Non è poi così difficile comprendere come il lupo, animale dalle abitudini notturne, sia legato alla luce: è innanzitutto il chiarore della Luna, freddo ed inquietante. La luce è pure nel nome di questo predatore elusivo e temibile: il termine "lupo" (in latino lupus, l'inglese wolf ed il tedesco Wolf sono rami del medesimo tronco, il morfema, lukwos - wlkwos) si lega alla radice "lux" (luce). E' una luce tenebrosa, quella dei boschi immersi nel silenzio immobile della notte, screziato di riflessi argentei, di ombre tremolanti. E' una luce antecedente alla nascita, alla caduta nello spazio-tempo, quindi è un raggio nero, colore simbolo del non manifesto e del principio.
L’ambivalenza di questa luce, ancora agglutinata al buio originario, è nell’appellativo cultuale attribuito a Zeus in Arcadia, Liceo. L’epiteto è da collegare a lukos, quindi Zeus lupo o protettore dei lupi. Liceo o Licio è anche attribuito di Apollo, forse da lykos (lupo) o da lyke (luce). Sia Zeus sia Apollo sono numi i cui volti raggiavano i bagliori più sfavillanti.
Non si sbagliava quindi Cicerone che, trattando dei Lupercalia, le cerimonie celebrate a Roma il 15 febbraio da un collego di sacerdoti (i Luperci), riteneva essi risalissero ad un'epoca anteriore alla civiltà ed alle leggi. Era dunque un'età arcaica, ancora lontana dall'individuazione e dalla conoscenza di sé, come separazione dal mondo naturale. Per questo in alcune culture il lupo è animale totemico: è il lupo della steppa, luogo di sconfinata libertà e di avventure irte di pericoli.
La lupa è animale che simboleggia la fecondità e, per la sua identità fonica con la lupa, intesa come meretrice, evoca una condizione di sfrenatezza che il consorzio civile si impegnò a censurare o a ricondurre entro i confini del lecito, ma innominabile.
La lupa, che allattò Romolo e Remo, aveva la sua tana in una grotta, emblema dell'incoscienza prenatale e della profondità ctonia, ma la spelonca era all'ombra di un fico, da cui scaturiva una sorgente, allusioni al sapere che affiora dal sogno immemore del non essere. Si è gettati nell'esistenza, dopo essere rimasti nel tiepido ventre del nulla.
A volte, si avverte la nostalgia dei raggi algidi che si diramano tra i colonnati delle foreste e che si innervano sulle volte del tempio stellato.
L’ambivalenza di questa luce, ancora agglutinata al buio originario, è nell’appellativo cultuale attribuito a Zeus in Arcadia, Liceo. L’epiteto è da collegare a lukos, quindi Zeus lupo o protettore dei lupi. Liceo o Licio è anche attribuito di Apollo, forse da lykos (lupo) o da lyke (luce). Sia Zeus sia Apollo sono numi i cui volti raggiavano i bagliori più sfavillanti.
Non si sbagliava quindi Cicerone che, trattando dei Lupercalia, le cerimonie celebrate a Roma il 15 febbraio da un collego di sacerdoti (i Luperci), riteneva essi risalissero ad un'epoca anteriore alla civiltà ed alle leggi. Era dunque un'età arcaica, ancora lontana dall'individuazione e dalla conoscenza di sé, come separazione dal mondo naturale. Per questo in alcune culture il lupo è animale totemico: è il lupo della steppa, luogo di sconfinata libertà e di avventure irte di pericoli.
La lupa è animale che simboleggia la fecondità e, per la sua identità fonica con la lupa, intesa come meretrice, evoca una condizione di sfrenatezza che il consorzio civile si impegnò a censurare o a ricondurre entro i confini del lecito, ma innominabile.
La lupa, che allattò Romolo e Remo, aveva la sua tana in una grotta, emblema dell'incoscienza prenatale e della profondità ctonia, ma la spelonca era all'ombra di un fico, da cui scaturiva una sorgente, allusioni al sapere che affiora dal sogno immemore del non essere. Si è gettati nell'esistenza, dopo essere rimasti nel tiepido ventre del nulla.
A volte, si avverte la nostalgia dei raggi algidi che si diramano tra i colonnati delle foreste e che si innervano sulle volte del tempio stellato.
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http://www.youtube.com/watch?v=oFSRs7iqAv8&feature=fvst
RispondiEliminaElle
Il lupo è uno degli svariati animali simbolici associati ad Apollo, dunque alla Tradizione Iperborea o primordiale. Il motivo ci risulta alquanto misterioso in quanto tale animale ha assunto nella notte dei tempi un significato prevalentemente tenebroso, ctonio. Ma come noto, i simboli si comportano non di rado in maniera ambivalente.
RispondiEliminaAltri animali associati ai primordi e quindi all'Età dell'Oro sono l'orso, il cinghiale ed il cigno. Quest'ultimo simboleggia la casta primordiale unica o 'hamsa'.
L'età arcaica non è tuttavia da identificare, come fanno C.G.Jung ed il suo discepolo Erich Neumann, come una fase pre-storica nella quale la coscienza degli uomini è ancora bambina, avvolta nelle nebbie dell'inconscio.
Jung cadde qui vittima del pregiudizio evoluzionista che applicò alla coscienza dell'Umanità - e di riflesso, alla conoscenza spirituale od intellettuale della medesima - per cui si sarebbe partiti dalla beata incoscienza delle origini fino ad arrivare alla...supercoscienza d'oggidì. Praticamente un Theilard de Chardin ante litteram.
Ma pare che il contrario sia vero: dalla conoscenza trascendente fruita dalla casta primordiale si è veramente passati all'ignoranza becera della fine dei tempi, un'ignoranza ed una cecità talmente spinte da non vedere nemmeno gli aerei chimici che in continuazione ci passano sulla testa e che cercano di avvelenarci.
Una glossa esemplare, Paolo. Tra l'altro l'empatia, la solidarietà mistica con il creato, come la definì Mircea Eliade, coincideva probabilmente con l'ipercomunicazione. Inoltre Teilhard de Chardin non mi ha mai convinto: l'evoluzionismo darwiniano già mostruoso, trasfuso nella religione, ha generato un altro monstrum.
RispondiEliminaAnche Apollo è dio bivalente, nume della luce e dio della distruzione. Oggi regna la cecità, lato sensu.
Ciao e grazie.
Zret carissimo cosa intendi dire esattamente con "l'evoluzionismo darwiniano trasfuso nella religione ha generato un altro monstrum"?
RispondiEliminaCleonice, il filosofo e teologo francese ritiene che il cosmo evolva dalla pre-vita (mondo inorganico) alla coscienza (noosfera)fino al punto Omega. Mi pare, invece, che il cosmo, come disse qualcuno, sia una catastrofe ontologica, ma a prescindere da ciò, è evidente che da un'originaria antica saggezza (atlantidea?) si sia poi decaduti verso l'ignoranza ed il materialismo. In Reincarnazione?, nel testo Il denaro tra il sacro ed il profano come in Gesti e techne avevo sfiorato questo tema, il tema del progressivo sfaldamento. Confido che si risalirà, ma solo dopo il Ragnarok.
RispondiEliminaCiao e grazie.