Medusa, nel mito greco, è una fra le tre figlie, l’unica mortale, delle divinità marine Forcide e Ceto. Insieme con le sorelle Steno e Euriale, ella abitava nell’estremo occidente. La sua testa era anguicrinita, aveva grosse zanne, mani di bronzo ed ali d’oro. Il suo sguardo era così spaventevole e penetrante che chiunque la guardasse, anche solo per un istante, era tramutato in pietra. L’eroe Perseo, su ordine del tiranno di Serifo e su consiglio di Pallade Atena, partì per l’occidente per uccidere il mostro. Trovato il covo della Medusa, Perseo, librandosi in aria, grazie ai calzari alati, dono di Hermes, riuscì a recidere la testa dell’orrida creatura. Per evitare di affrontare lo sguardo letale, usò il suo scudo riflettente, a guisa di specchio.
Questo antichissimo racconto sembra una potente metafora della relazione tra l’uomo e la verità: Perseo è chi, con intrepidezza che rasenta l’audacia, affronta una realtà formidabile, agghiacciante. Non di meno, egli non può fissarla negli occhi, perché rimarrebbe impietrito al suo cospetto: infatti la realtà, quella vera, oltrepassa di gran lunga la più fervida immaginazione. Naturalmente essa rimane celata dietro un velo istoriato con immagini fallaci.
Verità in greco è aletheia, letteralmente “disvelamento”. La radice *lath significa nascondere, quindi la verità è ciò che, da una condizione occulta, emerge alla luce. Se essa è avvolta nelle tenebre dell’inesprimibile e del segreto, vuol dire che la sua intima essenza è oscura. Dobbiamo cercarla, ma anche temerla, così come gli antichi agognavano un contatto con gli dei, pur sapendo che i numi spesso erano pericolosi.
Se, come Perseo, siamo armati di uno scudo lucente, potremo allora intraprendere l’arduo viaggio verso le plaghe occidentali, regione in cui dimorano i defunti, ma dove si trova pure il giardino delle Esperidi, che custodiscono i frutti della conoscenza. Laggiù incontreremo la realtà, che ha il volto della Medusa.
Dissoltesi le apparenze ingannevoli, come nebbia che si dirada con il sole del mattino, vedremo…
Vedremo che il mondo è quello descritto da pochi, coraggiosi autori, come Cathy O’Brien e Mark Philips, in “Trance formation of America” o, nel nuovo, raggelante libro-denuncia “Accesso negato alla verità”.
Dopo aver letto questi volumi, comprenderemo che, se non resteremo pietrificati, la verità, come afferma il Quarto vangelo, ci può far liberi.
Questo antichissimo racconto sembra una potente metafora della relazione tra l’uomo e la verità: Perseo è chi, con intrepidezza che rasenta l’audacia, affronta una realtà formidabile, agghiacciante. Non di meno, egli non può fissarla negli occhi, perché rimarrebbe impietrito al suo cospetto: infatti la realtà, quella vera, oltrepassa di gran lunga la più fervida immaginazione. Naturalmente essa rimane celata dietro un velo istoriato con immagini fallaci.
Verità in greco è aletheia, letteralmente “disvelamento”. La radice *lath significa nascondere, quindi la verità è ciò che, da una condizione occulta, emerge alla luce. Se essa è avvolta nelle tenebre dell’inesprimibile e del segreto, vuol dire che la sua intima essenza è oscura. Dobbiamo cercarla, ma anche temerla, così come gli antichi agognavano un contatto con gli dei, pur sapendo che i numi spesso erano pericolosi.
Se, come Perseo, siamo armati di uno scudo lucente, potremo allora intraprendere l’arduo viaggio verso le plaghe occidentali, regione in cui dimorano i defunti, ma dove si trova pure il giardino delle Esperidi, che custodiscono i frutti della conoscenza. Laggiù incontreremo la realtà, che ha il volto della Medusa.
Dissoltesi le apparenze ingannevoli, come nebbia che si dirada con il sole del mattino, vedremo…
Vedremo che il mondo è quello descritto da pochi, coraggiosi autori, come Cathy O’Brien e Mark Philips, in “Trance formation of America” o, nel nuovo, raggelante libro-denuncia “Accesso negato alla verità”.
Dopo aver letto questi volumi, comprenderemo che, se non resteremo pietrificati, la verità, come afferma il Quarto vangelo, ci può far liberi.
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