14 dicembre, 2008

"Una nobile follia": attualità di un messaggio

Igino Ugo Tarchetti (San Salvatore Monferrato, Alessandria 1839-Milano 1869) è autore appartenente alla Scapigliatura: noto soprattutto per i romanzi Paolina (1866) e Fosca (1869) portato a termine dall'amico Salvatore Farina, fu temperamento estroso, bohemienne, animato da un orgoglioso anticonformismo, ma proclive alla malinconia ed a fantasie macabre, sepolcrali. Tarchetti rispecchia le contraddizioni della Scapigliatura, divisa tra attardati temi romantici, e confuso, velleitario tentativo di presa sulla realtà, con la denuncia più che altro letteraria, ma sincera delle contraddizioni che laceravano l'Italia "risorgimentale". L'opera di Tarchetti, pur nell'eterogeneità dei motivi ispiratori e nella discontinuità degli esiti stilistici, non è scevra di qualche spunto innovativo: si pensi alla tensione simbolica di alcune sue pagine in prosa, alle elucubrazioni sul valore recondito, sotterraneo di suoni e forme, a prescindere dai significati, con cui anticipa ardite espressioni francesi.

Nel romanzo breve Una nobile follia (1867) sono dipanate le vicende di Filippo Sporta, orfano nel Piemonte risorgimentale che, costretto a lasciare l'amore e le proprie aspirazioni, è mandato come soldato di leva in Crimea. Lo Spannung della storia è la battaglia della Cernaia, piccolo corso d'acqua che scorre nei pressi della città di Sebastopoli: il protagonista uccide, per legittima difesa, un soldato a cavallo dell'esercito russo che, a colpi di pistola, sta disperatamente cercando di tornare tra le proprie file.

Il coscritto, durante l'agonia, racconta a Filippo le sue disavventure, per molti versi affini a quelle dell'attante principale: l'aver ucciso un essere umano che per di più cullava in cuore i suoi stessi sogni, sconvolge il protagonista che, avendo trovato il cadavere di un borghese nei pressi del teatro del cruento scontro, ne ruba i vestiti, decidendo di disertare e di cambiare identità. Diventa così Vincenzo D. e muore suicida, dopo essere stato più volte sull'orlo della pazzia, per salvare un amico, suo omonimo, dai debiti.

L'autore nella prefazione della seconda edizione (pubblicata nel 1869) asserisce: "Quattro o sei volumi, scritti come questo, o se vogliamo un po' meglio, ma immaginati e sentiti con altrettanta vivacità di pensieri e d'affetti e soprattutto con altrettanto istinto del vero; quattro o sei di questi drammi della vita militare, diffusi nelle caserme e nel popolo, basterebbero a risvegliare la coscienza delle moltitudini per modo, che l'Italia sarebbe guarita in poco tempo da questo cancro che divora la vita, gli averi e qualcosa di più prezioso, la libertà".

Tarchetti rimase vox clamantis in deserto: pochi nell'Italia deamicisiana, tutta buoni sentimenti e cattive azioni, accolsero l'utopia antimilitarista ed i pochi intellettuali che provarono a propugnare le idee di Tarchetti come Cletto Arrighi e Felice Cavallotti, furono ignorati dalla "cultura" ufficiale.

L’autore scapigliato, che aveva intrapreso la carriera militare, conobbe di persona la retorica bellicista volta a nascondere il sangue, le carneficine e gli orrori dei conflitti, le cui battaglie egli descrive con realistica crudezza, senza indulgere alle vuote e false celebrazioni degli atti eroici o al bozzettismo dello spirito cameratesco, tanto cari, invece ad Edmondo De Amicis.

Nel prologo del romanzo leggiamo: “Vi avvertiamo che siete chiamato nelle file dell’esercito; se non vi presentate, tra quindici giorni sarete arrestato… d’ora innanzi non sarete più un uomo come gli altri, non avrete più dei diritti e dei doveri, una volontà, una coscienza, dei desiderii come gli altri…; marcerete al suono di un tamburo e conterete uno e due; imparerete come si fa d ammazzare un uomo…; dopo ciò avrete con voi un mostro enorme e spaventevole che starà al vostro fianco che imporrà qualunque obbligo alla vostra volontà cui sarete pienamente venduto e che si chiamerà disciplina. Quando essa ve lo ordinerà, voi marcerete contro qualunque luogo, compirete qualunque azione infamante, ucciderete qualunque uomo, caricherete per le strade del paese i vecchi, le donne ed i fanciulli e non potrete mormorare una parola; se accennerete di ribellarvi, sarete fucilato. Ora venite, noi vi chiamiamo in nome del re; se non vi presenterete fra quindici giorni, sarete considerato come un vile disertore.”

La contestazione contro il sistema della coscrizione obbligatoria trova, in questo passaggio ed in altri, una visione lucida e lungimirante, tesa a smascherare l’ipocrisia del potere e volta a mostrare l’annichilimento della dignità umana, per mezzo delle assurde ed alienanti regole della caserma. Infatti: "La caserma possiede e favorisce le abitudini ed i vizi di tutte le comunanze: il giuoco, la crapula, il vino, la prostituzione del principio morale, la prepotenza, la violenza, l’oppressione del debole, il diritto della forza, la vendetta privata – tutto ciò vive nelle caserme e vi si perpetua di individuo in individuo; è un legato che si trasmette dal veterano al coscritto; entra nelle camerate dei novizi e vi si dilata come un miasma contagioso”.

Efficace l’analisi del borghese che dà il suo plauso ai guerrafondai, allo snaturamento dell’individuo trasformato in macchina per uccidere e morire al grido “Viva il re!”: “Così si uccide un uomo e si forma un soldato – la nazione lo tollera; vi ha di più, la nazione vi applaude, illusa come un fanciullo insensato alla vista dei pennacchi azzurri, delle sciabole lucide e dal suono delle trombette: i pochi onesti fremono e tacciono”.

E’ dunque l’uomo medio abbagliato dai luccichii delle baionette, oltre che dalle solenni parate e dalle fanfare, dalla teoria di carri armati, jeep, autoblindo che scorrono impetuosi simili ad un fiume di metallo. Si vis pacem…

Il messaggio di Tarchetti è quanto mai attuale, sebbene la sua speranza di destare le coscienze per indurle a ripudiare senza "se" e senza "ma" la prevaricazione, si sia rivelata un tragico abbaglio. La coscienza della gente è assopita, l'industria bellica primeggia per fatturato ed innocenti operai uccidono fabbricando ordigni, come i loro perniciosi padroni. La propaganda a favore della "difesa" è capillare ed efficace: ai soliti argomenti pseudo-patriottici si sono aggiunti i gli epinici che celebrano i trionfi contro il terrore internazionale, a galvanizzare sudditi letargici, capaci di svegliarsi per qualche istante, solo se ricevono la scossa elettrica di un marziale proclama televisivo.

All'armi! E' il grido che echeggia da dietro la maschera ipocrita, grinzosa di B 16, invocante pace e fratellanza.

Veramente nobile l'ideale perseguito da Tarchetti, nobile e folle, perché è follia immaginare un mondo senza guerra ed angherie.

Oggi, poi, questa ahrimanica aggressione contro il pianeta e l'umanità è combattuta con armi tanto subdole che pare una benevola, paternalistica correzione.



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7 commenti:

  1. bellissimo articolo e bellissima riflessione, come sempre del resto.
    complimenti,
    è sempre un piacere leggerti !
    purtroppo le famigle reali (facenti parte degl iilluminati) ci hanno sempre utilizzato per i loro infami scopi e giochi di potere, che nulla erano se non scontri e voglia di supremazia, tra diverse fazioni della confraternita babilonese_

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  2. Il nostro Tarchetti vale più di tanti blasonati autori, certamente più del dolciastro e falso De Amicis. Tarchetti riteneva che la svolta fosse costituita dal servizio militare obbligatorio e dall'unità di Italia, voluta dagli Oscurati, gli stessi che oggi vagheggiano l'unità del mondo.

    Ciao e grazie.

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  3. Articolo molto interessante, attuale.

    Mi ricorda i racconti di mio nonno materno, classe 1898 nato a Monti(SS).

    Gli arrivo´ un regio "invito" a presentarsi e fu costretto a partire al fronte, a combattere contro gli austriaci, sul Monte Grappa fino a Caporetto.

    Analfabeta, agricoltore, si trovo´ con altri giovani che parlavano altre "lingue", a mangiare un cosa strana, gialla, chiamata polenta. Fu comunque fortunato: ebbe la possibilita´ di imparare e leggere e scrivere, e successivamente, a farsi una famiglia.

    A molti altri tocco` una sorte ben diversa. Quanti sogni uccisi...

    Mi racconto` in fase di avamzamento, di giovani austriaci morti e incatenati alle mitragliatrici, del rancio drogato,
    degli ufficiali con le pistole puntate sulle spalle dei soldati per evitare ammutinamenti.

    A lui cosa importava di questi nobili cause, che da questioni di patria dovevano diventare anche personali? Nulla.

    In fin dei conti lui stava nella sua terra, seguendo ritmi scanditi dalla natura.

    La caserma sostuisce la famiglia, la vita militare diventa negazione dell'individuo.

    Nulla di nuovo sul fronte occidentale...

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  4. Alexy, la tua testimonianza è suggello perfetto.

    I soldati muoiono immolati sull'altare di Satana. Il sistema in cui viviamo è satanico al 1000 per cento.

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  5. Umberto Ego è un sinarchista. Ne è prova il suo "romanzo" Il dondolo, pardon Il pendolo di Foucault.

    Ciao

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