05 ottobre, 2014

Fare

Mi è stato chiesto per quale ragione sia preferibile non eccedere, soprattutto negli scritti, con il verbo “fare”. Non è solo una questione lessicale. È pacifico che un testo in cui al verbo in questione si sostituisce una voce appropriata risulta più bello e più efficace sotto il profilo semantico. Non si deve generalizzare: in molte espressioni “fare” è non solo ammesso, ma pure auspicabile. “Far fagotto”, “fare le viste”, “strada facendo” etc. sono espressioni sapide che possono conferire a certi discorsi una vena fresca, un sano brio popolaresco.



Sono ben altre le ragioni che sconsigliano di depauperare la lingua, riducendone il repertorio a pochi consunti vocaboli, sempre gli stessi. In “1984” di George Orwell il sistema mira a dissanguare sempre più l’idioma, regolarizzandone le strutture e con una drastica semplificazione del lessico. La lingua, che rispecchia la Weltanschauung, è soprattutto un potente strumento di conoscenza. Quanti più termini si conoscono e si adoperano, tanto più si creano sinapsi, nessi cognitivi ed emotivi: ampliare il proprio vocabolario significa rinvigorire l’intelligenza, affinare la specillo dell’introspezione.

Per questo motivo si deve combattere l’omologazione che tende ad imporre l’inglese come codice internazionale, costringendo già i bambini a studiare la lingua della perfida Albione, nella sua versione, per così dire, commerciale. Quali mirabili orizzonti si staglierebbero, quali sublimi vette si potrebbero intravedere, se si avvezzassero gli studenti a cimentarsi nello studio di parlate antiche o contemporanee, ma eccentriche!

Non è casuale: gli apparati perseguono con scientifica tenacia la distruzione della cultura. Essi lottano contro la sagacia, l’intuizione e la creatività, armi più potenti di mille ordigni nucleari. Sono armi che il potere non può consentire gli uomini usino per conquistare la libertà, per rivendicare la loro natura di esseri spirituali. I governi agiscono con feroce ipocrisia ovunque si palesi lo spirito critico, frutto della sapienza linguistica.

Lasciamo che a ricorrere al verbo “fare” ed all’ancora più abominevole “effettuare” sia la stirpe decaduta dei “politici”, dei pennivendoli, dei disinformatori, dei sindacalisti, degli psicopatici normalizzatori…

Che Matteo Renzi ripeta pure “fare la legge”, “fare le riforme”, “fare la riunione”…

Lasciamo l’anodino verbo “fare” a gente completamente… fatta.

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4 commenti:

  1. Caro Zret,

    Fare: termine assai abusato oggigiorno, divenuto fondale di uno stile di vita impastata di attivismo stressato e anfetaminico . C’era anche un partito politico, attualmente in fase di liquefazione, che si qualifico’ come partito del fare. Quello stesso partito che introdusse nell’alveo della politica nostrana l’orrendo concetto della governance. British perversion.
    Per rimanere in tema di George Orwell, come non ricordare uno degli slogan de “La fattoria degli animali” ovvero quel “ Quattro zampe e’ un bene, due zampe e’ un male” , che diventera’ di li a poco “Quattro zampe e’ un bene, due zampe e’ meglio .” Meglio di un trattato sul voltafaccia opportunistico, tutta da meditare.

    P.S. Favolosa, come sempre, l’illustrazione che accompagna l’articolo.

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  2. Anche Silvio, il coboldo malefico, amava ripetere che il suo era il "governo del fare". Poveri noi!

    E' vero: un sedicente economista (vestito come Arlecchino) fondò una formazione "politica" che si è... sfatta in un amen. Che brutti travasi di bruttezze anglosassoni!

    Sempre opportune ed indovinate le Tue citazioni.

    Per trovare l'immagine idonea ho impiegato mezz'ora, ma ne è valsa la pena.

    Ciao

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  3. Giustissima riflessione! Anche se il problema linguistico sarebbe in realtà di gran lunga più esteso.

    Ci tengo molto anch'io, pur non essendo italiana ... si, anche i francesi "fanno"! Si, a parole!

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    1. Sì, Catherine, il problema è molto più ampio ed investe ambiti che non sono solo linguistici.

      Ciao

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