La storia ama ammantarsi di simboli. Così anche il sedicente "califfato islamico", l’I.S.I.S., adombra, come hanno notato alcuni accorti autori, per mezzo del suo acrostico, la dea egizia Iside. I vessilli neri di Al Baghdadi evocano il lato notturno della realtà, quel lato oscuro che la dea primigenia incarna in una delle sue innumeri, mutevoli ipostasi.
Siamo ormai giunti ad una cruciale fase delle vicende “umane” la cui natura emblematica, abilmente offuscata dietro una cortina di pretesti economici e politici, si palesa in una simbiosi tra verità e finzione, tra dura razionalità ed eterea fantasia. Tutto è simbolo, poiché, in senso letterale, tutto è gettato insieme, saldato, fuso in un denso coagulo.
E’ questa un’era di angeli furiosi e di demoni patetici, un’epoca in cui la ferocia stessa è coperta da una glassa dolcissima sino ad essere stomachevole. Oggi ogni cambiamento, per quanto spaventoso, si insinua con la soavità di un sopore. E’ in questo modo che, quasi inavvertito, il microprocessore, si infila sottopelle, con la lieve, quasi piacevole trafittura di una sinistra iniziazione. E’ in questa maniera che l’umanità affluisce verso il cimitero delle macchine, come se si riversasse nei Campi Elisi.
Oggidì la Coscienza, là dove ne sopravvive una larvale ombra, non riesce a destarsi da un sonno popolato di incubi setosi.
Si è innescata una reazione a catena e di questa catena non troviamo l’anello debole.
Siamo prigionieri della precarietà, tutti contratti in un hic et nunc che ci stringe sino a strangolarci. Le nostre vite sono spanate: continuano a ruotare su sé stesse a vuoto, senza interruzione.
Solo un drappello di uomini oggigiorno interroga il mondo, cerca di comprendere la morfo-sintassi del reale, le regole dell’universo. Invano, perché la grammatica di Dio conosce solo eccezioni. Che cosa può offrire la filosofia? La filosofia è il gancio cui ci aggrappiamo per non precipitare nell’abisso, ma quel gancio è confitto nel nulla.
Mai come in questi tempi crepuscolari, la storia collettiva si incunea nell’esistenza individuale. Siamo incastrati in un meccanismo impazzito: dal sangue che sprizza dagli arti stritolati comprendiamo che la fine è prossima, ma che siamo noi ad essere i vivi.
Siamo ormai giunti ad una cruciale fase delle vicende “umane” la cui natura emblematica, abilmente offuscata dietro una cortina di pretesti economici e politici, si palesa in una simbiosi tra verità e finzione, tra dura razionalità ed eterea fantasia. Tutto è simbolo, poiché, in senso letterale, tutto è gettato insieme, saldato, fuso in un denso coagulo.
E’ questa un’era di angeli furiosi e di demoni patetici, un’epoca in cui la ferocia stessa è coperta da una glassa dolcissima sino ad essere stomachevole. Oggi ogni cambiamento, per quanto spaventoso, si insinua con la soavità di un sopore. E’ in questo modo che, quasi inavvertito, il microprocessore, si infila sottopelle, con la lieve, quasi piacevole trafittura di una sinistra iniziazione. E’ in questa maniera che l’umanità affluisce verso il cimitero delle macchine, come se si riversasse nei Campi Elisi.
Oggidì la Coscienza, là dove ne sopravvive una larvale ombra, non riesce a destarsi da un sonno popolato di incubi setosi.
Si è innescata una reazione a catena e di questa catena non troviamo l’anello debole.
Siamo prigionieri della precarietà, tutti contratti in un hic et nunc che ci stringe sino a strangolarci. Le nostre vite sono spanate: continuano a ruotare su sé stesse a vuoto, senza interruzione.
Solo un drappello di uomini oggigiorno interroga il mondo, cerca di comprendere la morfo-sintassi del reale, le regole dell’universo. Invano, perché la grammatica di Dio conosce solo eccezioni. Che cosa può offrire la filosofia? La filosofia è il gancio cui ci aggrappiamo per non precipitare nell’abisso, ma quel gancio è confitto nel nulla.
Mai come in questi tempi crepuscolari, la storia collettiva si incunea nell’esistenza individuale. Siamo incastrati in un meccanismo impazzito: dal sangue che sprizza dagli arti stritolati comprendiamo che la fine è prossima, ma che siamo noi ad essere i vivi.
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Quel limite che neanche l'inquisizione riusciva a penetrare è stato varcato. Annibale è dentro le porte. Il gioco ora ci riguarda tutti da vicino. Le 'storie' ci appartengono tutte ed i filtri sono annullati, le distanze svanite. In effetti, mai come oggi avvertiamo la pressione inaudita di questa furia manipolatrice, la marea nera dei 'demoni patetici', come osservi tu, che sembrano possedere però un'astuzia millenaria. Restare 'vivi' sarà un compito arduo. Un tempo forse era normalità. Un post molto intenso, ciao
RispondiEliminaSì, è proprio questa pressione costante che ci opprime. E' una cappa di piombo che quasi ci immobilizza. L'astuzia dei demoni è un'azione lenta, subdola, quasi impercettibile.
EliminaCiao
Zret, sei un alchimista della parola, un genio.
RispondiEliminaSe uno scopo esiste, se si dovesse acquisire qualcosa da questo strano viaggio che è l' esistenza, se davvero esiste un' uscita, ci sei dannatamente vicino.
Grazie infinite, Jc.
EliminaAd altiora.
Ciao
Quest’ultima tua è una preziosa riflessione. E’ il perno riflessivo su cui s’incardinano le nostre esigue consapevolezze o fioche ispirazioni. Se non il corpo esteriore almeno l’animo deve potersi illudere di accantonare i costumi barbarici che la volgare modernità impone per tornare a “indossare”, una volta ancora, la chiarissima toga parmenidea. Ad maiora
RispondiEliminaMagnifica postilla la Tua, Giovanni, come sempre
Elimina.
Siamo uno sparuto ma degnissimo cenacolo di uomini che ancora tengono accesa la fiamma della Vita.
Ciao