20 luglio, 2009

Giustizia

"Non è giusto!" Quante volte abbiamo udito questa protesta! Che cos'è la giustizia? "Dare a ciascuno il suo", splendida ma elusiva risposta. Se è pressoché impossibile definire che cosa sia la giustizia, non di meno sentiamo istintivamente quel che è iniquo. Così ripensiamo con indignazione alla condanna di Socrate nel 399 a.C., condanna alla pena di morte pronunciata dal tribunale di un regime "democratico". Così ricordiamo l'apoftegma di Catone il Censore: "I ladri privati sono in ceppi ed in catene, mentre i ladri pubblici vivono nell'oro e nella porpora". E' una constatazione oggi più che mai valida.

Milioni di persone ogni anno muoiono di fame, di sete, per malattie, a causa di cruenti conflitti fomentati dalle multinazionali e dai governi, in seguito a disastri innaturali. E' giusto? Una decisione di un arbitro non conforme alle attese dei tifosi viene vissuta come la somma ingiustizia. Sarà stato pure il risultato di una decisione poco saggia e meditata, ma è percepito come un delitto di lesa maestà. Blaise Pascal coglieva nel segno, quando notava che è peculiare degli uomini incaponirsi per le bazzecole, trascurando le questioni importanti. Capita sovente di vedere uomini e donne attempati che, invece di rivolgere pensosi l'attenzione al destino che li attende, ancora si impuntano su questioni oziose e risibili, come se potessero vivere in eterno. Non potrebbe essere il loro l'ultimo giorno sulla Terra? Siamo saggi solo in qualche banale consiglio, dispensato con malcelata sufficienza.

Dunque ci scandalizziamo per le imperfezioni, ci irritiamo per i granelli di polvere, ma restiamo indifferenti di fronte alle carneficine ed alla distruzione del pianeta, all'ottenebramento della coscienza. E' fondamentale che sui gerani del nostro davanzale non sgocciolino le stille del bucato steso al piano di sopra, ma se gli aerei diffondono tonnellate di veleni, che ci importa? E' giusto ciò? Anzi, è ragionevole?

Guardiamoci intorno: i criminali governano, viziosi che esibiscono virtù inesistenti; giudici incapaci sputano sentenze, condannando spesso innocenti e ladri di polli; banchieri-usurai decidono le sorti del mondo, mentre il ladruncolo è messo alla gogna; ignoranti in sommo grado pontificano nelle università, mentre intellettuali e scienziati di valore sono emarginati, quando non sono vilipesi e calunniati; tronfi e corrotti soloni legiferano in modo draconiano, laddove i cittadini onesti sono vessati per un'inezia; ministri e sottosegretari vivono nel lusso più sfrenato, mentre gli operai sudano per buscarsi il pane e rischiano ogni giorno la vita per un miserrimo salario... [1] Da per tutto regnano la nequizia, l'ipocrisia, la sopraffazione, ma ammantate dei più brillanti (e falsi) ideali. E' tutto ciò giusto? Chiunque comprende che non lo è, ma, quando si tratta di additare una risoluzione, molti sanno soltanto proporre misure ancora più inique della stessa iniquità o ingenuamente si affidano alle screditate istituzioni.

Guardiamo oltre le apparenze e di là della società umana: la natura, dietro parvenze gradevoli, è un'arena insanguinata. La lotta per la sopravvivenza spinge una fiera contro un erbivoro, il vischio a suggere la linfa di un olmo. Sgomenta il duello mortale tra una lucertola ed una scolopendra: di fronte a questo contrasto feroce, quale autore potrebbe celebrare la bellezza della natura e la razionalità del cosmo? Non tutto ciò che è naturale è anche razionale.

Noi stessi a volte siamo lacerati da sentimenti contrastanti, da passioni infuocate. Non solo, siamo schiavi degli istinti e della materia: dobbiamo nutrirci per sopravvivere. L'inedia rende gli uomini feroci, disposti a tutto. Nacque la leggenda che il conte Ugolino della Gherardesca, divorato dai morsi della fame, si cibò delle carni dei figlioli. Probabilmente non fu così: ma possiamo escludere che un padre non sia indotto dall'impulso infrenabile alla sopravvivenza a compiere un atto tanto abominevole?

Ammettiamolo: siamo creature nate dal fango e che appena hanno sollevato il capo dalla mota, alcuni per contemplare le stelle, ma molti per guardare solo un po' oltre il proprio naso.

Ammettiamolo: la giustizia non può provenire dagli uomini, soprattutto se incuneati nelle strutture di potere.

Infine riconosciamo che, nonostante le meravigliose e perfette geometrie, nonostante le armoniose leggi di natura, un quid irrazionale si è annidato nel cosmo. Saremo onesti se, lungi dal diffamare il mondo, eviteremo anche di considerarlo il migliore dei mondi possibili.

E’ auspicabile tentare di migliorarlo, per quanto è nelle nostre possibilità.


[1] Ovviamente esistono le eccezioni.



APOCALISSI ALIENE: il libro
TANKER ENEMY TV: i filmati del Comitato Nazionale

Trattato di Lisbona: firma per chiedere il referendum

8 commenti:

  1. Caro Zret questo articolo è .....perfetto. Descrivi in modo completo grandi terribili verità. Non saprei cosa aggiungere, hai detto tutto. Forse potrei solo dire che mi sento "piccola" a far parte di quell'umanità che troppo spesso si perde in sciocchezze e poi di fronte a situazioni terribili ed evidenti, cosa fa realmente? Cosa faccio io realmente?

    Il tuo stile è impareggiabile, mai noioso, corretto, prezioso, mai rococò.
    La tua mente partorisce spunti di riflessione, analisi,denunce, poesia.
    Cosa ti dico ancora caro Zret?
    Un abbraccio

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  2. Cleonice, siamo piccoli ma con grandi ideali.

    Grazie delle tue belle parole.

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  3. Zret, parlando di Giustizia è vero, IL MINISTERO è l'ultimo dei pensieri da cui si viene sfiorati. Non c'è molta giustizia su questa Terra e anche la Natura ha le sue pecche, ma la colpa peggiore ricade sempre sulla testa di chi pensa di avere il diritto di prenderne il controllo, compreso chi collabora, consapevolmente o meno e in maniera più o meno attiva.
    La Giustizia Vera si realizza alla finale resa dei conti come conseguenza di azioni e pensieri di ognuno, in positivo come in negativo. L'anima lo sa perchè se così non fosse ci saremmo già tutti lasciati andare alla rassegnazione, subendo gli eventi.
    Ciao, buona giornata

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  4. 'Per valutare le cose di questo mondo ci si dovrebbe innalzare al livello della stella Sirio', soleva ripetere un anziano amico d'altri tempi. Infatti, se giudichiamo le cose con il metro del senso comune non ne verremo mai più a capo.

    Per di più, vivendo noi nell'era cosmico-spirituale più disgraziata che possa esistere e cioè nell'Età del Ferro, le ingiustizie e le contraddizioni vengono in essa esaltate al massimo grado.

    Nessun problema. Come ricordano i Maestri spirituali, l'ingiustizia è un caso particolare o addirittura una inezia nel quadro dell'ordine superiore e generale su cui si basa la manifestazione universale. Paradossalmente essa appare anche necessaria per mantenere il suddetto ordine o 'kosmos' di cui parlava la filosofia greca.

    E' pure esperienza comune il notare come anche la Natura risenta della lotta per la sopravvivenza, quasi fossero gli esseri viventi tutti quanti immersi in una specie di 'aiuola feroce' in cui vige la legge del 'mors tua vita mea'.

    Il tutto pare debba rivestire un significato propedeutico e 'pro tempore' in vista di una redenzione e di una assunzione ad uno stato di esistenza contrassegnato dalla stabilità e dall'ordine, stato verso il quale gli esseri senzienti mirano il più delle volte inconsapevolmente a ritornare.

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  5. Dante nel Paradiso, durante il colloquio con il trisavolo Cacciaguida, getta un fuggevole sguardo alla terra, "l'aiuola che ci fa tanto feroci". L'iniquità non può essere obliata neppure lassù e tuttavia la si contempla in modo distaccato e consci di come essa sia una frattura destinata, prima o poi, a ricomporsi.

    Tanto più avvertiamo queste disgregazioni, poiché l'età del ferro è addirittura degenerata nell'età del ... silicio e "La tecnica", come diceva Heidegger, "ci ha strappato dalla natura".

    Ciao e grazie.

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  6. Caro Zret, condivido quasi in toto questo tuo articolo.
    La giustizia, maiuscola o minuscola, è dettata da regole scritte dagli uomini e se pure dette regole
    sono o dovrebbero essere giuste sono comunque comminate da… uomini.
    E’ vero che spesso e volentieri perdiamo tempo (come ne avessimo a bizzeffe) su questioni di lana caprina, ma siamo quel che siamo. Non tutti possono o vogliono elevarsi al di sopra della media (piuttosto bassa) dei comuni mortali. E’ forse una colpa? Io penso di sì, ma così il mondo và.
    La giustizia, o meglio, la Giustizia cui si riferisce ginger non mi è ben chiara. Che vuol dire che si realizzerà alla finale resa dei conti? E chi la farà? E quali saranno le pene? I giusti siederanno in Paradiso e gli empi giù all’Inferno? E quale Paradiso, quale inferno?
    Ovvio, sono domande retoriche a cui non è possibile, né mai sarà dare risposte se non quelle nebulose e probabilmente fasulle di tutte le religioni di questo mondo martoriato.
    Care cose da margius (Martino)

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  7. Margius, tocchi il tasto dolente della "giustizia" umana, quel coacervo di gride, cavilli, codici e codicilli utili per incolpare l'innocente e discolpare il reo.

    La Giustizia cui allude Ginger (credo di interpretare correttamente il suo pensiero) è l'apocatastasi, la palingenesi, la reintegrazione degli enti nell'essere. Utopia? Spero di no.

    Ciao e grazie.

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  8. E' così.

    Margius, lascio volentieri da parte i concetti di inferno e paradiso poichè li trovo molto connessi ai classici discorsi di religione, come quelli che abitualmente fa il papa in piazza ai fedeli (e da cui non sono attratta); ritengo che prima di tutto occorra giudicare se stessi; escludo che la vera giustizia in questo mondo verrà mai fatta da parte di umani che si ritengono i "giudici supremi" di loro simili.
    Ma alla fine si dovrà rendere conto a Qualcuno, in grado di giudicare per davvero e ognuno andrà dove deve. Questo è quello che credo.

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