06 novembre, 2008

La resurrezione delle lingue "morte"

I recenti decreti collegati alla Legge finanziaria inerenti al sistema scolastico hanno riacceso un dibattito mai del tutto sopito. Non spetta a me censurare le iniziative della Gelmini, la madonnina infilzata cui è stato assegnato il Ministero della pubblica distruzione. Senza dubbio i tagli ai finanziamenti per le scuole dei vari gradi ed università rispondono ad un preciso obiettivo. E' evidente che è pura utopia anche solo proporre delle riforme, poiché la scuola è parte integrante del sistema e, in quanto tale, solo un superamento dell'apparato sinarchico, potrebbe determinare un reale cambiamento della società e quindi della scuola. Pertanto il mio discorso ha un significato puramente accademico, essendo sganciato da qualsiasi risvolto pratico.

In una scuola ideale, in cui tra l'altro, come sostiene James Hillmann, l'unica interazione proficua e pregnante sarebbe quella tra maestro ed allievo (altro che classi di quaranta alunni!), mercé un'osmosi costante e ad un'alchimia di parole e soprattutto di silenzi, dovrebbe essere valorizzato in primo luogo lo studio delle lingue cosiddette morte. L'apprendimento di idiomi come il latino, il greco antico, ma anche l'ebraico antico, l'aramaico antico ed il sumero, come di testimonianze glottologiche ormai prossime all'estinzione, quali, ad esempio, le parlate celtiche, stimolerebbe un approccio fondato sul confronto, sul metodo induttivo, con la formulazione di ipotesi e la loro verifica.

Inoltre l'accostamento a lingue siffatte, dai tratti morfosintattici e semantici particolari, favorirebbe l'abduzione e l'intuizione e non solo il ragionamento logico-deduttivo. Pensiamo all'intelligenza ed alla creatività dimostrata da coloro che decifrarono, avvalendosi del metodo etimologico-genetico e del sistema comparativo, lingue scomparse o a quei glottologi che ancor oggi si cimentano nel tentativo di decifrare scritture, la cui decriptazione porterebbe ad ampliare enormemente gli orizzonti culturali.

Non dimentichiamo la riflessione sul lessico e sull'etimologia, miniera di sensi, di addentellati tra lingue apparentemente distanti tra loro, caleidoscopio in cui si specchiano visioni del mondo e dove balugina ancora il bagliore di civiltà primigenie, quasi obliate.

La dimestichezza con queste lingue "morte", oltre a consentirci di accedere a mondi affascinanti, con il loro immaginario religioso, magico e mitologico, ci condurrebbe sulla sponda del simbolo, dove, come da conchiglie rare e preziose, suoni arcani echeggiano con la voce di una lontananza siderale. Spingendosi oltre, forse si potrebbe anche scoprire un legame con le lingue degli "dei".

Poiché tutto o quasi è linguaggio, un'analisi dei codici si rivela di grandissimo interesse, dacché individua correlazioni con il codice genetico, con l'alfabeto stellare, con l'architettura, con la musica... Innumerevoli sono i fili e le stratificazioni. Concordo quindi con Mike Plato che, nell'articolo intitolato, Cabala e Ghematria, la scienza alfanumerica di Israel, 2008 (all'interno di Fenix, n.1), afferma: "La presenza di più idiomi, percepita dai profani come un ostacolo è, invece, per il Figlio della Luce una grande opportunità, per analizzare connessioni ed addivenire al significato nascosto di molte parole".

Le definiscono lingue "morte" o atrofizzate: a me paiono atrofizzati lo slang dei pennivendoli ed il gergo bufalino di Kattivix. D'altronde da menti atrofizzate e mummificate che cosa ci si può attendere?



9 commenti:

  1. l'ebraico non è affatto una lingua morta dato che si parla tutt'ora in Israele di cui è lingua ufficiale,ovviamente con tutti i modernismi e parole prese dall'inglese ma anche dall'aramaico

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  2. Le lingue "morte" sono state "assassinate"! Non sono "morte" accidentalmente! E sono state "uccise" proprio per tutti quei motivi per i quali tu,caro Zret,ne chiedi il ripristino: fanno ragionare,e possono collegarci alle nostre origini cosmiche!

    Che la Scuola vada demolita,nell'ambito del Piano di Rinascita Democratica di gelliana memoria,che rientra a sua volta nel più ampio Piano per la costituzione del NWO,questo è conclamato! Sta a Noi,in quanto Anima Collettiva,impedirlo!

    Ciao,Amico Zret!

    "VOMITARE&SOVVERTIRE"

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  3. Ho specificato ebraico antico, greco antico, aramaico antico.

    Ciao e grazie.

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  4. Sognorosso, sulla scuola mi sono soffermato in Fool school e in un altro articolo di prossima pubblicazione.

    Il piano gelliano viene oggi eseguito da un suo burattino con il parrucchino.

    Ciao

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  5. Non ho fatto ricerche ma, se ben ricordo, nell'Israele d'oggi di ebraico ci sono soltanto le lettere dell'alfabeto mentre la lingua parlata dovrebbe esssere imparentata con l'yddish, vale a dire il dialetto degli ebrei dell'Europa orientale quasi tutti di origine khazara.

    Per quanto riguarda le lingue morte v'è da dire che esse sono andate per sempre e non risorgeranno più ma l'Umanità futura - quella del mondo che verrà dopo di questo e cioè dopo la catastrofe e se diamo retta ai messaggi di alcuni 'channelers'- parlerà una unica lingua universale simile al Latino.
    Ma non ci metterei una man sul fuoco per simile affermazione. Relata refero.

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  6. L'ebraico che si parla in Israele non è l'Yiddish che è il tedesco parlato dagli ebrei durante la diaspora (lo yiddish è praticamente una lingua morta). L'Ivrit= ebraico moderno è la stessa identica lingua scritta nella Bibbia ebraica con le varianti del caso televisione computer,bar etc...che ovviamente non sono presenti nel testo sacro, però per esempio elettricità si dice Hashmal che nella Bibbia è riportato in riferimento all'apparizione del Signore sotto forma di fulmine
    Infatti si parla di resurrezione della lingua ebraica dopo il riconoscimento dello Stato di Israele. l'artefice di questa resurrezione è Eliezer Ben Yehuda

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  7. Credo che l'ebraico sia l'unico idioma resuscitato. contiene molti neologismi ed usa l'alfabeto quadrato aramaico e tuttavia nell'articolo, mi riferivo alla riscoperta del valore primigenio delle lingue arcaiche ove il suono era Logos e non solo medium per il significato.

    Ciao a tutti.

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  8. Giustamente fai notare che l'immergersi nello studio di lingue sacrali come il latino, l'ebraico ecc. non riveste semplicemente il significato di mero esrcizio mentale e di oliatura dei neuroni fine a se stessa.

    L'obiettivo potrebbe essere visto in una prospettiva anagogica, simbolica, quasi di iniziazione al mondo dei simboli, alla cosiddetta immaginazione creatrice.

    Pressochè tutte le lingue antiche detenevano una valenza sacrale: così il latino, così il greco, così il sanscrito fino ad arrivare all'arabo, il quale rappresenta addirittura un 'fossile' miracolosamente ed in maniera naturale arrivato fino a noi senza subire modifiche sostanziali dai tempi del Profeta o addirittura da molto prima.

    Le lingue sacre detengono proprietà che potremmo definire 'mantriche'. E cioè il semplice fatto cioè di emettere determinati suoni da parte di chi le utilizza smuove non solamente energie pschiche ma attira pure benefici influssi spirituali, protettivi su quella determinata civiltà di cui quella lingua è una delle espressioni.

    Un esempio eclatante: l'abbandono dell'uso del latino da parte della Chiesa Cattolica e la conseguente adozione delle lingue vernacolari durante la celebrazione dei riti ha ottenuto effetti catastrofici dal punto di vista dello Spirito di tale Tradizione religiosa.

    Il valore mantrico, ieratico della liturgia è andato per sempre a farsi friggere. E ci verranno a dire che l'evento ha avuto conseguenze 'democratiche': finalmente tutti quanti sono cioè in grado di comprendere quanto viene espresso dal celebrante. Un guadagno da questo punto di vista si accompagna inevitabilmente alla perdita dell'aura che avvolgeva e conferiva un fascino tutt'altro che esclusivamente estetico ai riti.

    Ma si può valutare l'evento dell'abolizione del latino anche da un'altra prospettiva.
    Il fatto di avere abbandonato l'utilizzo quotidiano di tale idioma da parte degli innovatori equivale all'ammissione di un dato di fatto. Essi si sono cioè inconsciamente più che consapevolmente resi conto che l'anima di tale Tradizione se n'è volata via ormai da un pezzo e che tale evento ha dischiuso la porta a qualsiasi 'riforma', a qualsiasi innovazione, a qualsiasi sovvertimento possa venire in mente.

    Simili precedenti considerazioni non derivano dal fatto che personalmente mi consideri un 'laudator temporis acti'. Quello che è stato non tornerà più in quanto sono scadute le condizioni sincroniche per il manifestarsi di certi eventi, di certe realtà. 'Paganini non ripete' potrebbe essere lo slogan che si addice al divenire storico.

    La pretesa del Fascismo di rievocare i fasti dell'Impero Romano acquista da questa prospettiva un significato patetico più che ridicolo. E lo stesso significato riveste il tentativo di Rabbi Eliezer ben Yehuda di risuscitare il cadavere dell'ebraico sacrale.

    L'Impero Romano non s'è mai più rimanifestato così come il destino finale di Sion dominatrice dei popoli del mondo intero vagheggiato dai Profeti dell'Antico Testamento non si realizzerà mai più.

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  9. O tempora, o mores... Certi tempi non possono più tornare: la storia è entropica e la storia stessa è caduta rispetto all'età del sogno.

    Non dimenticherei che il latino della chiesa era già una degenerazione, se confrontato con il latino classico, figuriamoci che effetto poté produrre l'introduzione delle lingue volgari. Si è che oggi siamo troppo legati al significato (non al senso), dimentichi del suono, dell'aura ieratica, del valore evocativo e magico del Logos.

    Oggi il classicismo può essere solo un'architettura di cartapesta.

    Ciao e grazie.

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