Johannes Fiebag, geologo ed ufologo tedesco, purtroppo scomparso prematuramente, in un celebre saggio dedicato agli Altri, amplia l'orizzonte dell'investigazione, ponendosi domande che esulano dai confini dell'Ufologia. Nel capitolo conclusivo, infatti, si chiede: "In che misura è reale la nostra realtà? Quant'è effettiva la nostra oggettività?" Sarebbe auspicabile un approccio a questi basilari problemi, scevro di dogmi sia scientifici sia religiosi, come quello con cui Fiebag tenta di sondare l'insondabile. Sfortunatamente la "scienza" dominante è talmente ottusa da rifiutare di porre tra parentesi le sue granitiche certezze sul mondo: un'indagine spassionata ed avventurosa diventa così impossibile.
Fiebag osserva che la realtà è piena di fratture oltre che autocontraddittoria: "Nel mondo dell'infinitamente piccolo e nel mondo dei quanti la nostra percezione della realtà fallisce totalmente. Il fisico Werner Heisenberg scrisse un giorno: 'Negli esperimenti che compiamo sugli stati atomici ci troviamo di fronte a cose, apparizioni che sono altrettanto reali come lo sono i più comuni oggetti che usiamo e troviamo nella vita di tutti i giorni. Gli atomi e le particelle stesse tuttavia non sono altrettanto reali, cioè non lo sono allo stesso modo, perché formano il mondo delle potenzialità e non quello delle cose tangibili... Gli atomi non sono cose.''
Fiebag si chiede: "Come è possibile costruire qualcosa di concreto, oggettivo e tangibile su qualcosa che consiste solo di potenzialità; dove, in che punto si oltrepassa il confine tra irrealtà e realtà?" E' un quesito gordiano cui se ne potrebbe aggiungere almeno un altro: perché la possibilità si trasforma in atto? Il reale come ridondanza.
Alcuni scienziati sostengono che le già fantomatiche, sfuggenti particelle subatomiche non sono "cose", ma processi, probabilità. Camminiamo su un filo in bilico tra il vuoto ed il nulla. Ci manca la terra sotto i piedi. Il cosmo è il risultato di illusioni percettive e di abitudini: se solo premessimo l'interruttore, l'universo, con tutte le sue immense galassie, le scintillanti stelle, i pianeti, i buchi neri..., sparirebbe in un attimo. La notte, quando sprofondiamo nell'abisso del sonno senza sogni, il mondo si eclissa ed un nulla infinito ci inghiotte. Eppure questa stessa realtà labile ed inconsistente, simile ad un edificio senza fondamenta, è dura, ostica, condensata in dimensioni spazio-temporali prive di sbocchi.
E' possibile che l'esistenza di ciascuno di noi sia un bit generato da un programma, un pensiero che affiora dalla Mente, un'idea effimera come un'onda che emerge dalla superficie dall'oceano per poi rifluirvi. Siamo ombre che le tenebre cancellano. Niente esiste, se non come proiezione mentale? Se è così, perché il mondo appare tanto "oggettivo", "effettuale"? Non solo, perché il mondo è tanto lacerato, straziato dalle sofferenze nella carne e nel sangue?
A questo punto ci dobbiamo anche domandare se sia più "oggettiva" e plausibile la visione del mondo per opera degli uomini o quella di intelligenze esterne o degli stessi animali. Un radicato antropocentrismo ed un inestirpabile geocentrismo ci inducono a ritenere che, per quanto parziale, la storia e la scienza umane siano i metri di giudizio privilegiati. Se, invece, la cognizione del cosmo conseguita dagli Altri fosse superiore? Le prospettive sono numerose: l'immagine si moltiplica, si sfaccetta, si scompone, simile al raggio di luce che attraversa un prisma. E' un'immagine del tutto fallace che riteniamo solida. Se è così, chi e perché ha creato questa scenografia di cartapesta? Si è persino tentati di congetturare che ogni nostro pensiero, sensazione gradevole o dolorosa siano risposte programmate ab initio da un'Intelligenza cosmica per fini che sono e restano del tutto oscuri.
Il libero arbitrio è un algoritmo. I dati di programmazione sono immessi nell'esistenza. La realtà tende a raggelarsi in algide formule, in matrici, come l'ispirazione creativa ghiaccia nelle opere di Bernar Venet.
Resta la fredda presenza del nulla con tutti i suoi irrazionali e travagliati parti. Il nodo non si può sciogliere. I muri sono saldi ed impenetrabili, anche se non esistono.
Fiebag osserva che la realtà è piena di fratture oltre che autocontraddittoria: "Nel mondo dell'infinitamente piccolo e nel mondo dei quanti la nostra percezione della realtà fallisce totalmente. Il fisico Werner Heisenberg scrisse un giorno: 'Negli esperimenti che compiamo sugli stati atomici ci troviamo di fronte a cose, apparizioni che sono altrettanto reali come lo sono i più comuni oggetti che usiamo e troviamo nella vita di tutti i giorni. Gli atomi e le particelle stesse tuttavia non sono altrettanto reali, cioè non lo sono allo stesso modo, perché formano il mondo delle potenzialità e non quello delle cose tangibili... Gli atomi non sono cose.''
Fiebag si chiede: "Come è possibile costruire qualcosa di concreto, oggettivo e tangibile su qualcosa che consiste solo di potenzialità; dove, in che punto si oltrepassa il confine tra irrealtà e realtà?" E' un quesito gordiano cui se ne potrebbe aggiungere almeno un altro: perché la possibilità si trasforma in atto? Il reale come ridondanza.
Alcuni scienziati sostengono che le già fantomatiche, sfuggenti particelle subatomiche non sono "cose", ma processi, probabilità. Camminiamo su un filo in bilico tra il vuoto ed il nulla. Ci manca la terra sotto i piedi. Il cosmo è il risultato di illusioni percettive e di abitudini: se solo premessimo l'interruttore, l'universo, con tutte le sue immense galassie, le scintillanti stelle, i pianeti, i buchi neri..., sparirebbe in un attimo. La notte, quando sprofondiamo nell'abisso del sonno senza sogni, il mondo si eclissa ed un nulla infinito ci inghiotte. Eppure questa stessa realtà labile ed inconsistente, simile ad un edificio senza fondamenta, è dura, ostica, condensata in dimensioni spazio-temporali prive di sbocchi.
E' possibile che l'esistenza di ciascuno di noi sia un bit generato da un programma, un pensiero che affiora dalla Mente, un'idea effimera come un'onda che emerge dalla superficie dall'oceano per poi rifluirvi. Siamo ombre che le tenebre cancellano. Niente esiste, se non come proiezione mentale? Se è così, perché il mondo appare tanto "oggettivo", "effettuale"? Non solo, perché il mondo è tanto lacerato, straziato dalle sofferenze nella carne e nel sangue?
A questo punto ci dobbiamo anche domandare se sia più "oggettiva" e plausibile la visione del mondo per opera degli uomini o quella di intelligenze esterne o degli stessi animali. Un radicato antropocentrismo ed un inestirpabile geocentrismo ci inducono a ritenere che, per quanto parziale, la storia e la scienza umane siano i metri di giudizio privilegiati. Se, invece, la cognizione del cosmo conseguita dagli Altri fosse superiore? Le prospettive sono numerose: l'immagine si moltiplica, si sfaccetta, si scompone, simile al raggio di luce che attraversa un prisma. E' un'immagine del tutto fallace che riteniamo solida. Se è così, chi e perché ha creato questa scenografia di cartapesta? Si è persino tentati di congetturare che ogni nostro pensiero, sensazione gradevole o dolorosa siano risposte programmate ab initio da un'Intelligenza cosmica per fini che sono e restano del tutto oscuri.
Il libero arbitrio è un algoritmo. I dati di programmazione sono immessi nell'esistenza. La realtà tende a raggelarsi in algide formule, in matrici, come l'ispirazione creativa ghiaccia nelle opere di Bernar Venet.
Resta la fredda presenza del nulla con tutti i suoi irrazionali e travagliati parti. Il nodo non si può sciogliere. I muri sono saldi ed impenetrabili, anche se non esistono.
Zret solo l'uomo "colto" è libero. Cioè solamente colui che ha coltivato la propria Anima, divenendo Giardiniere dei propri pensieri, può considerarsi il vero fautore delle proprie scelte.
RispondiEliminaCome si coltiva l'Anima?
Lege, Relege, Ora, Laborat et Inveniet”
Asteniamoci dal giudizio che polarizza e vedremo che sono solo fiori, solo fiori.
A volte il loro peso è insopportabile ma è con la pressione che nascono i diamanti.
E' nella Pressione che si nasconde il segreto, in tutto ciò che ci disgusta e ci raccapriccia.
Non si deve amarla quando ci viene incontro ma nemmeno maledirla, la si deve accettare come un'opportunità per com-prendere, come novelli chironi che accettano serenamente di soffrire ma che non smettono di cercare la propria medicina.
Sublime commento, Timor, come sempre. Veramente la cultura è coltura e l'infinito contiene altri infiniti.
RispondiEliminaCiao e grazie.
Buonasera Zret,
RispondiEliminaso che la mia richiesta è totalmente off topic ma da qualche tempo seguo con particolare interesse il tuo blog e i temi in esso trattati e da neofita quale sono, vorrei avere da te un consiglio riguardo quali libri sapienziali ritieni siano fondamentali per avvicinarmi a una materia tanto ostica quanto affascinante.
Grazie in anticipo.
F
Ciao Federico, sono restio a dare consigli bibliografici. Senza dubbio Angelo, Paolo, Timor etc. ti possono fornire indicazioni in merito molto oculate. Come per i Maestri, sono i libri che cercano noi e non viceversa. Occhieggiano su una bancarella, ammiccano in uno scaffale di una libreria persi tra mille volumi anonimi, bisbigliano dall'archivio di una biblioteca. Chi può saperlo: un libro piccolo e all'apparenza insignificante può spalancare universi, mentre un classico ci può lasciare indifferenti. Amo molto Gibran: non è autore sapienziale, ma un poeta ed un mistico, un'Anima. Io lo leggerei, se non lo hai già apprezzato. No, neanche l'universo è un libro: il vero libro non ha né pagine né lettere, poiché si libra sul confine della notte.
RispondiEliminaComunque, per sincronismo, mi hai colto mentre oggi ero sul punto di pubblicare un breve testo proprio sui consigli bibliografici.
Ciao e grazie.
Gibran è un poeta, e come tale vede di là dal velo. Zret hai perfettamente ragione. A Federico posso suggerirgli, non come maestro, ma come pellegrino sul sentiero, alcuni libri-chiave, magari poco conosciuti, ma illuminanti.
RispondiEliminaIL LIBRO DEI DANNATI di Charles Hoy Fort, per rompere gli schemi dell'ordinario.
PASSI SULLA VIA INIZIATICA di Emilio Servadio, per distinguere i piani della realtà, psichici e spirituali, e una possibile mappatura del sentiero.
NEI LUOGHI OSCURI DELLA SAGGEZZA, di Peter Kinsley, sulla conoscenza originaria alla base della civiltà.
IL GOLEM, di Gustav Meyrink, romanzo che indica l'interfaccia tra il mondo come lo conosciamo e l'altro, mondro di chiaroscuri, terribili, illuminanti.
ENTRONAUTI di Piero Scanziani, cronache di un giornalista svizzero sui sentieri dello spirito, oltre le confessioni, verso l'infinito.
IL MESSAGGIO RITROVATO di Louis Cattiaux, folgoranti epigrammi per una via alchemica.
PETER KOLOSIMO OPERA OMNIA, la storia dell'umanità che si incontra con popoli di altri mondi. Non è fantarcheologia, è cronaca giornalistica sopravvissuta alla censura del potere oscuro.
Li ho letti tutti i libri che ti propongo, e mi hanno aiutato a non farmi ingannare dal pensiero unico egemone. Ve ne sono altri illuminanti, credo però che questi possano rappresentare un iniziale emetico per la mente.
Angelo Ciccarella
Grazie per la bibliografia, Angelo.
RispondiEliminaSicuramente Federico ne prenderà nota.
Poiché non bisogna misconoscerci: siamo automi quanto spirito, e da ciò che viene lo strumento mediante il quale si produce la persuasione non è la sola dimostrazione.
RispondiEliminaQuante poco numerose sono le cose dimostrate? Le prove convincono solo lo spirito, l'abitudine produce le nostre prove più forti e più credute, essa piega l'automatismo, che trascina l'intelletto senza che questo ci pensi.
Chi ha dimostrato che domani farà giorno o che noi moriremo? E in che cosa si crede di più? E' dunque l'abitudine che ci persuade?
Non si dice: bisogna credere questo poiché la scrittura che lo afferma è divina; ma si dice che bisogna crederlo per questo e questa ragione, che sono deboli argomenti perché la ragione è flessibile a tutto.
Tu Zret scrivi: 'Se, invece, la cognizione del cosmo conseguita dagli Altri fosse superiore?'
Io mi domando che siano gli altri, se non noi stessi replicanti di uno scenario costruito per perpetrare l'infinito.
Noi esseri superiori (inconsapevoli) di un 'Matrix' replicante all'infinito, forse creato da noi stessi senza memoria (loro siamo noi e noi siamo loro).
wlady
Wlady, si potrebbe chiosare "Gli Altri (lato sensu) siamo noi". E' anche il titolo di una canzone di Umberto Tozzi: guarda un po' dove a volte si trovano pagliuzze di saggezza.
RispondiEliminaQuesto sei tu. E' un insegnamento dell'antica India. Tat tvam asi. Il significato è molto simile.
Ciao e grazie.
Angelo, splendido Entronauti.. il punto in cui si ritrova "faccia a faccia" con lo scheletro dell'anacoreta, alla fine, è immenso.
RispondiEliminaSu l'Archetipo.com, nei primi arretrati, vi è anche una bella recensione del libro, scritta da Scaligero.
Insomma, almeno per questo libro, che ho letto, sottoscrivo il suggerimento.
Dici che alla base della comprensione del mondo che ci circonda c'è una specie di scelta convenzionale, di abitudine.
RispondiEliminaPer fortuna, dico io, che esiste ed è consolidata tale consuetudine od abitudine conoscitiva. Se non ci fosse ed ognuno considerasse il reale con un proprio metro personale ovvero per il tramite di una sua ricetta particolare, allora cadremmo nel puro relativismo in fondo al quale può risiedere solamente la follia.
L'accettazione della realtà così com'è, nella sua dura, crudele bidimensionalità è una cosa seria, un dato dal quale, almeno come premessa, non si può prescindere.
O dobbiamo scomporre un volto in tante parti come faceva Picasso?
Per quello abbiamo a disposizione gli allucinogeni ed altri prodotti che dissociano e sgretolano le facoltà conoscitive del percipiente.
Chiaramente mi sto riferendo al fatto che un eventuale salto di qualità verso altri stati di coscienza necessita di fondamenti ben saldi. Qualora quelli non ci siano, si rischia grosso.
Ignoro nè mai saprò quale tipo di realtà sia possibile sperimentare nello stato di coscienza definito 'samadhi'. Può darsi che lì vedi le cose per quello che sono, nella loro essenza.
Insomma vai oltre il fenomeno e ne cogli il noumeno. Ma, ovviamente, trascrivo quello che ho sentito dire da altri.
@ Angelo
Avrei letto volentieri la raccolta di scritti di Emilio Servadio 'Passi sulla Via iniziatica'. Pur con i suoi limiti - Servadio praticava la psicoanalisi e per giunta di impostazione 'freudiana'!!!!!- il personaggio non era uno sciocco ed è passato sicuramente attraverso esperienze di 'picco'. Non ho verificato ma mi pare che il libro sia fuori catalogo da lustri ormai.
Nella 'hit parade' dei libri che aiutano l'esordiente e l'aspirante metto al primo posto 'Il Regno della Quantità ed i Segni dei Tempi' di R.Guénon. Bellissimo, imperdibile. Mi accompagna da una vita.
Il mondo tridimensionale, con la sua misteriosa propaggine nella quarta dimensione, è la sfera empirica in cui solo raramente si aprono degli spiragli verso il noumeno. E' umano cercare il passaggio.
RispondiEliminaIl testo di Guénon, che hai consigliato, è la lucida analisi della descensio ad inferos. Toccato il punto infimo si risalirà.
Ciao e grazie.
Se mi permettete, un testo che tra le altre cose offre infiniti spunti per indagare il mondo del subatomico di cui parla questo post.
RispondiEliminaIl tempo della meditazione vipassana è arrivato.
Se lo trovate, trovate un tesoro.
Un sentito grazie a tutti per i consigli.
RispondiEliminaF
Grazie a te, Federico.
RispondiEliminaGrazie anche a te, Iniziato.
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