22 dicembre, 2005

Dei delitti e delle penne

Absit iniuria verbis

Sfogliamo un quotidiano o seguiamo un notiziario televisivo: si rimane sconcertati al cospetto di cotanta ignoranza, in primo luogo della lingua italiana. Ormai i giornalisti conoscono un solo verbo, esserci: c’è, c’è stato, ci sono, ci sono stati, ci sarà, ci fu… Il depauperamento dell’idioma di Dante sta raggiungendo, a causa di questi beoti, livelli indescrivibili. Tuttavia la povertà lessicale, gli strafalcioni, l’invasione di forestierismi sono peccati veniali, se confrontati con gli incruenti, ma pur sempre gravissimi misfatti compiuti dagli imbrattacarte.

Occorre distinguere: la maggior parte dei redattori è costituita da una moltitudine di babbei, incapaci di ragionare e di pensare, con appena qualche nozione (sovente errata) di storia, geografia, politica ed economia. Costoro si limitano a riportare le funeste versioni ufficiali, senza neppure sospettare che sono colossali, abnormi, mostruose menzogne. Questi scribacchini, non di meno, sono perdonabili, poiché hanno un limitatissimo intelletto che impedisce loro di comprendere qualsiasi avvenimento e problema. Immaginate se dovessero occuparsi di signoraggio, di scie chimiche, di sinarchia, d’intreccio tra finanza e traffico di stupefacenti: annasperebbero, strabuzzando gli occhi vacui, essendo abituati a scrivere le solite baggianate su calciatori, stilisti e fotomodelle.

Esiste poi il Gotha delle firme “prestigiose”: sono editorialisti che si atteggiano ad intellettuali indipendenti e critici, laddove in realtà sono i camerieri dei direttori che, a loro volta, sono i caudatari degli editori. Gli editori, infine, debbono strisciare al cospetto dei padroni.

Una sparuta minoranza, infine, è formata da giornalisti che, non accontentandosi delle veline del potere, conducono delle inchieste, scoprendo spesso qualche scomoda verità.

Purtroppo l’”informazione” è dominata dalle prime due genie. Cronisti ed editorialisti, vuoi per la loro insipienza vuoi per la loro disonestà intellettuale, avallano l’oscena manipolazione degli eventi decisa dalle élites che mirano ad inebetire e a plagiare l’opinione pubblica.

Ieri è occorso un atroce incidente ferroviario su una linea secondaria tra Roma e Frosinone: è la conseguenza di una dissennata e cinica politica di privatizzazione del settore. Per ora, i giornalisti affermano che le cause della tragedia devono essere stabilite, che le responsabilità devono essere accertate. Stiamo pur certi, però, che, non appena il ministero dei trasporti, la magistratura, una commissione ufficiale d’inchiesta sentenzieranno che si è trattato di un errore umano, i pennivendoli si affretteranno a divulgare e a confermare questa ignobile “verità”.

In questo modo, con le loro penne uccideranno la verità (quella vera) e si renderanno complici, per la loro congenita codardia, di un altro delitto.

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