Talora siamo inclini ad invidiare due categorie di persone: gli atei ed i credenti. Irreligiosi e devoti non sono poi così diversi: gli uni e gli altri possiedono delle certezze negate agli scettici, ossia i cercatori della verità. Vero è che è difficile trovare degli atei coerenti e dei fedeli del tutto compenetrati dalle loro convinzioni, tuttavia i dubbiosi restano in un limbo dove sono senza sosta sollecitati da forze avverse e quasi equipollenti che impediscono loro di scegliere una direzione purchessia.
Riconosciute come sciocche le motivazioni dei miscredenti-dogmatici, specialmente quando radicate in un rozzo scientismo, gli esploratori degli universi non riescono ad aderire alle posizioni di chi ha fede, non tanto perché distolti dal problema del male, ma in quanto manca loro un quid, forse il kairòs, l’occasione propizia per abbracciare una rivelazione. Costoro non sono toccati da quella che i teologi chiamano Grazia. Così si resta in attesa di una svolta che pare non giungere mai. Ha ragione Alessandro Manzoni quando scrive: “E’ meglio tormentarsi nel dubbio che adagiarsi nell’errore”. Tuttavia sarebbe preferibile non essere tormentati, ma attingere, se non una sicurezza, almeno una bussola per orientarsi nel mare magnum e burrascoso della vita e della morte.
E’ comunque indubbio che gli indagatori, anche qualora un giorno decidessero di accogliere un convincimento sul mondo soprannaturale, resterebbero sempre degli isolati ed il loro cambiamento non si tradurrebbe mai in un’affiliazione ad una confraternita, giacché è nelle chiese che la spiritualità diventa idolatria, è nelle chiese che tutti i princìpi più alti si desublimano nei disvalori più abietti, benché celati da spessi veli di ipocrisia.
Infine per credere bisogna rinunciare a porsi troppo domande, occorre dimenticare la Storia, l’Archeologia, la Filologia etc. Ciò non vuol dire sia necessario essere ignoranti, ma ammettere che la conoscenza è sempre relativa, dovendosi arrestare di fronte a connaturati limiti gnoseologici ed epistemologici.
In questi tempi difficilissimi e liminali, bisogna solo augurarsi che i cercatori sappiano aprirsi, pur mantenendo discernimento, a prospettive ulteriori e che i credenti siano capaci di preservare spirito critico ed elasticità mentale, fino a quando le differenze tra pionieri e devoti sfumeranno, grazie alla fede in sé stessi e per mezzo della fiducia (e non è facile averla) nella profonda, sebbene sovente invisibile, giustizia del tutto.
Riconosciute come sciocche le motivazioni dei miscredenti-dogmatici, specialmente quando radicate in un rozzo scientismo, gli esploratori degli universi non riescono ad aderire alle posizioni di chi ha fede, non tanto perché distolti dal problema del male, ma in quanto manca loro un quid, forse il kairòs, l’occasione propizia per abbracciare una rivelazione. Costoro non sono toccati da quella che i teologi chiamano Grazia. Così si resta in attesa di una svolta che pare non giungere mai. Ha ragione Alessandro Manzoni quando scrive: “E’ meglio tormentarsi nel dubbio che adagiarsi nell’errore”. Tuttavia sarebbe preferibile non essere tormentati, ma attingere, se non una sicurezza, almeno una bussola per orientarsi nel mare magnum e burrascoso della vita e della morte.
E’ comunque indubbio che gli indagatori, anche qualora un giorno decidessero di accogliere un convincimento sul mondo soprannaturale, resterebbero sempre degli isolati ed il loro cambiamento non si tradurrebbe mai in un’affiliazione ad una confraternita, giacché è nelle chiese che la spiritualità diventa idolatria, è nelle chiese che tutti i princìpi più alti si desublimano nei disvalori più abietti, benché celati da spessi veli di ipocrisia.
Infine per credere bisogna rinunciare a porsi troppo domande, occorre dimenticare la Storia, l’Archeologia, la Filologia etc. Ciò non vuol dire sia necessario essere ignoranti, ma ammettere che la conoscenza è sempre relativa, dovendosi arrestare di fronte a connaturati limiti gnoseologici ed epistemologici.
In questi tempi difficilissimi e liminali, bisogna solo augurarsi che i cercatori sappiano aprirsi, pur mantenendo discernimento, a prospettive ulteriori e che i credenti siano capaci di preservare spirito critico ed elasticità mentale, fino a quando le differenze tra pionieri e devoti sfumeranno, grazie alla fede in sé stessi e per mezzo della fiducia (e non è facile averla) nella profonda, sebbene sovente invisibile, giustizia del tutto.
Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati
Grande Zret! Io, da curiosa insaziabile, nonché "scettica" incallita, queste parole, precise, oneste e lucide, le avrei voluto scrivere! ^_^
RispondiEliminaCol tuo permesso le immortalerò anche nel mio blog/archivio..
Grazie, Catherine.
EliminaPubblicalo pure.
Ciao
Carissimo, Cicerone, nel De Officiis, esorta a non indagare quanto va oltre le nostre forze. Egli è contrario a sprecare le energie, che invece devono essere messe a servizio del bene comune. Il cattolico fa proprio questo e campa contento. Indagare sugli alieni non vi aiuterà a vivere una vita più virtuosa, ma più confusa. Molti articoli e molti commenti trasudano infatti un estremo nichilismo e disimpegno, il che è l'inevitabile prodotto di una certa filosofia negatrice anche dell'evidenza. Abbracci.
RispondiEliminaIndagare non è mai una perdita di tempo. Ciao!
EliminaE' più importante essere che sapere.
EliminaCiao