04 settembre, 2013

Schegge sul sacro (I)

Che cos’è il sacro? L’etimologia purtroppo non ci soccorre, proprio quando tentiamo di mettere a fuoco i temi più rilevanti ed abissali. Giacomo Devoto constata in modo tautologico: “Sacro, dal latino sacer, - cra, - crum. Dalla rad. sak ***, propria delle aree italica, hittita, germanica settentrionale e tocaria per indicare ‘ciò da cui si deve stare lontano perché sacro’”. Vale a dire il sacro è tale, poiché è sacro. Sì, è intangibile, sottratto al profano, ma qual è la sua vera natura? Perché ne siamo tenuti distanti?

La lingua latina ci offre qualche indizio: “sacer” è sia 'degno di venerazione' sia 'esecrando', 'detestabile'. Ancora una volta nella contraddizione è imprigionata la più granitica verità, refrattaria a qualsiasi tentativo di comprensione. In "sacer" gli opposti si toccano (coniunctio oppositorum): ne scaturiscono corrusche scintille.

Che cos’è il sacro? Potrebbe essere la coscienza del non-tempo, quando tutte le cose erano in accordo, in pace con sé stesse, prima che la percezione del passato e del futuro precipitasse l'essere nel baratro del ricordo, nell’inferno della speranza.

Alcuni decenni or sono, gli Aborigeni australiani, prima di entrare in contatto con gli Europei, gli uomini dell’orologio, non avevano alcuna nozione né del tempo trascorso né delll’avvenire. Il loro mondo era ancora avvolto nella luce ovattata dell’”Età del sogno”…

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