08 maggio, 2009

Living in a box

Siamo imprigionati in una scatola: i nostri sensi appiattiscono i rilievi e la ragione balbetta. Incapaci di elevarci oltre l'altezza di un muricciolo, pensiamo che la vita sia questa frazione. L'apparenza si è ispessita a tal punto da fagocitare il nucleo stesso. La finzione è assurta ad unico modo di comunicare: lo scotto è l'isolamento. Anche il passato, alla luce livida del presente, si incrosta ed appare maledetto dall'ingenuità di un tempo.

Urgono le solite domande, petulanti come creditori, aggressive come formiche fameliche. Viviamo in bilico tra il senso illusorio e l'avvertimento del nulla. Temiamo che molte verità siano consolatorie: di là dalla perfezione formale del cosmo, si intravede a volte la sua meravigliosa gratuità. I significati sono evaporati nel silenzio; l’infanzia immemore è stata erosa dal tarlo della coscienza.

Restano momenti abissali, attimi imprendibili di lucidità. Come un dio che, tormentato dalla solitudine di spazi gelidi e vuoti, dipinge cerchi di galassie e nastri di nebulose, lasciando che sgoccioli il colore a formare le stelle, così noi ci inventiamo mondi e sogni e deliri.

Lo stridore degli eventi assorda, mentre monta, come motosa marea, l’infinita stoltezza della massa.

Qualcosa ci riscatterà un giorno dalla ripetizione, dalle mille, inutili, assurde incombenze, dai riti scaramantici? Qualcuno riscatterà l'ipoteca che grava sul futuro? Forse non è sufficiente lo scartamento di binario: forse occorre la distruzione. Pare irredimibile la pazzia che accettiamo come normalità. E' una pazzia insediata nel centro delle cose. E' veleno questo malessere, questo tedium vitae di noi che viviamo sull'orlo del nulla, accerchiati da entità invisibili ed invise. E' acido quest'ansia corrosiva dovuta a tutto ed a niente.

Condannati ad esistere in un mondo desacralizzato, tra l'incubo della veglia ed il sogno fallace del sonno, cerchiamo una via d'uscita: ancora una volta sembra che l'unico rimedio sia anteriore a tutto.



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6 commenti:

  1. Accettiamo ed accettando esultiamo e festeggiamo.
    Perchè tutto dovrà ripresentarsi infinite volte finchè non ne saremmo talmente sazi da aver intriso di questa pazzia il nostro stesso midollo.
    Allora ci sarà sufficiente esplosivo per far deflagrare il nostro stesso scheletro quando l'inaspettata miccia verrà. Da uomini verremo trasformati in fuochi e stelle anche se per un solo, infinito istante.

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  2. E' così, Timor. Nulla è più creativo della distruzione, della fine di un vecchio mondo, da cui sorge una nuova, rinnovellata realtà.

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  3. "...così noi ci inventiamo mondi e sogni e deliri..."

    Se non potessimo farlo, impazziremmo.
    La mente cesserebbe di funzionare: la realtà che percepiamo è "viziata" dal filtro dei sensi e non c'è (per ora) speranza che l'uomo arrivi a conoscere la VERITA'....non è percepibile nella sua interezza l'ordine all'esterno dell'uomo; la fantasia aiuta a crearne uno dentro l'uomo.
    Chi non ha mai giocato (e che gioco!) a creare un mondo immaginario non mi dicesse che si sente bene nell'anima!

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  4. Timor, il tuo spirito è più vecchio del nostro e quindi hai rotto felicemente il guscio nel quale eri racchiuso. Ti ringraziamo della tua testimonianza in virtù della quale consolidiamo la nostra consapevolezza che qualcuno è riuscito a sfuggire ai giochi d'ombre della caverna platonica. Ma consentici una punta d'invidia nei confronti di chi dimora nello stato spirituale che dagli orientali viene definito 'turyia'.

    Sapere che ciò è possibile risulta pertanto consolatorio - anche se personalmente non amo le consolazioni - e ci sprona a proseguire lungo un cammino iniziato chissà quanto tempo fa.

    Per quanto mi riguarda, l'infinita stoltezza della massa non mi rattrista più di tanto anche perchè la massa è me, non si distingue da me.
    A proposito non dobbiamo dimenticare che colui che ha ormai raggiunto l'apice della Saggezza 'torna in città', secondo quanto affermano i Maestri dello Zen, e si confonde fra la gente al mercato.

    Ciao

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  5. Sì, Paolo, i saggi veri si voltolano nel fango e si umiliano.

    Personalmente sono ancora allo stadio dell'Odi profanum vulgus et arceo e non mi sono ridotto a vivere in una botte, laddove Timor, anima antica e veneranda, è ormai, a mio parere, prossimo alla meta e lo scrivo anch'io con una punta di benevola invidia.

    E'la mia moira; la mia stazione è tra le prime.

    Blue ice, immaginare può significare creare. D'altronde "In principio è l'idea".

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  6. Paolo e Zret le vostre parole mi lusingano davvero ma nessuna rottura d'uovo è ancora avvenuta. Basterebbe un incontro o una telefonata per farvi rendere conto di quanto errate nel definirmi arrivato o quasi.
    Per favore non proiettate le vostre bellezze e la vostra nobiltà di spirito su un giovane fante di coppe che è ancora ben lungi da aver terminato il suo processo di nigredo.
    Così parlate perchè qualcosa in voi di eterno ricorda la Casa di infinita bellezza e innocenza che è stata perduta ma che presto verrà recuperata.
    La pienezza del giorno è ancora lontana eppure si sente un dolce tepore sulla pelle.

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