E’ noto che Giovanni Pascoli nella sua casa di Barga, avvolta nella serenità bucolica della Garfagnana, aveva uno studio con tre scrivanie. Egli, infatti, soleva dedicarsi con sorprendente sincronismo alla poesia italiana, alla poesia latina ed alla critica dantesca. Dovremmo seguire l’esempio di Pascoli ed imparare a dividere il nostro tempo fra attività differenti, coltivando diversi interessi e discipline.
Il sapere (ma è ancora sapere?) è oggigiorno iperspecializzato e settoriale. La frattura tra cultura umanistica e cultura scientifica non è stata ricomposta. Così la formazione si disgrega, si disarticola. Si erigono steccati con cui sono confinati i vari campi di studio. Il vero intellettuale rifugge dall’erudizione che è conseguenza di una ricerca unidirezionale e di un interesse sterile. Il vero intellettuale compone il Leitmotiv ed il contrappunto. Le sue dita si muovono con disinvoltura fra i tasti eburnei ed i tasti d’ebano.
E’ lodevole l’uomo che, pur concentrando sguardo ed attenzione su un soggetto, getta sempre un’occhiata altrove. La mente si avvezza a spaziare, diventa duttile, curiosa. Le conoscenze si integrano: si apprende a correlare, a trascendere limiti sovente artificiosi. La cultura si sfaccetta e, se ogni sfaccettatura è levigata, brilla a guisa di diamante.
Purtroppo siamo ben lungi dall’ideale dell’uomo enciclopedico che diede lustro al Rinascimento e lontano pure dalla mirabile simultaneità con cui Pascoli curava i suoi tre fragranti roseti. Oggidì la scuola, ridotta in uno stato pietoso, in quei pochi casi in cui tenta di trasmettere qualche conoscenza, punta su tecnicismi. Dimentica dell’armonia e della verità, s’impernia solo ciò che è utile, tosto spendibile per rosicare un sei, un credito, una competenza da sfruttare sul mercato della disoccupazione. Difettano segnatamente l’attitudine ad osservare, a riflettere ed a creare. Mentre l’intelletto si ottunde, anche la mano si aggranchisce, nell’incessante digitazione dei tasti o nel diuturno scorrimento dei polpastrelli sullo schermo. Gli occhi fissi, vitrei sul cellulare o su un’altra diavoleria: non esiste nient’altro.
Difettano tante cose anche a chi è incline ad indagare, mancano la quiete ed il tempo da consacrare all’otium. Francesco Petrarca si immergeva nei suoi amati classici, immerso nella riposante pace della natura silvestre a Valchiusa, ad Arquà.
In quale mondo e in quali rimasugli di tempo i pochi uomini vivi oggi ponderano e studiano non occorre descrivere.
Il sapere (ma è ancora sapere?) è oggigiorno iperspecializzato e settoriale. La frattura tra cultura umanistica e cultura scientifica non è stata ricomposta. Così la formazione si disgrega, si disarticola. Si erigono steccati con cui sono confinati i vari campi di studio. Il vero intellettuale rifugge dall’erudizione che è conseguenza di una ricerca unidirezionale e di un interesse sterile. Il vero intellettuale compone il Leitmotiv ed il contrappunto. Le sue dita si muovono con disinvoltura fra i tasti eburnei ed i tasti d’ebano.
E’ lodevole l’uomo che, pur concentrando sguardo ed attenzione su un soggetto, getta sempre un’occhiata altrove. La mente si avvezza a spaziare, diventa duttile, curiosa. Le conoscenze si integrano: si apprende a correlare, a trascendere limiti sovente artificiosi. La cultura si sfaccetta e, se ogni sfaccettatura è levigata, brilla a guisa di diamante.
Purtroppo siamo ben lungi dall’ideale dell’uomo enciclopedico che diede lustro al Rinascimento e lontano pure dalla mirabile simultaneità con cui Pascoli curava i suoi tre fragranti roseti. Oggidì la scuola, ridotta in uno stato pietoso, in quei pochi casi in cui tenta di trasmettere qualche conoscenza, punta su tecnicismi. Dimentica dell’armonia e della verità, s’impernia solo ciò che è utile, tosto spendibile per rosicare un sei, un credito, una competenza da sfruttare sul mercato della disoccupazione. Difettano segnatamente l’attitudine ad osservare, a riflettere ed a creare. Mentre l’intelletto si ottunde, anche la mano si aggranchisce, nell’incessante digitazione dei tasti o nel diuturno scorrimento dei polpastrelli sullo schermo. Gli occhi fissi, vitrei sul cellulare o su un’altra diavoleria: non esiste nient’altro.
Difettano tante cose anche a chi è incline ad indagare, mancano la quiete ed il tempo da consacrare all’otium. Francesco Petrarca si immergeva nei suoi amati classici, immerso nella riposante pace della natura silvestre a Valchiusa, ad Arquà.
In quale mondo e in quali rimasugli di tempo i pochi uomini vivi oggi ponderano e studiano non occorre descrivere.
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Caro nemico delle petroliere,
RispondiEliminaPur gustando le tue parole non mi rinchiudo nel dolce ricordo dei tempi andati.
Il determinismo ha infine portato a questa tra i potenziali scenari.
Meglio? Peggio? Chi può dirlo?
So invece che senza questa asciutta tecnologia non ti avrei mai conosciuto e nessuno mi avrebbe detto che quelle che abbiamo in cielo oggi non sono nuvole.
Un abbraccio sincero
Gianluca
Non è in sé una condanna della tecnologia, ma di una deriva tecnologica. Nei confronti della tecnologia, bisognerebbe seguire il monito habere, non haberi, dimostrandosi capaci di dominarla. Vero è che oggi ne siamo tutti un po' schiavi. Certo, il ricordo dell'età dell'oro è sempre risorgente, ora come anelito ora come nostalgia.
EliminaCiao
Hai trattato un argomento su cui mi interrogo da tempo, Zret. In che modo disarticolato e privo di contenuti oggigiorno si "ponderi" e' materia di lampante evidenza. Manca completamente la capacita' di organizzare una risposta logica e consequenziale a un impulso iniziale. Nell'ambito lavorativo, cosi' come nella vita privata, o nelle commenti a un blog o a un forum, si nota come la risposta a tema sia diventata l'eccezione. Come e' possibile che posto di fronte a un quesito quasi ogni interlocutore risponda mele dove gli si e' richiesto pere? Nella mia esperienza ho potuto constatare che questo dipenda da una sostanziale incapacita' di afferrare i concetti scritti nel testo che si ha di fronte, e questo vale non solo a livello di microtesto e comunicazione extra testuale, ma soprattutto nel caso del macro testo, dove le possibilita' di equivocare dovrebbero essere ridotte all'osso.
RispondiEliminaE qui la scuola gioca un ruolo determinante, e la partita che si gioca da decenni per spolparla di ogni contenuto di valore e' il riflesso dell'accelerazione verso un sistema autoritario dove bisognera' ridurre i senzienti al totale ottundimento. Conosco per esperienza personale solo due sistemi scolastici, quello italiano e quello inglese. In quello italiano ho finito il liceo scientifico 20 anni fa, prima di intraprendere gli studi universitari. Ho preferito lo scientifico, pur essendo meglio attrezzata per le materie umanistiche, proprio per non privarmi del retroterra fisico-matematico e della lingua moderna. Ancora oggi ne sono soddisfatta, ho perfezionato un abito mentale per lo studio che all'universita' mi ha permesso di non incontrare problemi ne' di andare fuori corso, e ho poi fatto un master a Londra dove ho applicato con successo quel sistema. Negli scritti ero la migliore del corso, la piu' documentata, pur con l'handicap di non parlare l'inglese di un inglese. La scuola italiana, con tutti i suoi difetti, mi ha dato una visuale culturale ampia e discretamente variegata. Rispetto a quella inglese c'e' in Italia piu' autoritarismo da parte degli insegnanti, e poca interazione con gli studenti - si intende, in linea di massima. Chiaramente rispetto ai miei tempi del liceo di 20 anni fa i programmi sono stati sforbiciati, diluiti, banalizzati, altrimenti grandi intelletti posti a capo dell'istruzione, come la Gelmini, non ci si sarebbero potuti misurare.
Tuttavia, poiche' vivo a Londra e ho due figlie adolescenti, non mi capacito del fatto che conosco la storia, la cultura e la letteratura inglese meglio di un inglese medio. Anche qui la risposta sta nella scuola, che qui e' divisa nei due filoni di classe, statale e indipendente (privata). Mie figlie vanno alla pubblica, che e' un disastro. Le materie generaliste e uguali per tutti terminano a 13 anni, in year 9. Dall'anno successivo si studia solo cio' che si intende portare nel biennio di diploma, con inglese e matematica uguali per tutti - o quasi. Anche in questi due fondamentali si puo' essere assegnati ai gruppi lower, middle o top, e sostenere differenti livelli di scritti. Poi si puo' scegliere tra un ventaglio di insegnamenti. Di miglior livello la scuola, di maggior pregio saranno le materie offerte. Le pubbliche di solito offrono catering, studi religiosi, recitazione, psicologia, business. Le private offrono civilizzazioni classiche, latino, dibattito, studi politici, economia. Come si determina il livello della scuola? Dal sistema di esame prescelto, il che implica seguire un dato programma piu' o meno corposo, e dai risultati di esame, che sono valutati da organismi terzi esterni alla scuola (boards). Quindi una pubblica di solito rendera' note le percentuali dei suoi alunni che prendono voti compresi tra A* e C, mentre le private distinguono tra quanti prendono A, quanti B e quanti C. E li si vede la qualita' della scuola. Purtroppo anche da queste parti si e' proceduto all'annacquamento dei programmi, e cosi' pur studiando geografia, nessuno dei testi contempla una cartina, e difficilmente saprebbero in che continente si trova il Peru' ne' tantomeno rintracciarlo sulla mappa. Laddove ai miei tempi si conoscevano anche le risorse dei paesi studiati, oltre alle caratteristiche fisiche, capitali ecc, adesso dal programma di geografia e' proprio sparito il territorio. Si studia il riscaldamento globale (e daje) e la globalizzazione per un anno intero. Mia figlia 13 enne "studia" le produzioni della Nike in Bangladesh - peccato non sappia dove si trova. In storia non c'e' alcuna cronologia da seguire. Si salta liberamente per i secoli, ruminando fatti di dubbia importanza. In year 9 in questo trimestre hanno affrontato la questione dei diritti civili negli USA. Peccato abbiano ridotto la questione ai soli neri, omettendo di rendere noto come i neri siano arrivati in America, quale fosse il quadro legale prima e dopo la guerra di indipendenza, nessuna sostanza, si e' subito agli anni 60 et voila' che appare Martin Luther King che risolve ogni cosa. Peggio in year 10, nell'anno di diploma si studia la storia...della medicina,soprattutto del dr Fleming e dell'eroina nazionale, l'infermiera Florence Nightingale. Di storia inglese si tratta solo il periodo Tudor, in maniera sconfinante nell'idolatria, e nulla si sa sui Lancaster, gli Stuart, gli Orange e gli Hanover. Con queste nozioni ovviamente si ignora che e' esistito il medio Evo e la Riforma, la Grecia di Sparta e Atene, la scoperta delle Americhe, per rimanere ai fatti piu' noti. Figurarsi se gli si menzionasse il Re Sole e Richelieu, penserebbero a un fatto astronomico. Nei test di storia si e' esortati a dare la propria opinione sui fatti in esame, senza fonti a sostegno.
RispondiEliminaNon va meglio sul versante scientifico. A 16 anni si e' ancora spiaggiati sulle equazioni di secondo grado, ma quelle facili facili degli inizi. In linea di massima, rispetto al calcolo si privilegia la compilazione di tabelle, meglio se estrose e colorate. Gli elementi di statistica necessari alla comprensione e compilazione delle tabelle non sono studiati. Le tabelle sembrano meri ornamenti su cui allineare numeri a casaccio, cosi' come, sporadicamente, gli assi cartesiani. In chimica, sebbene la tavola degli elementi non sia certo appannaggio di ristrette elite, si studiano le rocce calcaree e i polimeri. Geometria non pervenuta, viene considerata troppo difficile. In biologia si studiano organi genitali e riproduzione umana. Per anni. In letteratura non sono prese in considerazione le biografie degli autori, e cosi' si affiancano sonetti di Shakespeare a poeti della 1 guerra mondiale o Steinbeck come se fossero parti della stessa epoca storica. Bisogna cogliere il mood delle opere, senza andare in profondita'.
RispondiEliminaPerche' ho fatto questa lunga escursione nella scuola pubblica inglese (la privata e' proprio tutt'altra cosa e forma le elite, che parlano anche con diverso accento)? Perche' questo e' il risultato della scuola che si ispira a cio' che e' UTILE. Questo serve ai datori di lavoro, se mai te ne offriranno uno. Mia figlia a 9 anni sapeva fare power point e mettere su siti web, ma alla National Gallery sbuffava di fronte a Matisse. La sua attenzione e' stata focalizzata su cio' che serve. Come fai ad approntare un lavoro di recupero in famiglia? Bisogna cercare di gestire i ritagli di tempo, perche' quando si sta a scuola fino alle 4, che in una citta' tanto trafficata significa arrivare a casa minimo 40 minuti dopo, non si puo' contare su una grande disponibilita' ne' attenzione. A scuola si procede dunque al montaggio del drone umano. Quest'anno, dopo la recente rampogna in TV del ministro dell'istruzione contro l'impreparazione degli studenti ad affrontare il mondo del lavoro (lui che e' andato a Eton, come il resto dei ricconi al governo), c'e' l'ulteriore ciliegina della torta. A luglio una bella settimana di apprendistato gratuito per tutti gli studenti di year 10 e 11, in sede da comunicarsi. Impareranno a pensarsi solo ed esclusivamente come unita' di produzione con cartellino al collo. Civilizzati.
Cantavano i CCCP in "Guerra e pace" : "un ciclo siamo macellati, un ciclo siamo macellai / un ciclo riempiamo gli arsenali, un ciclo riempiamo i granai ." Un po' come nel film Soylent Green, i granai sono riempiti di noi. Come siamo potuti arrivare qui?
Che cosa aggiungere a questo saggio preciso e documentato, Avalon Carr? Il panorama dell'"istruzione" è desolante, quando non è inquietante. Credo che sia la scuola in sé ad essere sbagliata, sebbene alcune sue realizzazioni siano accettabili, non quelle attuali inficiate da un utilitarismo bieco e cieco. L'ideale è il cenacolo del filosofo con i suoi discepoli, ma...
EliminaCiao