14 maggio, 2015

Origini e fine del contratto sociale



Non si può individuare alcuna genesi del contratto sociale: non è mai accaduto che una comunità primordiale si sia riunita per concordare i criteri sui quali fondare lo Stato. Esso è simile alle sabbie mobili: subito non ti accorgi nemmeno della loro esistenza; quando te ne avvedi, è troppo tardi: ormai sei intrappolato. Assomiglia pure ad un ficus strangolatore che con mortale lentezza avvolge le sue spire attorno ad altre piante.

Lo Stato sorge a danno degli uomini, sebbene ami ammantarsi di paludamenti etici, giuridici e persino religiosi. Sorge a seguito di una volontà e coercizione unilaterale: si pensi alle élites antiche, un ceto di re-sacerdoti, di governatori e di condottieri che un po’ alla volta, sulla base di una concezione sacra del potere, gettano le fondamenta della comunità statuale. [1]

Così probabilmente nascono le città-stato dei Sumeri, così si afferma la dinastia egizia del primo faraone, Menes-Narmer. Se anche le pòleis primigenie sono talvolta amministrate in modo saggio, secondo princìpi nobili, la divisione del lavoro e la conseguente stratificazione sociale ratificano le diseguaglianze su cui lo Stato si fonda, sperequazioni che anzi sono l’architrave dell’edificio eretto dalle classi dirigenti.

La legge, l’esercito e la fiscalità sono i tre pilastri degli apparati. Nelle civiltà antiche la giustificazione del potere è radicata nella religione: ad esempio, YHWH è il Signore di un popolo il cui sovrano è consacrato dallo ierofante, mediatore tra il popolo e la divinità.

Oggi lo Stato dissacrato e dissacrante accampa la sua legittimità (del tutto usurpata), incarnando il ruolo di unico garante della “democrazia”. Alla finzione giuridica si associa l’immensa insincerità di uno Stato-genitore (in realtà patrigno) che, fingendo di occuparsi dei cittadini, allevandoli e proteggendoli, li stritola ope legis.

E’ palese che, stando così le cose, l’unico obiettivo desiderabile non è riformare una compagine in sé irriformabile, ma por fine allo Stato. L’unico fine che deve perseguire l’uomo degno di questo nome è la fine dello Stato.

[1] Sembra che alcune tribù di Nativi americani possano costituire un’eccezione.

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9 commenti:

  1. Occorre ricordare la malefica Bolla Papale 'Unam Sanctam Ecclesiam' che concede al Papa di usurpare il titolo di unico 'fiduciario' terreno di dio in persona e di disporre quindi di terre ed esseri umani a suo piacimento. Tale bolla non è stata mai rigettata ed è quindi idealmente ancora valida. Gli imperatori infatti chiedevano l'incoronazione del Papa per proseguire il loro deleterio ruolo terreno di controllo e sottomissione. Ciao

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    1. http://freeskies.over-blog.com/article-res-derelicta-124689115.html

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    2. Sì, sembra proprio che, da un punto vista giuridico sia così. L'uomo vero rigetta naturalmente sia lo Stato sia la Chiesa e riconosce come autorità solo la sua Coscienza.

      Ciao e grazie della segnalazione.

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  2. La chiesa (c minuscola) deve parlare,,,basta essere omertosi! Il Fondatore della VERA Chiesa ha parlato chiaro!

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    1. Purtroppo le varie chiese, cattolica in primis, non sono soltanto omertose, ma ideatrici di progetti abominevoli. Si pensi che Bush senior è affiliato al Sovrano militare ordine di Malta, come Jeb Bush, il probabile prossimo presidente di U.S.A.tana.

      Ciao

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    2. Errata corrige: è affiliato ai Cavalieri di Colombo, ma non cambia molto.

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    3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. L'irreformabilità dello Stato è l'unica certezza che abbiamo. Stratificazioni successive, dalle ere 'sumere', hanno generato il mostro attuale. L'unificazione europea ha dotato il mostro di poteri straordinari, allontanandone il 'nido' dalla portata dei sudditi sottomessi. Tornando all'oggi: spero proprio che i Professori erigano barricate contro l'ennesima offensiva, becera ed inutile riformina (leggi:presa in giro) del fascistello fiorentino.

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