08 gennaio, 2016

Elogio della felicità



Da secoli si magnificano il dolore, il sacrificio, la rinuncia, l’autoflagellazione, adducendo le ragioni più disparate. Alcune fedi e filosofie li hanno eretti a fondamenti delle loro concezioni. Bisognerebbe, invece, promuovere la gioia che è la vera fonte della creatività e della spiritualità.

Bisogna intendersi: non ci riferiamo all’allegria becera dei bruti, ai godimenti sfrenati dei materialoni, ma alla felicità che dipende da un senso di ricchezza interiore, da un entusiasmo (thymòs) che è adesione alla vita, amore per la natura lato sensu. Ovviamente questa rarissima forma di letizia è venata di tristezza, della coscienza che è destinata ad essere perduta forse per sempre: non coincide dunque con la serenità che non esiste e non può esistere in questa disgraziata dimensione.

E’ un vero peccato che nel mondo la giocondità sia così infrequente: essa renderebbe il mondo più bello, più armoniosi i rapporti tra le persone, più roseo il tempo. Consideriamo quali sono le conseguenze dell’afflizione: l’aridità, il deserto dell’anima, una mera sopravvivenza, la chiusura in sé stessi, il rifiuto, la noia, l’esacerbazione, il malumore... Allora perché l’amaro e l’abbattimento sono tanto diffusi? Essi, lungi dall’essere strumenti di elevazione, sono vicoli ciechi. Ancora una volta abbiamo il sentore che qualcosa di storto e di irrazionale deformi il disegno delle cose.

Quando gli dei distribuirono le buone e le cattive sorti furono avari delle prime e prodighi delle seconde. Furono generosi spesso con chi aveva ed ha più demeriti che meriti.

Non erano dei.

In testa all'articolo un'opera dell'artista Carla Colombo intitolata "Inno al cielo d'estate".

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6 commenti:

  1. Ormai di quegli stati sereni ed illuminati non restano che rapidissimi bagliori, echi di perdute luminosità perenni. Siamo stati sedotti ed abbandonati dalle armate del buio. Corrotti dalle inebrianti voci di abilissime sirene. Siamo caduti in una trappola e, nel suo alveo, siamo qui a chiederci: perché? Penso che starà ad ogni singolo individuo il compito di un ancora possibile riscatto, per vie sempre più scoscese. Paul Klee sussurrava: ‘l'artista porta avanti il carro dell’umanità che si impiglia tra i sassi’...ebbene quei sassi sono diventati massi enormi! Ciao

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    1. Una buona dose di infelicità e tormenti dipende dallo Stato, un'altra è di natura ontologica.

      Vero è che il percorso per "riveder le stelle" è lungo, tortuoso, disagevole.

      Ciao

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  2. Bellissimo. Grazie!
    E ci aggiungerei anche l'elogio della semplicità e persino della pigrizia! ^_^

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    1. ... anche della lentezza, elogio che mi pare di aver già proposto.

      Ciao

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Sì, anche alcuni loghia del Vangelo detto di Giuda Tommaso sono molto belli, pieni di saggezza e di armonia.

    Ciao

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