Alef
E’ noto che l’alfabeto, invenzione attribuita ai Cananei (progenitori, tra gli altri, dei Fenici), cui i Filistei per primi, non i Greci, aggiunsero le vocali, è composto da grafemi, segni indicanti un suono. La scrittura fenicia, risalente alla prima metà del I millennio a.C. consta di 22 consonanti. I Fenici sostituirono agli ideogrammi dei simboli fonetici puri, con la loro conseguente riduzione ad un numero esiguo. Per questo carattere pratico il sistema fenicio si diffuse tra i popoli circonvicini e diede origine a vari alfabeti, quasi tutti esclusivamente consonantici, ossia con le vocali sottintese nella grafia. Era un sistema funzionale alla trascrizione delle lingue semitiche. Quando l’alfabeto fenicio passò ai Greci (tra il XII e l’VIII sec. a.C.) fu necessario scrivere le vocali che nelle parole indoeuropee rivestono la stessa importanza delle consonanti.
Nella scrittura fenicia ogni grafema rende un oggetto stilizzato. Ad esempio, la prima lettera, la A, delinea la testa di un bue (o toro). Sarebbe, però, un errore vedervi soltanto la raffigurazione dell’animale, poiché l’alfabeto è in primo luogo un diagramma degli Archetipi universali.
“La Tradizione esoterica afferma che esistette un alfabeto primordiale i cui segni e suoni erano la diretta manifestazione del potere della Parola di Dio. Gli alfabeti contemporanei ne sono la derivazione: alcuni mantengono maggiormente le potenti vibrazioni originarie (alfabeti definiti sacri o magici), laddove altri le hanno in gran parte perdute, essendo spuri. L'esoterismo musulmano identifica nei segni dell'alfabeto il corpo di Dio e similmente la cultura indù attribuisce a ciascuna lettera alfabetica una parte del corpo di Saraswati, la manifestazione femminile, Shakti, di Brahma.
Il numero che identifica la manifestazione divina attraverso gli Archetipi presenti nelle lettere dell'alfabeto è il 22, sebbene, per riduzione o ampliamento, possa diventare 16, 20, 21, 24. Carattere mistico avevano pure la scrittura dei Celti (alfabeto ogamico) e le rune germaniche. L’alfabeto ebraico è composto di 22 segni che racchiudono ancora oggi un grande influsso sacro ed esoterico”.[1]
Il chimico Corrado Malanga correla i 22 grafemi dell’alfabeto ebraico ai 21 amminoacidi. La corrispondenza numerica tra le lettere e gli amminoacidi si ottiene aggiungendo alla ventesima e prima macromolecola l’immagine del D.N.A. adombrata dall’alef.
Accennato al valore segreto dell’alfabeto, secondo cui ciascun grafema-fonema non riproduce degli oggetti, ma alcune funzioni, ci concentriamo sul primo Archetipo, la A, per provare ad intravederne la filigrana astronomica.
Un alfabeto stellare
In un corposo ed istruttivo studio, Massimo Barbetta, prendendo le mosse da un’analisi della pellicola “Contact”, per la regia di Robert Zemeckis, osserva che la A potrebbe essere un glifo cosmico, l’immagine araldica della costellazione del Toro. L’autore ipotizza che i miti, le tradizioni, i termini, i simboli che evocano il Toro, con i gruppi stellari delle Pleiadi e delle Iadi, nonché l’astro Aldebaran, possano essere l’eredità iconica di visitatori provenienti dagli spazi siderali. Un filo sottile e quasi invisibile legherebbe le culture primordiali della Terra a retaggi successivi (si pensi al Nazionalsocialismo iniziatico). Alcuni significati occulti sarebbero stati criptati nel romanzo “Contact” di Carl Sagan, figura di scienziato che, dietro parvenze accademiche, celava conoscenze ed interessi eterodossi. L’opera è stata poi trasposta con alcune modifiche nell’omonima produzione cinematografica con protagonista Jodie Foster.
La congettura di Barbetta è suggestiva, ma soprattutto è suffragata da una notevole mole di indizi raccolti in un campo molto vasto che spazia dalla Linguistica all’Archeologia, dalla Storia dell’arte all’Ufologia. La sua ricostruzione si discosta dalle spiegazioni accademiche come l’esegesi dello scienziato Giuseppe Sermonti che, in un suo celebre saggio, “investiga l’origine zodiacale degli alfabeti semitici, basandosi sulla comparazione formale, simbolica e sequenziale con gli antichissimi segni di raffigurazione delle costellazioni (databili a oltre 20.000 anni dal presente) e le lettere della nostra famiglia alfabetica, testimoniate già intorno al III millennio a.C.
L’ordine costante (A, B, C etc.) e la forma stessa delle lettere, che in versioni diversificate vediamo ripetersi in tutti gli alfabeti della nostra civiltà, dal sinaitico, al lineare B, al greco, all’etrusco, al latino, non sarebbero dunque del tutto convenzionali, ma avrebbero una radice rovesciata, che rivolgendosi verso l’alto affonderebbe nel cielo. L’alfabeto non sarebbe che un’immagine derivata delle forme delle costellazioni.
Sebbene la corrispondenza formale e sequenziale fra i segni alfabetici e le costellazioni sia effettivamente impressionante, l’idea genera sconcerto. Che cosa può mai esserci in effetti di più arbitrario, dunque variabile, delle forme che gli uomini hanno immaginato unendo dei puntini luminosi nel cielo stellato? Eppure, quelle ‘forme immaginate’ hanno una costanza plurimillenaria. Con uno studio di grande fascino, avvalendosi di contributi pressoché dimenticati di studiosi come Marcel Badouin, Sermonti ricostruisce la misteriosa antichità delle configurazioni del nostro zodiaco, ipotizzandone un’origine paleolitica.
Di più, egli è riuscito a trovare un terzo elemento di paragone, una logica di collegamento extra-formale tra le due classi di segni e cioè una dinamica astronomica dei miti più antichi della nostra civiltà. Le stesse radici semantiche che sovrintendono alle narrazioni antiche, non sarebbero che illustrazioni dei movimenti dei cieli, come aveva intuito il grande Giorgio De Santillana. Esse ci aiutano a comprendere l’ordine ed i sottogruppi (corrispondenti a cicli mitici) delle nostre lettere”.
E’ possibile conciliare l’ipotesi xenologica, ventilata da Barbetta, con l’approccio antropologico-archeoastronomico di Sermonti? Crediamo di sì. Fatto sta che a torto si ritengono i nomi ed i valori degli scintillanti disegni siderei del tutto fortuiti, come il risultato di immaginifici nomenclatori. I popoli antichi videro in quella particolare costellazione un toro, ma avrebbero potuto scorgervi una forca o un vaso? No! Quella particolare costellazione, per motivi che non ci sono ancora del tutto perspicui, è la sorgente di un’energia cosmica, è un incipit universale, come il toro è l’animale legato ai primordi dell’agricoltura, alle civiltà gilaniche ed a miti ancestrali taurini (si pensi alla saga del Minotauro cretese). Senza dubbio anche i cicli precessionali, che includono valori dello zodiaco, giocano il loro ruolo in questo fantasmagorico libro le cui pagine coincidono con il cielo e le lettere con le stelle.
[1] Alef o Alep – bue, toro, è l’unione, la duplicità che si trasforma in unità. E’ un radunare più elementi in modo da ridurli ad una cosa sola. Indica il Padre, l’energia divina, la potenza creatrice primigenia.
Fonti:
M. Barbetta, Contact, le informazioni criptate del film tra simbolismi e messaggi subliminali, 2009
Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2000, sv. alfabeto, Fenici
G. Garbini, I Filistei, gli antagonisti di Israele, Milano, 1997
M. Pincherle, Archetipi, le chiavi dell’universo
S. Serafini, Oltre il massone Darwin, la libera scienza di Giuseppe Sermonti
Ringrazio l'amico e collaboratore G. per la segnalazione da cui ho tratto spunto per l'articolo.
E’ noto che l’alfabeto, invenzione attribuita ai Cananei (progenitori, tra gli altri, dei Fenici), cui i Filistei per primi, non i Greci, aggiunsero le vocali, è composto da grafemi, segni indicanti un suono. La scrittura fenicia, risalente alla prima metà del I millennio a.C. consta di 22 consonanti. I Fenici sostituirono agli ideogrammi dei simboli fonetici puri, con la loro conseguente riduzione ad un numero esiguo. Per questo carattere pratico il sistema fenicio si diffuse tra i popoli circonvicini e diede origine a vari alfabeti, quasi tutti esclusivamente consonantici, ossia con le vocali sottintese nella grafia. Era un sistema funzionale alla trascrizione delle lingue semitiche. Quando l’alfabeto fenicio passò ai Greci (tra il XII e l’VIII sec. a.C.) fu necessario scrivere le vocali che nelle parole indoeuropee rivestono la stessa importanza delle consonanti.
Nella scrittura fenicia ogni grafema rende un oggetto stilizzato. Ad esempio, la prima lettera, la A, delinea la testa di un bue (o toro). Sarebbe, però, un errore vedervi soltanto la raffigurazione dell’animale, poiché l’alfabeto è in primo luogo un diagramma degli Archetipi universali.
“La Tradizione esoterica afferma che esistette un alfabeto primordiale i cui segni e suoni erano la diretta manifestazione del potere della Parola di Dio. Gli alfabeti contemporanei ne sono la derivazione: alcuni mantengono maggiormente le potenti vibrazioni originarie (alfabeti definiti sacri o magici), laddove altri le hanno in gran parte perdute, essendo spuri. L'esoterismo musulmano identifica nei segni dell'alfabeto il corpo di Dio e similmente la cultura indù attribuisce a ciascuna lettera alfabetica una parte del corpo di Saraswati, la manifestazione femminile, Shakti, di Brahma.
Il numero che identifica la manifestazione divina attraverso gli Archetipi presenti nelle lettere dell'alfabeto è il 22, sebbene, per riduzione o ampliamento, possa diventare 16, 20, 21, 24. Carattere mistico avevano pure la scrittura dei Celti (alfabeto ogamico) e le rune germaniche. L’alfabeto ebraico è composto di 22 segni che racchiudono ancora oggi un grande influsso sacro ed esoterico”.[1]
Il chimico Corrado Malanga correla i 22 grafemi dell’alfabeto ebraico ai 21 amminoacidi. La corrispondenza numerica tra le lettere e gli amminoacidi si ottiene aggiungendo alla ventesima e prima macromolecola l’immagine del D.N.A. adombrata dall’alef.
Accennato al valore segreto dell’alfabeto, secondo cui ciascun grafema-fonema non riproduce degli oggetti, ma alcune funzioni, ci concentriamo sul primo Archetipo, la A, per provare ad intravederne la filigrana astronomica.
Un alfabeto stellare
In un corposo ed istruttivo studio, Massimo Barbetta, prendendo le mosse da un’analisi della pellicola “Contact”, per la regia di Robert Zemeckis, osserva che la A potrebbe essere un glifo cosmico, l’immagine araldica della costellazione del Toro. L’autore ipotizza che i miti, le tradizioni, i termini, i simboli che evocano il Toro, con i gruppi stellari delle Pleiadi e delle Iadi, nonché l’astro Aldebaran, possano essere l’eredità iconica di visitatori provenienti dagli spazi siderali. Un filo sottile e quasi invisibile legherebbe le culture primordiali della Terra a retaggi successivi (si pensi al Nazionalsocialismo iniziatico). Alcuni significati occulti sarebbero stati criptati nel romanzo “Contact” di Carl Sagan, figura di scienziato che, dietro parvenze accademiche, celava conoscenze ed interessi eterodossi. L’opera è stata poi trasposta con alcune modifiche nell’omonima produzione cinematografica con protagonista Jodie Foster.
La congettura di Barbetta è suggestiva, ma soprattutto è suffragata da una notevole mole di indizi raccolti in un campo molto vasto che spazia dalla Linguistica all’Archeologia, dalla Storia dell’arte all’Ufologia. La sua ricostruzione si discosta dalle spiegazioni accademiche come l’esegesi dello scienziato Giuseppe Sermonti che, in un suo celebre saggio, “investiga l’origine zodiacale degli alfabeti semitici, basandosi sulla comparazione formale, simbolica e sequenziale con gli antichissimi segni di raffigurazione delle costellazioni (databili a oltre 20.000 anni dal presente) e le lettere della nostra famiglia alfabetica, testimoniate già intorno al III millennio a.C.
L’ordine costante (A, B, C etc.) e la forma stessa delle lettere, che in versioni diversificate vediamo ripetersi in tutti gli alfabeti della nostra civiltà, dal sinaitico, al lineare B, al greco, all’etrusco, al latino, non sarebbero dunque del tutto convenzionali, ma avrebbero una radice rovesciata, che rivolgendosi verso l’alto affonderebbe nel cielo. L’alfabeto non sarebbe che un’immagine derivata delle forme delle costellazioni.
Sebbene la corrispondenza formale e sequenziale fra i segni alfabetici e le costellazioni sia effettivamente impressionante, l’idea genera sconcerto. Che cosa può mai esserci in effetti di più arbitrario, dunque variabile, delle forme che gli uomini hanno immaginato unendo dei puntini luminosi nel cielo stellato? Eppure, quelle ‘forme immaginate’ hanno una costanza plurimillenaria. Con uno studio di grande fascino, avvalendosi di contributi pressoché dimenticati di studiosi come Marcel Badouin, Sermonti ricostruisce la misteriosa antichità delle configurazioni del nostro zodiaco, ipotizzandone un’origine paleolitica.
Di più, egli è riuscito a trovare un terzo elemento di paragone, una logica di collegamento extra-formale tra le due classi di segni e cioè una dinamica astronomica dei miti più antichi della nostra civiltà. Le stesse radici semantiche che sovrintendono alle narrazioni antiche, non sarebbero che illustrazioni dei movimenti dei cieli, come aveva intuito il grande Giorgio De Santillana. Esse ci aiutano a comprendere l’ordine ed i sottogruppi (corrispondenti a cicli mitici) delle nostre lettere”.
E’ possibile conciliare l’ipotesi xenologica, ventilata da Barbetta, con l’approccio antropologico-archeoastronomico di Sermonti? Crediamo di sì. Fatto sta che a torto si ritengono i nomi ed i valori degli scintillanti disegni siderei del tutto fortuiti, come il risultato di immaginifici nomenclatori. I popoli antichi videro in quella particolare costellazione un toro, ma avrebbero potuto scorgervi una forca o un vaso? No! Quella particolare costellazione, per motivi che non ci sono ancora del tutto perspicui, è la sorgente di un’energia cosmica, è un incipit universale, come il toro è l’animale legato ai primordi dell’agricoltura, alle civiltà gilaniche ed a miti ancestrali taurini (si pensi alla saga del Minotauro cretese). Senza dubbio anche i cicli precessionali, che includono valori dello zodiaco, giocano il loro ruolo in questo fantasmagorico libro le cui pagine coincidono con il cielo e le lettere con le stelle.
[1] Alef o Alep – bue, toro, è l’unione, la duplicità che si trasforma in unità. E’ un radunare più elementi in modo da ridurli ad una cosa sola. Indica il Padre, l’energia divina, la potenza creatrice primigenia.
Fonti:
M. Barbetta, Contact, le informazioni criptate del film tra simbolismi e messaggi subliminali, 2009
Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2000, sv. alfabeto, Fenici
G. Garbini, I Filistei, gli antagonisti di Israele, Milano, 1997
M. Pincherle, Archetipi, le chiavi dell’universo
S. Serafini, Oltre il massone Darwin, la libera scienza di Giuseppe Sermonti
Ringrazio l'amico e collaboratore G. per la segnalazione da cui ho tratto spunto per l'articolo.
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"dello scienziato Giovanni Sermonti che, in un suo celebre saggio, “investiga l’origine zodiacale degli alfabeti semitici, basandosi sulla comparazione formale, simbolica e sequenziale con gli antichissimi segni di raffigurazione delle costellazioni "(
RispondiEliminaCiao Zret, ottimo articolo.
Ti devo solo correggere che lo scienziato biologo citato è Giuseppe Sermonti non Giovanni come erroneamente riportato mentre suo fratello Vittorio è un noto dantista.
Ho avuto modo di leggere il suo libro "L'alfabeto scende dalle stelle" http://books.google.it/books?id=i7vIZ5USKScC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false
E' un libro interessantissimo e pieno di stimoli. Cito a pag. 92
"Le prime dodici lettere minuscole greche non sono varianti ridotte delle loro maiuscole: sono adattamenti di simboli zodiacali. Le ultime dodici, invece , sono lettere epigrafiche rimpicciolite. Prima di sbarcare in Grecia (e in Etruria), i fenici hanno colto sei lettere dalla via lattea. I Greci hanno esteso l’alfabeto galattico sino alla Omega."
Purtroppo per le sue posizioni anti-darwiniane è considerato un "cane sciolto" (cattolico) e pertanto relegato ai margini della cultura dominante (ergo fuori dalle scuole ed università). Verrà il giorno in cui sarà riscoperto e approfondito in tutti gli ambiti del suo indagare.
Ad ogni modo riconosco che il suo pensiero che termina a pag. 97
"Una tavola di 24 (+5) lettere epigrafiche greche (Tav. 7) sintetizza la composizione del nostro alfabeto. La prima metà (1-12) è zodiacale (lunare), la seconda (13-24) è “galattica”. Due cortei di stelle segnano l’alfabeto sulla volta del cielo, uno è un’antica carovana sinaitica, l’altra un’arcaica processione che si eleva dai templi neolitici di Çatal Hüyük"
è solo un punto di partenza di investigazioni ancora più approfondite.
Le spiegazioni sull'inventore dell'alfabeto fornite dal nostro autore, da Cadmo a Prometeo, Sisifo o Ulisse, agli dei allo stesso dio tratto dal vangelo giovanneo "All'inizio era la parola ... tutto è stato fatto per mezzo di lei ..." non soddisfano il lettore raffinato rimandandolo ad ulteriori sguardi nelle pieghe dell'Universo … e dei suoi abitanti.
Grazie della segnalazione dell'errore, Ron. Lo emenderò appena possibile.
EliminaMolto interessante quanto riporti e scrivi. Credo che si debba approfondire il tema di Gobekli Tepe, santuario antichissimo popolato da una gente enigmatica e forse sinistra. Io mi spingerei poi fino ad Atlantide ed a civiltà stellari.
Ciao
P.s. Solo un deficiente può essere darwiniano.
EliminaCiao Zret, ciao Ron,
RispondiEliminaottimo l'articolo e anche l'addentellato commento di Ron; in questo contesto vorrei inserirmi con il Genoma Umano formato da 22 coppie di cromosomi, in più, una coppia per determinare il sesso.
Tre della quattro lettere del "DNA" si combinano in 22 diverse triadi di aminoacidi, dando vita alle proteine, analogamente al modo in cui dai verbi derivano le parole.
Va detto, che è importante il fatto che anche la lingua ebraica includa e usi 22 lettere per comporre triadi, che fungono da radice dei verbi, emulando dunque il funzionamento del DNA.
E' ovvio in questo contesto che il primo sistema di scrittura sia nato a Sumer, senza dubbio più avanzato rispetto a quello pittografico che usava disegni per descrivere oggetti e azioni.
a scrittura alfabetica, fece la sua comparsa nella Penisola del Sinai almeno nella metà del secondo millennio a.C. Senza dubbio questo sapere legato al DNA, è un sapere cosmico e, sappiamo che quel sapere deriva da Magi (sacerdoti) delle antiche Città Stato della Mesopotamia dove conoscevano (già allora) i segreti della volta celeste e, il giusto riferimento alle stelle e costellazioni.
Costellazioni e Stelle, nominate da questi Magi, che non facevano differenza tra Astronomia e Astrologia, tutto il sapere era correlato in un unica Scienza.
Ciao
E' vero, Wlady, l'alfabeto più antico è quello sinaitico. 22, tra l'altro, sono le lame maggiori dei Tarocchi. Senza dubbio la Sumeria è la madre delle culture e, a loro volta, i Sumeri erano debitori degli...
RispondiEliminaCiao