno schifiltoso nei confronti di una voce inglese – sebbene si tenda oggigiorno ad abusare di termini inglesi – piuttosto l’amore per l’accuratezza. “Debunker”, infatti, vale “ridimensionatore”: i negazionisti, però, non ridimensionano alcunché. Costoro non si limitano a circoscrivere la portata degli eventi e dei fenomeni, poiché la respingono in toto e per di più in maniera aprioristica. Delimitare richiede un’intelligenza che i depistatori non hanno e non acquisiranno mai: a loro sono preclusi l’oggettività ed il discernimento. Rien à faire. Possono solo vomitare insulti e calunnie o, nel migliore dei casi, recere uno scartafaccio a base di “dire”, “mettere”, “fare”, “parlare”. Non si pensi che il compito di immiserire la lingua di Dante sia affidato a questi lacché: è un ufficio adempiuto da chi sta più in alto e che da decenni persegue l’obiettivo di demolire la cultura, intesa come baluardo di libertà e di senso critico.

Sono già riusciti a snaturare la “scienza”: un tempo si soleva contrapporre la scienza, imperniata sulla ricerca, la verifica dei dati, il principio di falsificazione..., alla religione. Oggi tuttavia non esiste nulla di più dogmatico e rigido della “scienza ufficiale” a tal punto che il più cieco fanatismo è indistinguibile dal “sapere” universitario, oscurantista e superstizioso.

E’ giunto il momento per gli apparati di annacquare l’istruzione umanistica, di svuotarla della sua carica talora rivoluzionaria di modo che si riduca ad orpello. In tal guisa, la conoscenza letteraria ed artistica assomiglia a quei fregi posticci e patetici con cui un architetto sprovveduto intende ingentilire le linee semplici ed austere di edifici che trovano il loro unico ornamento nella loro stessa forma, nei volumi, nella sinergia con lo spazio e la luce.

Non si pensi che l’ufficio di dissanguare l’idioma di Dante sia devoluto agli occultatori: per abbattere un edificio in modo efficace, sono necessarie comunque delle competenze. I depistatori falliscono anche nel fallire. Conosciamo due cose infinite: l’universo e l’ignoranza dei negazionisti. Della seconda siamo arcisicuri.

APOCALISSI ALIENE: il libro

La squola della Gelmini - di Antonio Marcianò - Gemme scolastiche da collezionare

2 commenti:

  1. E' molto coerente il percorso che stai delineando, Zret. Sei sempre centrato e a fuoco e le tue parole vanno diritte all'obiettivo. Ieri sera ho assistito a un incontro in libreria qui a Padova, l'oratore ha cercato di introdurre a un piccolo gruppo di convenuti temi quali il signoraggio bancario, la pianificata proletarizzazione dell'Europa, il ruolo delle elites...temi abbastanza noti, spiegati con toni cauti. Tra l'audience spiccava un individuo di aspetto militaresco, capelli rasati, abbronzatura intensa, mascella volitiva e camicia attillatissima,tipico frequentatore di librerie. Ho notato che l'individuo in questione piantava spesso addosso al pubblico due occhi indagatori. Ogni tanto prendeva la parola per cercare di sviare il discorso dal seminato. Per es, in merito alla creazione del debito pubblico, se ne e' uscito dicendo che vedendo l'esempio greco si constatava che c'era a monte un problema di evasione fiscale e disonesta' diffusa. L'oratore lo richiamava ai ranghi ironizzando su quanto sia facile distribuire sensi di colpa da parte di chi controlla l'informazione. Il militarizzato, con pochezza argomentativa e scialbo senso della sintassi,ritornava poco dopo su un altro punto, con un'altra esternazione a casaccio. Non avevo mai visto un tizio del genere in azione e osservavo con curiosita' la dinamica del suo intervenire sconnesso, per far perdere tempo, per sviare. Non puo' esserci scambio con persone del genere, vanno armate di un caricatore con qualche cartuccia e te la sparano addosso. La dinamica e' sempre basata sul rifiuto di ascoltare le argomentazioni dell'altro, se non per cogliere lo spunto di uno sgambetto verbale. E' stato istruttivo per me, e il tuo post odierno, in linea con la mia esperienza, ha un significato ancora piu' pieno. Un abbraccio.

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    1. Il racconto della tua esperienza, Avalon Carr, è sintomatico ed istruttivo. La descrizione del figuro combacia con il ritratto del disinformatore canonico sia nelle sembianze sia negli stratagemmi dialettici, anzi eristici.

      Qualche anno fa ad un simposio sulle scie mortali intervenne un tale del pubblico che cercò di mettere in difficoltà il conferenziere con i soliti cavilli, le solite armi, ossia il richiamo alle fonti, alle prove e l'obiezione classica: se la Geoingegneria fosse vera, essi sarebbero autolesionisti. Pochi argomenti, come si vede, e balzani.

      E' eloquente il fatto che codesti sofisti abbiano sovente un aspetto marziale (o marziano?): i militari sono il ventre molle del sistema.

      Grazie del cospicuo contributo.

      Ciao

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