Sono stati versati fiumi di inchiostro sul tema del tempo e non ho certo la presunzione di cogliere qualche aspetto originale della questione. Tuttavia, secondo un approccio che contraddistingue alcune mie riflessioni, vorrei portare alla luce le radici del problema, evidenziando l'etimologia del termine "tempo". La parola deriva dal morfema indoeuropeo "tem" con il valore di "tagliare", "recidere".
Il nucleo "tem" allude alla suddivisione collegata all'idea di tempo, alla linea tripartita in passato, presente e futuro. Ricordando, però, come testimoniato dalla struttura delle lingue antiche che la percezione del tempo doveva privilegiare la differenza tra azione puntuale ed azione durativa, il morfema "tem" più che riferirsi alla divisione cronologica, pare evocare il lacerante ricordo di una lacerazione nel tessuto dell'essere, in cui la quarta dimensione è uno strappo, una rottura rispetto all'armonia originaria.
Da Platone che definì il tempo come "immagine mobile dell'eternità" sino a Heidegger che vide in esso la dimensione del Da-sein e dell'essere gettati, tale "realtà" è quasi sempre stata considerata una caduta, un cedimento rispetto alla perfezione primigenia. Tralascio di soffermarmi sulle visioni del tempo all'interno della fisica, dove in genere è reputato una costante universale o integrato, in modo non molto convincente allo spazio, a mo' di escrescenza delle tre dimensioni topiche.
In Kant, come è noto, spazio e tempo sono a forme a priori della sensibilità: modi per conoscere il fenomeno, ma anche circoli "magici" oltre i quali l'uomo non può andare.
Sul mistero del tempo, come una notte buia ed impenetrabile, non è stato gettato neppure un fioco barlume, ma noi sentiamo che esso è qualcosa di incongruo, un pezzo che non riusciamo in nessun modo ad incastrare. Pura illusione o elemento fisico, ci chiediamo chi fossimo un'ora fa, un anno fa, dieci anni fa: eravamo noi e che cosa ci garantisce l'identità attraverso il flusso cronologico? Come una nuvola l'io cambia sempre forma e, da un momento all'altro, può dissolversi. Il tempo è simile ad un artista invisibile che non è mai pago di ritoccare la sua opera e, ritoccandola, un po' alla volta la rovina.
Solo in una sfera in cui il tempo si contrae sino a scomparire, è possibile concepire un'inconcepibile serenità. Qui, in questo cosmo, il tempo è una vena recisa da cui senza tregua sgorga a fiotti il sangue dell'esistenza.
(1) In greco "temnein" significa "tagliare".
Il nucleo "tem" allude alla suddivisione collegata all'idea di tempo, alla linea tripartita in passato, presente e futuro. Ricordando, però, come testimoniato dalla struttura delle lingue antiche che la percezione del tempo doveva privilegiare la differenza tra azione puntuale ed azione durativa, il morfema "tem" più che riferirsi alla divisione cronologica, pare evocare il lacerante ricordo di una lacerazione nel tessuto dell'essere, in cui la quarta dimensione è uno strappo, una rottura rispetto all'armonia originaria.
Da Platone che definì il tempo come "immagine mobile dell'eternità" sino a Heidegger che vide in esso la dimensione del Da-sein e dell'essere gettati, tale "realtà" è quasi sempre stata considerata una caduta, un cedimento rispetto alla perfezione primigenia. Tralascio di soffermarmi sulle visioni del tempo all'interno della fisica, dove in genere è reputato una costante universale o integrato, in modo non molto convincente allo spazio, a mo' di escrescenza delle tre dimensioni topiche.
In Kant, come è noto, spazio e tempo sono a forme a priori della sensibilità: modi per conoscere il fenomeno, ma anche circoli "magici" oltre i quali l'uomo non può andare.
Sul mistero del tempo, come una notte buia ed impenetrabile, non è stato gettato neppure un fioco barlume, ma noi sentiamo che esso è qualcosa di incongruo, un pezzo che non riusciamo in nessun modo ad incastrare. Pura illusione o elemento fisico, ci chiediamo chi fossimo un'ora fa, un anno fa, dieci anni fa: eravamo noi e che cosa ci garantisce l'identità attraverso il flusso cronologico? Come una nuvola l'io cambia sempre forma e, da un momento all'altro, può dissolversi. Il tempo è simile ad un artista invisibile che non è mai pago di ritoccare la sua opera e, ritoccandola, un po' alla volta la rovina.
Solo in una sfera in cui il tempo si contrae sino a scomparire, è possibile concepire un'inconcepibile serenità. Qui, in questo cosmo, il tempo è una vena recisa da cui senza tregua sgorga a fiotti il sangue dell'esistenza.
(1) In greco "temnein" significa "tagliare".
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Complimenti, hai scritto una pagina molto intensa e carica di spunti di riflessione.
RispondiEliminaSono d'accordo con te che il cosiddetto spazio-tempo che sta a fondamento della Relatività einsteiniana sia una forzatura, in pratica una stupidaggine tirata fuori dal cappello a cilidro da parte di quel pallone gonfiato e creato in laboratorio quale fu appunto Albert Einstein.
Nulla di simile al concetto di spazio-tempo troviamo nelle teorie cosmologiche degli Antichi.
Per quanto mi risulta i due concetti restano costantemente distinti e separati nella mente dell'uomo delle civiltà tradizionali.
Per quanto riguarda poi la tua riflessione circa la natura dell'Io empirico, arrivi alla stessa conclusione cui era arrivata la psicologia buddhista.
L'Io che sperimentiamo istante dopo istante ha come caratteristica essenziale l'impermanenza. In pratica esso si comporta come un flusso turbolento in continuo divenire, cangiante, inarrestabile.
Che sia scopo del meditante oltrepassare la dimensione fenomenica mirando al noumeno he vi sta dietro? Io non ho ancora trovato una risposta al quesito. Ma, ovviamente, non tutti al mondo sono di dura cervice come il sottoscritto.
Se si compulsano dizionari etimologici, si legge che la radice tem si lega alla divisione del tempo in passato, presente e futuro. Non mi convince. Nelle lingue antiche, tra l'altro, non esisteva neppure il tempo futuro.
RispondiEliminaConcordo su Einstein. Proprio ieri, facevo notare ad una persona come fosse assurda l'idea del vuoto che si curva (una delle "incongruenze" della teoria di Einstein; tra l'altro il vuoto non esiste). Ha strabuzzato gli occhi.
Per quanto mi riguarda, sono confinato nel fenomeno.
Grazie per le parole di lode.
Ciao