21 marzo, 2016

Teorie e "realtà"



La pubblicazione dell’articolo “La teoria della Terra piatta è un’operazione psicologica?” ha suscitato un fervido ed istruttivo dibattito cui vorremmo aggiungere qualche precisazione. In primo luogo non bisogna dimenticare il corretto significato di teoria: la teoria non è la realtà (ammesso e non concesso che si possa stabilire che cosa essa sia), ma un modello interpretativo del mondo o di una sua parte. E’ un paradigma che funziona finché funziona; dopodiché è superato da un altro sistema. La teoria geocentrica aristotelico-tolemaica di per sé dava conto della maggior parte dei fenomeni astronomici: era quindi efficace, anche se si doveva ricorrere all’artificio degli epicicli per far quadrare alcune aberrazioni. La concezione geocentrica fu superata dal modello eliocentrico che è quello prevalente dall’età moderna, grazie a Copernico.

La discussione può dunque diventare feconda, se si rammentano certi criteri epistemologici, evitando di cadere in un ingenuo realismo, in un grossolano materialismo. Questo significa che è un errore accettare a priori qualsiasi teoria e soprattutto le “verità” del sistema: ad esempio, è palese che le missioni spaziali della N.A.S.A. e di altre agenzie di casting sono farse. Si pensi anche alle immagini “marziane” in cui è immortalato di tutto: roditori del deserto, ombre umane, piante, sculture… In vero, le foto del cosiddetto pianeta rosso riprendono la Terra e suscitano ilarità le reazioni dei ricercatori convinti di essere al cospetto di segni di vita su Marte.

Molti ricordano che non è possibile per eventuali cosmonauti oltrepassare le fasce di Van Allen: questo non significa che la Luna e Marte non siano stati raggiunti, ma non attraverso le antiquate tecnologie che avrebbero portato l’uomo su Selene. E’ veramente sospetto che le presunte istantanee lunari non mostrino gli astri, quando in una notte tersa e senza inquinamento luminoso, dalla Terra il firmamento appare crivellato di stelle. Questo è solo uno dei tanti argomenti atti a smentire le mirabolanti missioni nello spazio dell'I.S.S. Non sarà certo la permanente di Samantha Cristoforetti a convincerci del contrario.

Numerose sono le anomalie e le stranezze in cui ci si imbatte non appena si investigano i fenomeni cosmici: sono anomalie che meritano di essere approfondite, ma non prendendo le mosse da una teoria a priori, piuttosto è auspicabile analizzare le varie manifestazioni ed incongruenze per poi provare ad inquadrarle in un disegno complessivo, sempre suscettibile di essere ridefinito.

Se proprio intendiamo adottare una cornice teorica, propenderemmo per il modello dell’universo olografico inteso come proiezione generata da un quid ulteriore che David Bohm definisce ordine implicito. Non hanno torto coloro che considerano la materia-energia, lo spazio ed il tempo non cose solide, concrete, ma modi di essere manifestati da un’essenza, essa sì reale. Se si parte da tale presupposto, si comprende perché il mondo è tanto complesso e sfuggente nella sua natura più profonda. Ostinarsi a concepire l’universo fenomenico come l’unico esistente e l’unico “reale”, è come pensare che una pellicola cinematografica sia coincidente con persone ed oggetti “veri". Il realismo e la verosimiglianza non sono sinonimi né garanzia di realtà.

La realtà, almeno quella percepita, non il mondo intelligibile, è un insieme di frequenze e su tali frequenze si può intervenire ed interferire, anche per produrre dimensioni di secondo grado, realtà fittizie (ossimoro quanto mai necessario). Non concentriamoci solo sulle frequenze: cerchiamo di capire da quale “stazione radio” provengono.

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4 commenti:

  1. Gli enunciati di una teoria, per quanto iperbolici, sono spesso necessari per procedere alla ricerca. Mi sembra palese che sia stato posto un problema percettivo non da poco. Dopo i paradossi della quantistica siamo disponibili ad osservare le anomalie del grande ologramma ... e se anche questa fosse un'operazione psicologica? Non lo è perché l'ha enunciata qualche barboso accademico? Secondo me ogni tema di ricerca conserva comunque la sua validità, per quanto paradossale sia, ed il ricercatore onesto ha l'obbligo di prenderlo in considerazione senza utilizzare l'arma del dileggio. Alle inquisizioni non è possibile rispondere con dogmi o derisioni. La derisione è una delle armi preferite dai 'cicappari', non dimentichiamolo ... ciao

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    1. Concordo in toto con Te, Ghigo. E' quanto ho scritto più volte, ad esempio, in Discorso sul metodo. Non dimentichiamo poi che le teorie, anche quelle più bislacche ed eccentriche, hanno sempre un valore culturale. Pensiamo alla teoria della Terra cava: non è forse una miniera di significati, ipotesi, orizzonti? Che cos'è la cultura? Tutto. Vale sempre l'insegnamento di Aimé Michel: "studiare ed investigare tutto, senza credere in niente".

      Ciao

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    2. Così scrivevo in Discorso del metodo:

      "Vladimiro Arangio-Ruiz (Napoli 1887 - Firenze, 1952) è un filosofo che fu docente alla Normale di Pisa ed alla facoltà di Magistero di Firenze. Determinante nella sua formazione fu in gioventù l'incontro nel capoluogo toscano con il giovane poeta e pensatore, Carlo Michelstaedter, di cui pubblicò gli scritti. Dal suo interesse per il pensiero di Giovanni Gentile, trasse ispirazione per sviluppare il suo "moralismo assoluto". Aduggiate, per lo più, da una pur parziale adesione all'attualismo, in due saggi, "Discorso del metodo", e "Che cos'è filosofia", Arangio-Ruiz riesce a declinare alcune interpretazioni che preludono a Kuhn ed a Feyerabend.

      L'amico fraterno del grande Michaelstaedter controbatte a chi, come lo stesso Gentile, esige sistematicità nel pensiero: contro l'alterigia degli eruditi e la presunta oggettività della scienza, l'autore partenopeo rivaluta l'arte maieutica di Socrate, ossia un approccio esplorativo ai temi fondamentali. In "Che cos'è filosofia", Arangio-Ruiz scrive con una prosa un po' involuta, ma denotando un'attitudine dialettica e critica: "Filosofia non è sapere, non possesso ma ricerca; ché, quando filosofia si atteggia a scienza, quando trova una dolcezza nel sapere e, invece di sapere per vivere, vuol vivere per sapere, si fa del sapere una diversa, una fittizia vita; invece di essere sofferenza vissuta e speranza, vuol essere sapere di codesta sofferenza e di codesta speranza - non è più filosofia."

      Infatti quella del pensiero è una via negationis ed a chi la percorre non è offerto il sedativo del possesso, l’alloro della supposta verità scientifica. L'indagine è sempre in fieri e, una volta raggiunta la meta (provvisoria), l'itinerario continua. Spesso la via si biforca e procedere può significare retrocedere. Qui si situa l'inconciliabile diversità rispetto alla scienza, almeno quella dogmatica, che è l'indirizzo egemone. Scienziato si può non essere, ma filosofo non si può non essere, poiché la filosofia è consustanziale alla vita, alla sua apertura interrogativa sul mondo, laddove la scienza è paga dei suoi risultati teorici e delle sue anestetiche conferme sperimentali. Essa, attaccata come un'ostrica allo scoglio, non rinunzia ai suoi paradigmi (meglio paradogmi), se non quando costretta da rivoluzioni epocali. Inoltre la scienza si arroga il diritto di tutto spiegare e, nonostante l''estrema contraddittorietà dei modelli, pretende di imporre un'interpretazione esaustiva ed univoca.

      Alle ubbie religiose sono sottentrate le superstizioni scientifiche: l'ortodossia scientifica si impianta nel centro del reale, a somiglianza di un microprocessore nel cervello. Questa struttura rigida consuona con le esigenze dei cittadini medio-bassi, avidi di rassicuranti certezze (siano pure confortevoli bugie). Mettere in discussione il dato, la dimostrazione, la stessa verifica implica il rischio del vuoto ad ogni passo e la vertigine dell'ignoto. E' troppo per chi è uso a costruire la sua casa di paglia sul soffice, ma cedevole terreno di "Focus" o di "Superquark". Inetti e pusillanimi, gli uomini preferiscono una menzogna accademica, magari referata, ad una tragica rivelazione. Bene annota C. Pellizzi: "I comuni mortali, colti o incolti, temono le voci forti, le verità laceranti, gli errori decisivi. Il mondo 'intellettuale' è sibaritico."

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  2. Cosa è la realtà? Questa è la domanda che da inizio al percorso di conoscenza esoterico. Sono sempre stato rifiutato dalla società (se questa è fortuna o no, non saprei), ed io non mi sono mai reso particolarmente piacevole ad essa. Mi ritrovo ad osservare la società dal di fuori pur essendo parte di essa, una posizione questa che mi ha reso facile pormi la domanda: Cosa è la realtà?

    All'inizio è inevitabile indagare all'esterno, indagare l'illusione del reale, ma poi bisogna necessariamente condurre un'indagine interna, scendere nel profondo di sé stessi, dove il Tutto diventa Uno. Ora, nei tempi in cui viviamo, ciò che ho appena scritto appare incomprensibile; mi sto veramente chiedendo che senso abbia tentare una riflessione che coinvolga altre coscienze, ormai mutilate spiritualmente, su argomenti del genere.

    L'essere umano non è mai stato tanto disconnesso da sé stesso come ora, non riesce neanche più a credere ai suoi occhi, nemmeno quando vede il cielo deturpato e distrutto, l'aria è irrespirabile ma proprio oggi, mentre io stesso facevo fatica a respirare per la carenza di ossigeno, ho sentito una persona (colletto bianco con il suo cappio/cravatta ben stretto) rallegrarsi per la frizzantezza dell'aria primaverile.

    Per questo ora sostengo che la salvezza è solo individuale, comprendo la demenza, la lucida follia in cui è precipitata l'umanità, ma non posso approvarla, non posso veramente scusarla.

    Un oggetto cade al suolo non a causa della gravità, ma perché la legge di gravità dice così, ecco il pensiero moderno, la teoria non è più solo una descrizione della realtà, la teoria è la realtà.

    Quando si scambia una rappresentazione della realtà per la realtà stessa allora si è alla pazzia. La maggior parte della gente non è più in grado di intendere e di volere, la propaganda è diventata un'edera che ha completamente avvolto il muro della nostra mente, e quando ciò succede per togliere l'edera bisogna abbattere anche il muro.

    Zret, Straker quello che voglio dire, con tutte queste parole, è che c'è gente che non riesce ad alzare gli occhi al cielo, e se lo fa non vede niente, vede le "scie di condensazione", sente "l'aria frizzante", se siamo davvero nel Kali Yuga, dove la saggezza è schernita e i saggi perseguitati, allora questo sistema e la gente che lo compone e sostiene, devono andarsene, sono destinati a svanire e la salvezza sarà solo individuale.

    Ciao... da un Disadattato che si è stufato di vedere la morte negli occhi degli altri.

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