Le seguenti sono soltanto frammentarie riflessioni su qualche aspetto del pensiero nietzchiano, intese come complemento ai testi dedicati all'anima, in una sorta di contro-discorso. Senza dubbio la filosofia di Nietzsche, nella sua mancanza di sistematicità e, talora, per la sua ambiguità, non si presta ad agevoli interpretazioni, ma è evidenziabile la valenza eversiva e demistificante della tradizione platonico-"cristiana".
Il Nostro, pur non approdando all'ingenuo ed ottuso materialismo positivista, condanna gli orientamenti che tendono a svalutare la corporeità in nome di presunte realtà trascendenti e spirituali. Egli, disapprovando chi calunnia il mondo, esalta un'esistenza in cui ogni istante possieda tutto intero il suo senso. La vita va vissuta integralmente e con intensità, accettando con coraggio il dolore, ma assaporando le gioie di cui l'esistenza non è avara. Sono le gioie semplici offerte dagli spettacoli naturali, quando non erano stati ancora stuprati (Nietzsche amava trascorrere il tempo in lunghe e ristoratrici passeggiate in montagna durante le quali la sua mente si ampliava ad accogliere pensieri abissali). Sono le voluttà di un'immersione nelle sensazioni: non è edonismo, ma un sentirsi a proprio agio con il corpo, un corpo sano e vigoroso. Il respiro è ritmico, i muscoli sotto la pelle fremono energici, la pelle assorbe la luce ed il calore. Ci si muove elastici e pieni di vitalità. Il benessere psico-fisico dipende anche da una buona digestione che propizia lucidità intellettuale.
La vita è una danza: è la danza di Zarathustra che proclama la morte di Dio [1], ma additando la prospettiva dell'oltreuomo (non superuomo). Se l'uomo saprà superare l'agghiacciante annuncio di Zarathustra che lo getta nel parossismo della disperazione (la storia è insensata ed il cosmo è gratuito), se saprà trasvalutare i valori, se riuscirà a sopravvivere al crollo delle illusioni platoniche, scientifiche e storicistiche, potrà divenire un oltreuomo.
Così, in una filosofia dell'hic et nunc, si affaccia una dimensione prospettica che, pur non sconfinando nella metafisica, tende a trascendere la mera corporeità. Si invoca un valore aggiunto dato dal significato che l'uomo deve istituire con una sua decisione. L'amor fati, l'amore del proprio destino non può essere una supina rassegnazione a ciò che è predeterminato, ma un'accettazione gioiosa e magnanima della natura, un'appropriazione volontaristica.
E' palese la contraddizione tra fatalismo ed impulso volontaristico (almeno a livello esegetico) in Nietzsche, ma tale antinomia segna spesso gli autori più fecondi e, insieme con la sottolineatura della corporeità, avvicina il pensatore tedesco, più di quanto si possa immaginare, a Cristo. Il titolo del libello L'Anticristo trae in inganno: infatti Nietzsche non critica tanto il Messia al quale, anzi, riserva anche espressioni di stima, ma la Chiesa ufficiale che egli considera "una guerra organizzata contro Cristo".
Il fatto è che i Vangeli sinottici (escluso quindi il Quarto vangelo, la cui antitesi tra luce e tenebre, tra anima e corpo rivela, a mio avviso, un originario nucleo gnostico), sono quanto mai lontani, tranne alcuni versetti, da concezioni platoniche, valorizzano la dimensione dell'hic et nunc e della corporeità, in fondo, secondo vedute non dissimili dagli orizzonti nietzchiani.
"Lasciate che i morti seppelliscano i propri morti" è un monito a compiere la propria missione, ad ascoltare la chiamata, senza guardarsi indietro, senza il peso del passato. Tuttavia, sebbene in modo indiretto, palesa il disinteresse, come altri versetti, del Salvatore per aspetti escatologici sul piano personale. E' una scarsa considerazione che è bilanciata dall'impegno nel mondo per costruire il Regno messianico con al centro il Figlio dell’Uomo. Questo Regno ricorda un po' il vagheggiamento dell'oltreuomo, concetto tra anarchismo e senso aristocratico, idea "estrema", ulteriore, come quella di Figlio dell'Uomo.
Sono ambedue visioni utopiche ed è sconcertante notare come, pur tra molte differenze, il Messia e Nietzsche fossero spiriti affini.
[1] Sulle ragioni dell'ateismo nietzchiano non indugio: ha motivazioni differenti da quelle addotte dai materialisti.
Il Nostro, pur non approdando all'ingenuo ed ottuso materialismo positivista, condanna gli orientamenti che tendono a svalutare la corporeità in nome di presunte realtà trascendenti e spirituali. Egli, disapprovando chi calunnia il mondo, esalta un'esistenza in cui ogni istante possieda tutto intero il suo senso. La vita va vissuta integralmente e con intensità, accettando con coraggio il dolore, ma assaporando le gioie di cui l'esistenza non è avara. Sono le gioie semplici offerte dagli spettacoli naturali, quando non erano stati ancora stuprati (Nietzsche amava trascorrere il tempo in lunghe e ristoratrici passeggiate in montagna durante le quali la sua mente si ampliava ad accogliere pensieri abissali). Sono le voluttà di un'immersione nelle sensazioni: non è edonismo, ma un sentirsi a proprio agio con il corpo, un corpo sano e vigoroso. Il respiro è ritmico, i muscoli sotto la pelle fremono energici, la pelle assorbe la luce ed il calore. Ci si muove elastici e pieni di vitalità. Il benessere psico-fisico dipende anche da una buona digestione che propizia lucidità intellettuale.
La vita è una danza: è la danza di Zarathustra che proclama la morte di Dio [1], ma additando la prospettiva dell'oltreuomo (non superuomo). Se l'uomo saprà superare l'agghiacciante annuncio di Zarathustra che lo getta nel parossismo della disperazione (la storia è insensata ed il cosmo è gratuito), se saprà trasvalutare i valori, se riuscirà a sopravvivere al crollo delle illusioni platoniche, scientifiche e storicistiche, potrà divenire un oltreuomo.
Così, in una filosofia dell'hic et nunc, si affaccia una dimensione prospettica che, pur non sconfinando nella metafisica, tende a trascendere la mera corporeità. Si invoca un valore aggiunto dato dal significato che l'uomo deve istituire con una sua decisione. L'amor fati, l'amore del proprio destino non può essere una supina rassegnazione a ciò che è predeterminato, ma un'accettazione gioiosa e magnanima della natura, un'appropriazione volontaristica.
E' palese la contraddizione tra fatalismo ed impulso volontaristico (almeno a livello esegetico) in Nietzsche, ma tale antinomia segna spesso gli autori più fecondi e, insieme con la sottolineatura della corporeità, avvicina il pensatore tedesco, più di quanto si possa immaginare, a Cristo. Il titolo del libello L'Anticristo trae in inganno: infatti Nietzsche non critica tanto il Messia al quale, anzi, riserva anche espressioni di stima, ma la Chiesa ufficiale che egli considera "una guerra organizzata contro Cristo".
Il fatto è che i Vangeli sinottici (escluso quindi il Quarto vangelo, la cui antitesi tra luce e tenebre, tra anima e corpo rivela, a mio avviso, un originario nucleo gnostico), sono quanto mai lontani, tranne alcuni versetti, da concezioni platoniche, valorizzano la dimensione dell'hic et nunc e della corporeità, in fondo, secondo vedute non dissimili dagli orizzonti nietzchiani.
"Lasciate che i morti seppelliscano i propri morti" è un monito a compiere la propria missione, ad ascoltare la chiamata, senza guardarsi indietro, senza il peso del passato. Tuttavia, sebbene in modo indiretto, palesa il disinteresse, come altri versetti, del Salvatore per aspetti escatologici sul piano personale. E' una scarsa considerazione che è bilanciata dall'impegno nel mondo per costruire il Regno messianico con al centro il Figlio dell’Uomo. Questo Regno ricorda un po' il vagheggiamento dell'oltreuomo, concetto tra anarchismo e senso aristocratico, idea "estrema", ulteriore, come quella di Figlio dell'Uomo.
Sono ambedue visioni utopiche ed è sconcertante notare come, pur tra molte differenze, il Messia e Nietzsche fossero spiriti affini.
[1] Sulle ragioni dell'ateismo nietzchiano non indugio: ha motivazioni differenti da quelle addotte dai materialisti.
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Forse un pochino azzardato il parallelismo che cerchi di istituire fra il contenuto dei Vangeli Sinottici e la visione del mondo propria a Nietzsche.
RispondiEliminaPrima di tutto si deve far notare che i Vangeli Sinottici sono opere composite che accolgono al loro interno idee tutt'altro che nuove
- che cosa c'è mai di nuovo sotto il sole? - ma materiale ideologico proveniente dal mondo ellenistico.
Ad esempio alcuni commentatori hanno ravvisato una sostanziale identità fra molti loghia e gli insegnamenti dei filosofi cinici.
Prendi ad esempio la fonte Q il cui materiale è stato inserito in Matteo e Luca e che mostra di essere oltre ogni ragionevole dubbio l'opera di un gruppo itinerante ispirantesi alla filosofia cinica e che nulla potrebbe aver a che fare con Gesù di Galilea.
Hai però ragione nel non ravvisare nei Sinottici particolari preoccupazioni metafisiche, a differenza del Quarto Vangelo che era all'origine un'opera gnostica e quindi qualche somiglianza fra i primi ed il pensiero nietzschiano ci potrebbe anche stare...
La somiglianza tra alcuni loghia e la dottrina dei Cinici esiste, ma numerose sono le altre fonti dei Sinottici sia ebraiche (dalla tradizione degli Esseni alla corrente dei Terapeuti) sia ellenistiche.
RispondiEliminaIn effetti, il paragone è (provocatoriamente)azzardato, ma l'atteggiamento an-archico (qui qualcuno mi taccerà di eresia, ma si pensi anche alla radice della parola ed alla molteplicità dei significati), il suo anelito verso il Regno, un po' ricordano certe idee, per quanto confuse, del filosofo tedesco.
Ciao e grazie.