19 gennaio, 2017

Corno inglese



In “Corno inglese”, componimento della raccolta “Ossi di seppia”, Montale inarca in un'unica (vacillante) architettura metrico-ritmica la visione di un paesaggio marino nella luce incerta del crepuscolo. Il vento echeggia metallico per poi innalzarsi in un frastuono che attorciglia le schiume. I suoni arrochiti e profondi producono una sinfonia arcana e sgomenta, mentre il mare spumoso s’illividisce. Tutto vibra e risuona: solo il cuore, “”scordato strumento” non palpita più, come intorpidito dall’aridità. Resta il vagheggiamento di una dimensione epifanica (“chiari reami di lassù”) dove l’angoscia di esistere senza vivere sia trascesa. E’l’anelito verso un regno lassù, oltre le nuvole fuggenti.

La lirica, intessuta di allitterazioni e voci onomatopeiche, di potenti metafore trova nella paronomasia “scordato – cuore” il suo accordo più armonico, eppure dissonante. La costruzione spezzata delle frasi frantuma il discorso, scheggia le immagini: rimangono soltanto frammenti di sogni.

ll vento che stasera suona attento -
ricorda un forte scotere di lame -
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l'orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D'alti Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.



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