"Dark city" è una pellicola australiano-statunitense del 1998 per la regia di Alex Proyas.
"In una città anni Cinquanta dove è sempre notte, un gruppo di alieni manipola le memorie delle persone, cambiando le loro vite e le loro case, mentre sono addormentate, ma John Murdoch (Rufus Sewell), accusato di omicidio, resiste al trattamento. La sceneggiatura di Proyas, Dobbs e Goyer precede alcuni temi di "The Truman show" e pone domande vertiginose su che cosa sia l'identità" (P. Mereghetti).
Il film anticipa pure qualche motivo del più celebre "Matrix": l'atmosfera cupa, l'illusorietà della percezione, la strenua battaglia contro il controllo. Il protagonista, che cerca di risolvere il rompicapo della sua esistenza, in cui fluttuano memorie non sue ed oggetti mentali, si imbatte in un'organizzazione criminale controllata da un gruppo di individui chiamati Strangers. Sono alieni in grado di fermare il tempo e di alterare la realtà fisica. Alla fine, dopo varie peripezie, Murdoch elimina il capo degli Strangers. Dal buio dov'era stato risucchiato, l’uomo risale alla luce. Nell'ultima scena Murdoch sul pontile incontra una donna…
La fantascienza, con produzioni come "Dark city", dimostra di essere non tanto un genere anticipatorio, piuttosto una specie di filigrana del mondo in cui viviamo, con le sottili trame nascoste agli "uomini che non si voltano". E' una filigrana, però, che pare si possa scorgere non in controluce, ma sul fondo buio della metropoli, non città madre, ma, con volo etimologico, "città matrice", metafora della condizione umana contemporanea e forse di sempre.
Nel film la città campeggia in una scenografia simile alle cupe skylines del classico "Metropolis" e di "Batman". L'antitesi oscurità-luce, oltre all'evidente valore simbolico, snoda la lenta, ma irreversibile catabasi nell'ombra di cui Matrix, nell'ultimo episodio della saga, svela la genesi tecnologica oltre che morale.
La disperata ricerca dell'essenza, l'occulta regia degli "altri", la creazione delle memorie-schermo sono aspetti che si agganciano alle frange notturne dell'Ufologia e ne marcano la credibilità.
Il quesito sulla vera natura dell'anima è il fulcro di una rivelazione temeraria, abissale, sull'orlo di un lieto fine. Nella finzione.
"In una città anni Cinquanta dove è sempre notte, un gruppo di alieni manipola le memorie delle persone, cambiando le loro vite e le loro case, mentre sono addormentate, ma John Murdoch (Rufus Sewell), accusato di omicidio, resiste al trattamento. La sceneggiatura di Proyas, Dobbs e Goyer precede alcuni temi di "The Truman show" e pone domande vertiginose su che cosa sia l'identità" (P. Mereghetti).
Il film anticipa pure qualche motivo del più celebre "Matrix": l'atmosfera cupa, l'illusorietà della percezione, la strenua battaglia contro il controllo. Il protagonista, che cerca di risolvere il rompicapo della sua esistenza, in cui fluttuano memorie non sue ed oggetti mentali, si imbatte in un'organizzazione criminale controllata da un gruppo di individui chiamati Strangers. Sono alieni in grado di fermare il tempo e di alterare la realtà fisica. Alla fine, dopo varie peripezie, Murdoch elimina il capo degli Strangers. Dal buio dov'era stato risucchiato, l’uomo risale alla luce. Nell'ultima scena Murdoch sul pontile incontra una donna…
La fantascienza, con produzioni come "Dark city", dimostra di essere non tanto un genere anticipatorio, piuttosto una specie di filigrana del mondo in cui viviamo, con le sottili trame nascoste agli "uomini che non si voltano". E' una filigrana, però, che pare si possa scorgere non in controluce, ma sul fondo buio della metropoli, non città madre, ma, con volo etimologico, "città matrice", metafora della condizione umana contemporanea e forse di sempre.
Nel film la città campeggia in una scenografia simile alle cupe skylines del classico "Metropolis" e di "Batman". L'antitesi oscurità-luce, oltre all'evidente valore simbolico, snoda la lenta, ma irreversibile catabasi nell'ombra di cui Matrix, nell'ultimo episodio della saga, svela la genesi tecnologica oltre che morale.
La disperata ricerca dell'essenza, l'occulta regia degli "altri", la creazione delle memorie-schermo sono aspetti che si agganciano alle frange notturne dell'Ufologia e ne marcano la credibilità.
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Strano il fatto che sia in questo film che nel ben più famoso 'Independence Day' colui che salva il mondo da una situazione disperata porta un cognome ebraico.
RispondiEliminaQui è Murdoch, là non mi sovviene più ma sono certo che era ebreo sia l'attore che impersonava il ruolo di 'mago dell'informatica' che riusciva a forzare i codici degli alieni sia il cognome che portava nella suddetta parte. Memorizzai indelebilmente il fatto.
Che tutto ciò voglia significare qualcosa?
Paolo, non credo sia in una coincidenza: nell'ultimo pessimo, ma istruttivo film di Proyas, il nome di un personaggio è semitico e, se non erro, ilcognome del protagonista è ashkenazita. La donna si chiama Emma: mi ricordo che il giorno stesso in cui lessi le recensioni di questa pellicola, continuamente nelle ore precedenti, mi risuonò nella mente il nome Emma Bovary. La protagonista del romanzo di Flaubert non c'entrava: scherzi del "caso".
RispondiEliminaCiao e grazie.
P.S. Emma è la protagonista di Dark city, non di SEgnali dal futuro.
RispondiEliminaè da vedere!!!
RispondiEliminaNella letteratura sci fi e fantasy, così come nella rispettiva elaborazione filmica, non è raro imbattersi, a volte camuffati, nei residui di temi mitici e, con essi del Sacro. Volente o nolente, la forma popolare del fantastico, letteraria e cinematografica, ben più della musica e della pittura odierna, ha la capacità di mettere in scena la follia, l'angoscia, la dicotomia bene/male, e i volti dell'eroe agenti oggi. Qui non ci troviamo di fronte ad una narrazione d'anticipazione, ma all'autentico resoconto di ciò che accade, di là dal velo del rumore di fondo psichico e mediatico, prodotti perniciosi del systema. In quanto alla presenza di personaggi ebrei salvatori della situazione, bè, è evidente la volontà delle produzioni di voler affermare una qualche supremazia ontologica etnica, quando non addirittura un messianismo laico, riveduto e corretto, onde poter ribadire una antica speranza problematica, però, per il mondo ebraico, circa l'avvento di un liberatore-re, ultima spiaggia per un mondo alla fine.
RispondiEliminaDentro l'anima dell'uomo pulsa il desiderio, da sempre, di ribellarsi al tiranno, di partire alla cerca del graal, di rivendicare il proprio sacrosanto diritto di essere libero. Le potenze dell'anima sono inchiodate, ma presto o tardi devono fuggire dalla prigionia della materia.
Zret hai perfettamente inteso in quale forma sia possibile trasmettere il messaggio di salvezza per l'uomo odierno. Credo che non ve ne siano molti altri a disposizione.
Angelo Ciccarella
Alcuni sottogeneri del cinema e della letteratura contemporanei costituiscono in effetti una sorta di mitologia, benché depauperata e semplificata rispetto al mito antico. Alcuni messaggi obliqui si rintracciano in film come Dark city, purché si comprenda che la finzione è spesso più vera di una realtà finta, costruita davanti agli occhi per nascondere l'essenza.
RispondiEliminaMolto opportunamente, Angelo, hai scritto "liberato-re", enucleando la parola "re", in quanto Messia dovrebbe appunto significare "Re" e non "Unto".
Fortezza, forse si trova il DVD.
Ciao e grazie.
da: insolitanotizia.
RispondiEliminati ringrazio molto zret, onorato della tua presenza qui da me.. (http://insolitanotizia.blogspot.com/).
ti dirò che purtroppo ho pochissimo tempo per scrivere, così di norma butto giù il più in fretta possibile quello che ho da dire su cose che voglio si sappiano.. ho avuto la fortuna di vedere cose "metafisiche" nella vita, che per quanto inspiegabili mi hanno dato
amore per la conoscienza e per la ricerca.. è una sfida a chi di dubbi non ne ha mai.
film davvero eccezionale e molto istruttivo, come l'articolo.. ovviamente quasi mai trasmesso, se non ad orari impossibili, meno commerciale di matrix, molto più metafisico.
RispondiEliminaCerti film in televisione non vengono mai trasmessi: preferiscono programmare le corbellerie di Pieraccioni.
RispondiEliminaPieraccioni, i filmetti becero-sdolcinati ormonali psichici, il presunto intellettuale e vate Benigni, Valentino Rossi, Vasco, il pensiero debole di Vattimo, il prete progressista, la psicanalisi da tv, i tuttologi tuttodire e tuttofare, l'impegno sociale, la hammer sogno segreto di ogni borghese che si rispetti, la testa rossa, il luogo comune del luogo comune, il tribuno (da tribuna Monte Mario, però) Santoro, e mille altri, sono i feticci culturali, i punti di riferimento di una Italia smemorata, incarognita, involgarita, imputtanita di oggi. Si fa un gran bel parlare di cultura emancipata italiana, di films impegnati italiani, ma in realtà sono solo storie di sfigati, nevrotici, senza Dio (ma politicamente corretti, vuoi mettere?). Poi si sputa contro la cinematografia americana, la quale tra propaganda e stereotipati modelli di uomo e donna ad una dimensione, ti fabbrica ancora, magari per sbaglio, un messaggio epocale, mitico, pur con tutte le riserve del mondo, ma vivaddio, l'eroe è ancora una figura centrale, eroica appunto, in mezzo alle rovine dell'umanità. Da loro ogni tanto appare qualche romanzo dai contenuti mitici, se non addirittura iniziatici, sebbene slavati, in Italia salvo eccezioni, basta leggere le classifiche di vendita best sellers italici e ti cadono proprio...Da noi se non sei ammanicato con questa o quella conventicola politica affaristica non ti ricevono nemmeno in redazione. Morselli si è ammazzato per non trovare uno straccio di editore. Suvvia, Virgilio, Dante, autentici iniziati e trasmettitori di simboli universali, non abitano più in Italia. Scusa dello sfogo, Zret, e dello spazio che ti rubo.
RispondiEliminaAngelo Ciccarella
E'il tuo, Angelo, il quadro di questa italietta strapaesana, dove il non plus ultra della cultura coincide con odifreddi e la hack.
RispondiEliminaHai citato Guido Morselli, scrittore dalla notevole perizia stilistica ed i cui romanzi, avvivati da tensione etica, sono imperniati su intrecci originali. E' veramente triste che sia stato valorizzato solo dopo il suicidio.
Così va il mondo.
Ciao e grazie.
W.B., ti ho scritto sul tuo blog.
RispondiEliminaCiao