ll triangolo di Kanizsa è un'illusione ottica assai nota. Nel 1955 per la prima volta fu descritta dallo psicologo italiano, Gaetano Kanizsa. Nella figura il percipiente tende a scorgere due triangoli equilateri bianchi l'uno sovrapposto all'altro, sebbene nessuna delle due figure geometriche sia effettivamente disegnata.
Il fenomeno non è facilmente spiegabile. Gli esponenti della Gestaltpsychologie (Psicologia della forma, scuola psicologica nata alla fine del XIX secolo e diramatasi nel XX secolo in Austria, Germania, Stati Uniti, Italia) hanno tentato di motivare questa illusione ottica, chiamando in causa la percezione a priori di una forma (Gestalt), a prescindere dagli elementi costituenti. Secondo Von Eherenfels, le forme costituiscono un oggetto percettivo sui generis: percepiamo in un modo gli elementi e in un modo dissimile le configurazioni complessive. Anche se le configurazioni non possono esistere senza gli elementi di cui esse sono composte, questa dipendenza non è così forte da impedirci di riprodurre la conformazione con elementi diversi.
Il caso del triangolo di Kanizsa si riferisce addirittura all’assenza degli elementi costitutivi del triangolo (i lati) che, però, la percezione (cervello-mente-coscienza) si incarica di costruire, secondo un principio di organizzazione “dall’alto verso il basso”, ossia dal complesso al semplice. Ciò significa che al centro di un meccanismo percettivo o di apprendimento si situerebbe un processo di riorganizzazione gestaltica consistente nel vedere gli elementi singoli legati in un’immagine ordinata, invisibile prima della riorganizzazione stessa (insight).[1]
La psicologia della forma tende a dar conto del motivo per cui riconosciamo una melodia, anche se eseguita in una tonalità differente o qualora se ne oda solo un frammento o perché si ravvisa un volto anche da un solo particolare fisiognomico.
Il poligono in oggetto, però, non implica solo formidabili problemi inerenti alle sensazioni ed ai fattori gnoseologici, perché palesa delle declinazioni culturali. Infatti l’osservazione del triangolo trascina con sé in ogni percipiente con un minimo di scolarizzazione l’istintivo collegamento all’Ebraismo. Quantunque la cosiddetta Stella di David o sigillo di Salomone sia un simbolo molto diffuso nelle culture del mondo antico, nonostante l’astro a sei punte sia rintracciabile spesso nei graffiti della regione alpina ed in contesti culturali, come quello cinese, che non dipendono affatto dalla tradizione ebraica, la cultura fa, per così dire, aggio sulla natura. Infatti, a causa di una fruizione connotata in senso conoscitivo e persino ideologico, l’osservatore “vede” nel non triangolo di Kanisza due triangoli intersecati e... una stella di David.
[1] Si osservi che il lemma sul triangolo di Kanisza all’interno di Wikipedia contiene un’illustrazione del problema quasi del tutto errata. Ciò la dice lunga su Wikipedia e sulla grossolana ignoranza dei suoi estensori.
Il fenomeno non è facilmente spiegabile. Gli esponenti della Gestaltpsychologie (Psicologia della forma, scuola psicologica nata alla fine del XIX secolo e diramatasi nel XX secolo in Austria, Germania, Stati Uniti, Italia) hanno tentato di motivare questa illusione ottica, chiamando in causa la percezione a priori di una forma (Gestalt), a prescindere dagli elementi costituenti. Secondo Von Eherenfels, le forme costituiscono un oggetto percettivo sui generis: percepiamo in un modo gli elementi e in un modo dissimile le configurazioni complessive. Anche se le configurazioni non possono esistere senza gli elementi di cui esse sono composte, questa dipendenza non è così forte da impedirci di riprodurre la conformazione con elementi diversi.
Il caso del triangolo di Kanizsa si riferisce addirittura all’assenza degli elementi costitutivi del triangolo (i lati) che, però, la percezione (cervello-mente-coscienza) si incarica di costruire, secondo un principio di organizzazione “dall’alto verso il basso”, ossia dal complesso al semplice. Ciò significa che al centro di un meccanismo percettivo o di apprendimento si situerebbe un processo di riorganizzazione gestaltica consistente nel vedere gli elementi singoli legati in un’immagine ordinata, invisibile prima della riorganizzazione stessa (insight).[1]
La psicologia della forma tende a dar conto del motivo per cui riconosciamo una melodia, anche se eseguita in una tonalità differente o qualora se ne oda solo un frammento o perché si ravvisa un volto anche da un solo particolare fisiognomico.
Il poligono in oggetto, però, non implica solo formidabili problemi inerenti alle sensazioni ed ai fattori gnoseologici, perché palesa delle declinazioni culturali. Infatti l’osservazione del triangolo trascina con sé in ogni percipiente con un minimo di scolarizzazione l’istintivo collegamento all’Ebraismo. Quantunque la cosiddetta Stella di David o sigillo di Salomone sia un simbolo molto diffuso nelle culture del mondo antico, nonostante l’astro a sei punte sia rintracciabile spesso nei graffiti della regione alpina ed in contesti culturali, come quello cinese, che non dipendono affatto dalla tradizione ebraica, la cultura fa, per così dire, aggio sulla natura. Infatti, a causa di una fruizione connotata in senso conoscitivo e persino ideologico, l’osservatore “vede” nel non triangolo di Kanisza due triangoli intersecati e... una stella di David.
[1] Si osservi che il lemma sul triangolo di Kanisza all’interno di Wikipedia contiene un’illustrazione del problema quasi del tutto errata. Ciò la dice lunga su Wikipedia e sulla grossolana ignoranza dei suoi estensori.
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Un simbolo certamente enigmatico che va indietro nel tempo ancora prima dela cosiddetta Stella di David:
RispondiEliminaI due triangoli che formano la stella a sei punte potrebbe anche raffigurare l’unione di cielo e terra, del mondo spirituale con il mondo materiale.
Formato da due triangoli equilateri incrociati ed a volte inscritti in un cerchio. Il triangolo con il vertice verso il basso rappresenta i due elementi pesanti, acqua e terra, il cui principio corporeo li fa tendere verso il basso, mentre il triangolo con il vertice in alto rappresenta i due elementi leggeri e spirituali, aria e fuoco.
"Sicché l'esagramma tutto può essere, fuorché un simbolo 'polare.' Altro discorso riguarda invece l'abuso di un simbolo di portata universale da parte di gruppi o lobby che perseguono interessi particolari; la sua strumentalizzazione e monopolizzazione."
Ciao
Conosco due cose infinite: l'universo e il mondo dei simboli. Non sono sicuro che il primo lo sia.
RispondiEliminaCiao