N.B. Le traduzioni dei testi sacri all’interno del presente articolo sono state eseguite da studiosi autorevoli. Si declina ogni responsabilità in caso di versione inesatta da un punto di vista filologico e linguistico.
E' più facile nei tempi dilaniati da forti contrapposizioni che i pregiudizi si radichino in modo assai tenace. Bene o male, assistiamo almeno dall'inside job del giorno 11 settembre 2001, ad una demonizzazione indiscriminata dell'Islam. Ora, premesso che tutte le fedi si possono ritenere dei soffi spirituali cristallizzati, se non, in talune circostanze, delle costruzioni ideologiche più dannose che ininfluenti, è disdicevole criminalizzare in toto espressioni culturali in cui si trova pure qualche gemma, per di più per ragioni di Realpolitik. Guido Gozzano osserva che un credo nasce puro, ma presto esso degenera in idolatria. Come dargli torto?
Si ripete che le donne, all'interno del mondo musulmano, sono succube degli uomini, essendo costrette tra l’altro a portare il velo. Consideriamo solo la questione del velo. Scrive Francesca Zamboni: "In origine il chādor indicava lo status sociale di una donna, poiché il suo impiego serviva loro per distinguersi da quelle che non lo adoperavano, ovvero le cortigiane e le ancelle. I sovrani persiani si servivano di questo mezzo di identificazione così come era abituale tra i Greci ed i Bizantini, le cui mogli non potevano mostrarsi in pubblico con il viso completamente scoperto. Una pratica pre-islamica, questa, che ha trovato il suo seguito sia nel chādor sia nell’hijāb (drappo di seta sul viso). [...] Il niqāb, altro tipo di velo appartenente alla tradizione islamica ed indossato in Arabia Saudita, Iran e Marocco, copre, a differenza dello chādor, tutto il corpo della donna, lasciando scoperti solo gli occhi.
L'apice della segregazione e sottomissione femminile è, però, rappresentato da due tipi di burqa: il primo, di colore blu, copre completamente il corpo ed il volto della donna e qualche volta è provvisto di una piccola rete per favorire la visibilità; il secondo è un velo che copre interamente la testa, lasciando liberi gli occhi. [...] Si tratta di un'estremizzazione dei precetti coranici classici, poiché il Libro sacro considera il velo lo strumento tramite cui le donne possono distinguersi dalle concubine. Quindi l’uso del velo presuppone la possibilità, per il Corano, di essere riconosciute”.
Mentre nel mondo maomettano si è assistito ad un progressivo inasprimento di molti precetti, nel Cristianesimo, in particolare nel Cattolicesimo ed in molte chiese cosiddette evangeliche, pristine norme sono state addolcite o rimosse. Paolo (o chi per lui) ordina: "Perché se una donna non si mette il velo, si tagli anche i capelli. Ora, se è cosa vergognosa per una donna avere i capelli tagliati o essere rasata, allora si copra il capo con un velo. L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna, invece, è gloria dell'uomo. E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a causa degli angeli”. (Corinzi, I, 11: 6)
Due passaggi del Corano ampliano quest’obbligo, tipico di molti popoli medio-orientali sin dall'antichità. “E di’ alle credenti (...) di lasciar scendere i loro veli fin sul petto.” (Corano, 24: 31) “O Profeta, di’ alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli: è per loro il miglior modo per farsi conoscere e per non essere offese. Dio è veramente Giusto e Misericordioso.” (Corano, 33: 59).
Perché l'obbligo del velo durante le assemblee (attualmente messe) è oggi eluso nel Cristianesimo, se si esclude il caso di qualche devota anziana, specialmente nell'Italia meridionale ed insulare? La misoginia paolina, sulle cui motivazioni si potrebbe disquisire a lungo, fu recepita nei primi secoli dell'era volgare da Tertulliano. Nel De virginibus velandis l’apologeta considera la donna un essere inferiore che deve indossare sempre il velo.
Allargando il discorso, ci si chiede per quale ragione le norme della Torah non siano rispettate all'interno delle chiese cristiane, quando il Messia ammonisce: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Torah o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure uno yod o un segno dalla Torah, senza che tutto sia compiuto".
Per fortuna certe regole del Pentateuco non sono osservate, soprattutto mercé l'Apostolo dei gentili [1]. Egli si adoperò per una spericolata quadratura del cerchio, ossia conciliare Antico e Nuovo Testamento, erigendo un nuovo edificio su fondamenta che mal si adattavano al suo manufatto architettonico. Tuttavia le fondamenta non si vedono ed andò bene così.
[1] Ad esempio, in Deuteronomio 22:22,23 (vedi in calce), è stabilita la pena per gli adulteri, ossia la lapidazione, ma non mi risulta che i Cristiani applichino tale regola. Nel Corano, invece, non si reperisce neanche un cenno alla lapidazione.
22 "Quando si troverà un uomo a giacere con una donna maritata, ambedue morranno: l’uomo che s’è giaciuto con la donna e la donna. Così toglierai via il male di mezzo ad Israele. 23 Quando una fanciulla vergine è fidanzata ed un uomo, trovandola in città, si giace con lei, 24 condurrete ambedue alla porta di quella città e li lapiderete sì che muoiano: la fanciulla, perché essendo in città, non ha gridato; e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così toglierai via il male di mezzo a te".
E' più facile nei tempi dilaniati da forti contrapposizioni che i pregiudizi si radichino in modo assai tenace. Bene o male, assistiamo almeno dall'inside job del giorno 11 settembre 2001, ad una demonizzazione indiscriminata dell'Islam. Ora, premesso che tutte le fedi si possono ritenere dei soffi spirituali cristallizzati, se non, in talune circostanze, delle costruzioni ideologiche più dannose che ininfluenti, è disdicevole criminalizzare in toto espressioni culturali in cui si trova pure qualche gemma, per di più per ragioni di Realpolitik. Guido Gozzano osserva che un credo nasce puro, ma presto esso degenera in idolatria. Come dargli torto?
Si ripete che le donne, all'interno del mondo musulmano, sono succube degli uomini, essendo costrette tra l’altro a portare il velo. Consideriamo solo la questione del velo. Scrive Francesca Zamboni: "In origine il chādor indicava lo status sociale di una donna, poiché il suo impiego serviva loro per distinguersi da quelle che non lo adoperavano, ovvero le cortigiane e le ancelle. I sovrani persiani si servivano di questo mezzo di identificazione così come era abituale tra i Greci ed i Bizantini, le cui mogli non potevano mostrarsi in pubblico con il viso completamente scoperto. Una pratica pre-islamica, questa, che ha trovato il suo seguito sia nel chādor sia nell’hijāb (drappo di seta sul viso). [...] Il niqāb, altro tipo di velo appartenente alla tradizione islamica ed indossato in Arabia Saudita, Iran e Marocco, copre, a differenza dello chādor, tutto il corpo della donna, lasciando scoperti solo gli occhi.
L'apice della segregazione e sottomissione femminile è, però, rappresentato da due tipi di burqa: il primo, di colore blu, copre completamente il corpo ed il volto della donna e qualche volta è provvisto di una piccola rete per favorire la visibilità; il secondo è un velo che copre interamente la testa, lasciando liberi gli occhi. [...] Si tratta di un'estremizzazione dei precetti coranici classici, poiché il Libro sacro considera il velo lo strumento tramite cui le donne possono distinguersi dalle concubine. Quindi l’uso del velo presuppone la possibilità, per il Corano, di essere riconosciute”.
Mentre nel mondo maomettano si è assistito ad un progressivo inasprimento di molti precetti, nel Cristianesimo, in particolare nel Cattolicesimo ed in molte chiese cosiddette evangeliche, pristine norme sono state addolcite o rimosse. Paolo (o chi per lui) ordina: "Perché se una donna non si mette il velo, si tagli anche i capelli. Ora, se è cosa vergognosa per una donna avere i capelli tagliati o essere rasata, allora si copra il capo con un velo. L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna, invece, è gloria dell'uomo. E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo; né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a causa degli angeli”. (Corinzi, I, 11: 6)
Due passaggi del Corano ampliano quest’obbligo, tipico di molti popoli medio-orientali sin dall'antichità. “E di’ alle credenti (...) di lasciar scendere i loro veli fin sul petto.” (Corano, 24: 31) “O Profeta, di’ alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli: è per loro il miglior modo per farsi conoscere e per non essere offese. Dio è veramente Giusto e Misericordioso.” (Corano, 33: 59).
Perché l'obbligo del velo durante le assemblee (attualmente messe) è oggi eluso nel Cristianesimo, se si esclude il caso di qualche devota anziana, specialmente nell'Italia meridionale ed insulare? La misoginia paolina, sulle cui motivazioni si potrebbe disquisire a lungo, fu recepita nei primi secoli dell'era volgare da Tertulliano. Nel De virginibus velandis l’apologeta considera la donna un essere inferiore che deve indossare sempre il velo.
Allargando il discorso, ci si chiede per quale ragione le norme della Torah non siano rispettate all'interno delle chiese cristiane, quando il Messia ammonisce: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Torah o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure uno yod o un segno dalla Torah, senza che tutto sia compiuto".
Per fortuna certe regole del Pentateuco non sono osservate, soprattutto mercé l'Apostolo dei gentili [1]. Egli si adoperò per una spericolata quadratura del cerchio, ossia conciliare Antico e Nuovo Testamento, erigendo un nuovo edificio su fondamenta che mal si adattavano al suo manufatto architettonico. Tuttavia le fondamenta non si vedono ed andò bene così.
[1] Ad esempio, in Deuteronomio 22:22,23 (vedi in calce), è stabilita la pena per gli adulteri, ossia la lapidazione, ma non mi risulta che i Cristiani applichino tale regola. Nel Corano, invece, non si reperisce neanche un cenno alla lapidazione.
22 "Quando si troverà un uomo a giacere con una donna maritata, ambedue morranno: l’uomo che s’è giaciuto con la donna e la donna. Così toglierai via il male di mezzo ad Israele. 23 Quando una fanciulla vergine è fidanzata ed un uomo, trovandola in città, si giace con lei, 24 condurrete ambedue alla porta di quella città e li lapiderete sì che muoiano: la fanciulla, perché essendo in città, non ha gridato; e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così toglierai via il male di mezzo a te".
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Grazie per avermi inserita. :)
RispondiEliminaIl tema è scottante e, a ben vedere, riguarda ambiti molto più ampi. Qualsiasi forma di congregazione. compresi i famigerati partiti politici, è una forma di dittatura. Quando un individuo e/o un gruppo di persone, seppur armate in partenza delle migliori intenzioni (lasciamo il beneficio del dubbio!), si estende e accumula tanti seguaci, finisce che l'ideologia originale non è più il vero punto di riferimento bensì coloro che detengono l'autorità e sono a capo del gruppo. E finisce che i membri "inferiori" - il gregge - perdono completamente la loro facoltà di libero pensiero e si ritrovano a dover aderire per forza al pensiero della "testa", pena l'estromissione .. Succede inevitabilmente.
Grazie a Te per la stima.
EliminaAnalizzi la fase in cui la religione tende a concretizzarsi in una chiesa, in una congregazione, in una setta. Davvero si manifestano forme gerarchiche e di subordinazione del fedele ad una figura superiore: sono rapporti di subalternità e di obbedienza che rovinano tutto.
Il mio anarchismo mi spinge ad auspicare che nel mondo dovrebbero esistere tante religioni intime quanti sono gli abitanti della Terra e, nel contempo, neanche una chiesa.
Ciao